Adesso tocca a noi.

Finalmente ci siamo riusciti. Abbiamo costruito una splendida macchina narrativa per raccontare la realtà e non soltanto quella. Non siamo stati solo noi di queste ultime generazioni, da Chandler a Simenon, a Scerbanenco, a Ellroy e oltre il “giallo” (chiamatelo “thriller”, “noir” o come volete, l’etichetta non importa) ha conosciuto un’evoluzione continua, fino a diventare lo strumento più efficace e più appassionante per raccontare la metà oscura delle cose, degli uomini e dei tempi. Per restare attorno a casa, quello che sono riusciti a fare Giancarlo De Cataldo con la nostra storia più recente, Massimo Carlotto con l’anima nera di una società intera, Eraldo Baldini con i fantasmi della tradizione, solo per citarne qualcuno, è una piccola rivoluzione che non riguarda solo il genere, ma la la narrativa stessa.

Non solo, siamo riusciti ad imporla questa macchina narrativa. Non ai lettori, ai quali non si impone niente, sono loro che scelgono e il “giallo” lo avevano scelto da tempo. Ai critici, ai giornalisti e agli editori, che arrivano sempre un po’ in ritardo rispetto a scrittori e lettori. C’era una volta in cui venivamo recensiti unicamente in una colonnina a parte con sopra scritto “gialli”, mentre adesso un buon libro, anche se colorato in maniera sospetta, si trova nella prima pagina della cultura. C’era una volta in cui ci si poteva trovare in libreria ma solo in scaffali etichettati (“gialli”, come al solito) e solo in collane particolari. E niente tesi di laurea, a meno che il titolo non sfiorasse la sociologia letteraria.

Adesso è diverso. Adesso tocca a noi. Ma attenzione, dobbiamo intenderci in che senso.

Tocca a noi a non montarci la testa e a non compiere i tipici errori che fanno morire un movimento, una tendenza, uno stile, un modo di vedere le cose. Se volete, un genere.

La prima. Fondare una scuola. Affermare che l’unica idea di letteratura è la nostra, che tutto il resto è solo schifezza, che il romanzo è morto e l’unica cosa che può mantenerlo in vita siamo noi. Diventare arroganti, esclusivi e prepotenti. Non l’abbiamo mai fatto. Per quanto artisti siamo sempre rimasti artigiani e dovremmo continuare a farlo.

La seconda. Pensare che il “giallo” basti a se stesso. Che sia sufficiente scivere qualcosa con un morto e un detective per fare un romanzo. Che la suspense e il colpo di scena possano rendere accettabile il nulla. O peggio, la brutta scrittura. Smettere di ricercare, di sforzarci, di costruire, di rinnovare, per sederci su un successo facile ma piuttosto effimero. Non c’è niente come una brutta serie di brutti libri per uccidere un genere.

Quindi adesso tocca a noi.

Abbiamo fatto un bel lavoro fin qui.

Ma non è finito.