Lamezia, 15 dicembre 2004.

Sonnecchio, come sempre, completamente afflosciato sul divano, in mano un whisky con ghiaccio divenuto acqua, la pipa spenta tra i denti. Il televisore è rimasto acceso tutta la notte. Sento qualcuno che parla dalla scatola col tubo catodico: è il presidente degli Stati Uniti. Nel dormiveglia confondo i piani dimensionali e sogno di parlare col Presidente.

- Driiin Driiin – il telefono squittisce isterico.

Mi sveglio solo in parte e, continuando a sognare, rispondo – Signor Presidente, avrei da farle qualche domanda.

Dall’altra parte del telefono qualcuno urla – Ma quale presidente! Sveglia ubriacone!

Bang! La realtà mi investe come un autobus in corsa.

L’altro continua – Pure presidente mi hai fatto! Brutto scemo alcolizzato!

Lo riconosco: è Mr. Smocovich, il gran capo.

- Ti voglio a Palermo entro quarantotto ore. Raffaella Catalano, Dario Flaccovio Editore. Non dico altro. Sbrigati.

- Capo, mi pagate le spese, eh? Vero, capo? – imploro.

Lui ride fragorosamente e mi sbatte la cornetta in faccia.

Mi preparo in gran fretta: non mi lavo, riempio una borsa con qualche mutanda e due camicie, prendo il ferro del mestiere, Jacqueline, e la infilo nella fondina.

Treno, traghetto, arancino, di nuovo treno e, in men che non si dica, sono a Palermo.

Palermo, il giorno dopo.

Sono negli uffici della Dario Flaccovio Editore, sfumacchio la terza sigaretta consecutiva e ripasso la scheda tecnica: “Dario Flaccovio Editore nasce a Palermo nel 1980 e comincia a operare nel campo della letteratura tecnica al fine di colmare i vuoti esistenti nel settore, focalizzando gli argomenti da privilegiare e individuando sia testi di riferimento a livello internazionale che autori in grado di svilupparli. Presto, i libri della casa editrice diventano strumenti di lavoro e consultazione abituale per i tecnici impegnati in vari ambiti professionali”.

Mi domando – e com’è che adesso pubblica anche gialli? Lo scoprirò!

Intanto arriva Raffaella Catalano, addetta stampa e curatrice della collana Gialloteca. Spazientito, neanche saluto. Scosto la giacca e tiro fuori dalla fondina Jacqueline.

La donna che ho di fronte è in preda allo stupore.

Tutti restano atterriti di fronte a Jacqueline.

Il mio ferro del mestiere.

Una penna.

Attacco subito con l’interrogatorio.

Dov’era la sera del 24 dicembre 1923?

Non ero ancora nata, per fortuna, altrimenti oggi avrei qualche acciacco in più.

Va bene, lasciamo perdere. Mi parli delle prime avventure editoriali della Dario Flaccovio.

Non c’ero nemmeno allora, quando nacque la casa editrice. Però c’erano un giovane libraio palermitano intraprendente, Dario Flaccovio, e sua moglie, Marisa Dolcemascolo, che era ed è la direttrice editoriale. Ebbero un’idea: andare a caccia di autori di manuali e di letteratura tecnica in genere, sia all’estero, puntando sulla traduzione di opere all’avanguardia ma ancora sconosciute in Italia, o scovandoli nel nostro paese. E inventarono la formula del libro con il software, binomio allora sconosciuto. La prima avventura è stata questa. E la caccia non è andata male se oggi Dario Flaccovio Editore ha vent’anni di solida attività alle spalle e macina mille progetti per il futuro.

Indagando, ho visto che oltre alla letteratura tecnica e alla manualistica, dedicate particolare attenzione alla Sicilia.

E’ così. Dopo il settore tecnico, la casa editrice ha cominciato a valorizzare anche il patrimonio culturale isolano, con varie pubblicazioni di etno-antropologia, di tradizioni popolari e, in tempi recenti, anche con

una collana di “Guide In Tasca”, dedicata alla Sicilia ma non solo.

E, di siculo, l’editore ha lanciato nel panorama nazionale l’umorista Antonio Di Stefano, che con Dario Flaccovio ha pubblicato i suoi primi due libri e vinto il suo primo premio letterario.

Com’è essere editori al Sud?

Probabilmente come esserlo al Nord. Non ne farei una questione geografica. Quello che distingue un buon editore è lo spirito d’iniziativa, la voglia di sperimentare e di crescere, il desiderio di mantenere un’identità senza allinearsi a certe mode deleterie e globalizzanti.

In definitiva, qual è la vostra politica editoriale?

Investire sulle novità, scegliere con cura gli autori, sia tecnici che di narrativa, cercare di mantenere alta la qualità delle pubblicazioni, promuoverci in modo massiccio – chi è piccolo deve inventarsi di tutto per ritagliarsi visibilità – e ideare spesso iniziative collaterali alla nostra attività, ma che ci avvicinino al pubblico: organizzazione di seminari tecnici, partnership in occasione di corsi di editoria e di scrittura, offerta di opportunità di contatto tra scrittori e lettori – come il servizio “Filodiretto con l’autore”, attivo sul nostro sito www.darioflaccovio.it – e tra editore e libraio, come nel caso della nostra chat che fornisce alle librerie e ai distributori informazioni in tempo reale. Se dovessi riassumere il concetto in due parole, direi: qualità e creatività.

Crede che il mercato, con le sue leggi e indagini, e quindi anche il gusto del pubblico, siano una sorta di censura ante litteram?

Soltanto per chi decide di piegarvisi. Dario Flaccovio Editore, grazie all’attività ormai consolidata nel settore tecnico, può permettersi nel campo della narrativa – che è quello più minato in questo senso – di fare più di qualche scommessa senza preoccuparsi delle regole, dei sondaggi, delle mode e soprattutto di certe preferenze per i prodotti letterari “usa e getta” che una grossa fetta di pubblico italiano, ahinoi, oggi sembra premiare.

È Lei a curare la collana Gialloteca?

Sì, la curo io sin dal suo terzo volume. La casa editrice mi ha dato fiducia e, da addetto stampa qual ero (ho iniziato a lavorare in editoria con questa qualifica), dopo pochissimo tempo mi ha promossa sul campo.

Me ne parli dettagliatamente. Non trascuri nulla. Mi interessa molto. Innanzitutto: Come, quando e perché nasce Gialloteca.

Dopo i primi due volumi-test della collana creata dall’editore con risultati incoraggianti, ho proposto un’antologia di racconti noir. L’idea è stata accolta, e così il terzo volume di Gialloteca è stato “Duri a morire”, un libro che ci ha fatto guadagnare l’attenzione dei media. E se è andata così, lo dobbiamo pure alla partecipazione, non solo professionale, ma anche umana, nel senso del sostegno e dell’incoraggiamento, di scrittori come Luigi Bernardi, Gianfranco Nerozzi, Alda Teodorani, Danilo Arona, Serge Quadruppani, Nino Filastò, Enzo Fileno Carabba, e di alcuni ottimi autori siciliani emergenti ed esordienti. Per ringraziarli dei consigli e della dedizione alla causa, oltre che dei loro bei racconti, li abbiamo invitati tutti a Palermo per due giorni, a novembre del 2003, insieme ai loro coautori siculi (che mi sembra doveroso citare: Giacomo Cacciatore, Alessandro Locatelli, Salvo Palazzolo e Ugo Barbara) per il “battesimo” ufficiale di Gialloteca. Oggi la collana è al suo tredicesimo volume. Molti di questi autori sono rimasti con noi: Arona con il romanzo Palo Mayombe e Nerozzi con Genia sono nella collana. Bernardi con Tutta quell’acqua ha inaugurato la nostra nuova collana di narrativa, Tempora, e Alda Teodorani ha pubblicato con noi, fuori collana, un’opera innovativa che celebra il quindicennale della sua attività letteraria: l’audiolibro Quindici desideri.

Con che criteri selezionate gli autori da pubblicare?

Soltanto due: che siano italiani (c’è davvero sempre meno spazio per loro, specie se sono esordienti, nel panorama editoriale nostrano) e che siano di qualità. Nessuna preclusione nei confronti degli stranieri, per carità. E’ che Dario Flaccovio ha voluto cominciare dall’Italia.

Gli autori raccomandati esistono veramente o sono un’invenzione degli invidiosi?

Non nella nostra casa editrice. Uno scrittore si raccomanda da sé, con quello che scrive. E’ ovvio che ci sono alcuni autori esordienti che ci vengono segnalati spontaneamente da altri scrittori più esperti e noti che hanno fiuto da talent scout. Chi non ha mai mandato un inedito a uno scrittore famoso per farsi dare un parere? Ecco, quando un potenziale talento salta fuori, qualche autore navigato ce lo segnala. Ma se a noi non piace, non passa comunque.

Cosa ne pensa della rivalutazione del “Giallo italiano”?

E’ una buona cosa perché questa specie di revival ha consentito a molti autori validi di emergere. Se non ci fosse stata questa primavera del giallo italiano magari non li avremmo mai scoperti né letti. Però, alla lunga, il fenomeno ha fatto moltiplicare in modo esponenziale gli emuli

mediocri dei grandi giallisti nostrani attuali. Una casa editrice deve fare una selezione attenta, lunga e faticosa per pescare il pesce prelibato in questo mare magnum. Peccato per chi, tra i debuttanti, ha deciso di seguire la corrente. Mi sento di dire questo a chi comincia a scrivere: un pesce con qualche guizzo in più, con un gusto più originale, ha maggiori speranze di essere pescato.

Crede che gli autori italiani possano reggere il confronto con quelli stranieri?

Non ho alcun dubbio. Anzi, direi che svariati autori italiani la partita la vincono con molti punti di scarto.

I nostri giallisti sono esportabili?

E’ un dato di fatto: ci sono molti giallisti italiani tradotti all’estero. Ma anche rispondendo solo sulla base della percezione che abbiamo in casa editrice, dico di sì. Noi pubblichiamo tanti autori esordienti o semi-esordienti, la collana è giovane, eppure l’interesse dall’estero si manifesta e ho l’impressione che presto anche per Dario Flaccovio Editore qualche sorpresa arriverà.

Come?

Noi li promuoviamo tramite un’agenzia letteraria e qualche fiera estera, ma anche segnalando le pubblicazioni ai centri culturali italiani in terra straniera e ai mezzi d’informazione. Con il libro viaggiano anche la rassegna stampa, i pareri dei lettori, le segnalazioni della partecipazione a premi letterari e quant’altro possa fare da supporto.

Ultimi volumi pubblicati?

L’ultimo libro di Gialloteca è il già citato Genia di Nerozzi, che è il primo volume di una saga splatter-religiosa che si snoda su piani temporali diversi. Altro genere, e qui si va sul romanzo di formazione attraversato da un mistero che affonda le radici nell’infanzia del protagonista, è Robinia Blues di Valter Binaghi. Prima di questi, l’estate scorsa, l’ormai celebrato Sa morte secada di Nicola Verde, mistery sardo entrato nella rosa dei semifinalisti al Premio Scerbanenco di quest’anno, e l’ottimo esordio di Gery Palazzotto con Di nome faceva Michele, noir d’ambientazione palermitana scritto con uno stile impeccabile, da narratore di lungo corso.

Progetti futuri?

In Gialloteca, lo sviluppo di due saghe. Una è quella nerozziana, partita con Genia. L’altra è un progetto particolare, che coinvolgerebbe vari nomi della narrativa noir-horror, in coppia o da soli. Ma è ancora in fase di

ideazione, magari ne riparliamo. E due romanzi gialli da tenere d’occhio, in primavera. Passando ad altro, ci sarà un’incursione di Dario Flaccovio Editore nella fantascienza. E magari un ritorno al genere fantasy dopo il successo di Ethlinn, la dea nascosta della giovanissima Egle Rizzo. Insomma, non ci si fa mancare niente…

In conclusione, ha qualcos’altro da aggiungere?

Un appello ai lettori, ai librai, alla stampa: sostenete la piccola e media editoria.

Grazie per la collaborazione.

Grazie a voi. E’ stato un piacere.

***

Messina, lo stesso giorno.

Attendo il traghetto davanti ad un vassoio di arancini. Mangio e medito. Ce li vedo, dopo i succhi di frutta “mangia e bevi”, arancini “mangia e medita”.

Tiro le somme dell’incontro.

Gentilezza, disponibilità e dedizione al lavoro. Cos’altro ho visto? Qualcuno, tra i piccoli dell’editoria, che merita di essere supportato. Credo che tutti possiamo raccogliere l’appello di Raffaella Catalano.

- Certo - penso - le difficoltà per un piccolo editore sono tante.

È il tramonto, e mi immagino come un novello Rossello O'hara. Sospiro – domani è un altro giorno – quando due cose, una dopo l’altra, rompono l’idillio:

1. driin driin, il cellulare, sul display leggo: “grande capo”.

2. gli arancini nel vassoio sono finiti.