E vai col Giallo!

Danze aperte tutto l’anno…

Se non sai con chi ballare, amico scrittore o pseudoscrittore, balla con Giallo che è sempre pronto a farti fare una bella piroetta. Anche se hai i piedi di marmo, sei brutto e goffo, non importa. Hanno ballato con lui una serie infinita di imbranati fradici e pure il sottoscritto che la sua porca figura l’ha fatta in una serata alticcia di festa paesana con altri frenetici zompatori (Giallo può trasformarsi in una ammaliante conduttrice). Tutti si cimentano con lui-lei, magari dopo avere seguito corsi di altra specie, che per natura è irresistibilmente generoso/a. Capitato a tanti. Lista lunga un chilometro. Anche a J.K. Rowiling, autrice della serie di Harry Porter, lanciatasi in un tango sfrenato sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, a volte avesse inciampato e fatto figura cacina (non si sa mai).

Il primo ballo, dunque, Il richiamo del cuculo, Salani 2013, è stato discreto, sì, ma senza esaltare più di tanto. Figure standard, movimenti precisi privi di quel quid in più che lascia il segno. Fuor di metafora si vedeva che Galbraith-Rowiling era alle prime armi. Nel genere voglio dire. Niente di nuovo sotto il sole, niente di originale se non una bella tecnica di scrittura maturata col tempo. L’investigatore inglese Cormoran Strike è uno dei tanti reduci scatafascio di guerra che hanno trovato asilo sicuro sulle pagine di Giallo (dorme in ufficio dentro ad sacco a pelo, si lava all’università, gira dappertutto insieme alla gamba mortuaria dolorante e ai ricordi dell’infanzia tribolata). Alla fine il colpevole è proprio quello inverosimile già sfruttato millanta volte nella tradizione del romanzo poliziesco, e dunque verosimilissimo, beccato subito (o quasi, via) dal lettore vispino.

Il secondo ballo Il baco da seta, Salani 2014, è stato più coinvolgente. Più completo. Cormoran Strike è cambiato, ha avuto successo, vive in una casa in affitto ed ha un suo standard di vita. Niente di eclatante ma certo di un livello superiore al precedente. Ed ecco che arriva la moglie dell’eccentrico scrittore Owen Quine a chiedere l’aiuto del nostro investigatore. Suo marito è sparito e sono successe strane cose: escrementi nella sua buca da lettere ed una donna che si presenta alla sua porta e fa “Gli dica che Angela è morta”.

Inizia la ricerca di Cormoran insieme al pedinamento di una segretaria ben pagata di cui il capo e amante non si fida mica tanto (sono bei soldi anche questi e intanto si inserisce una nota lieve nel contesto più pesante). Aiutato dall’insostituibile Robin Ellacot (sta per sposarsi con il fidanzato gelosetto Matthew ma la cosa non è per niente scontata), alta dai capelli biondo rame che qualche fremito stuzzicarello, subito rimosso, glielo provoca.

Il fatto è che Owen ha scritto un romanzo Bombyx Mori (nome latino del baco da seta), ancora da pubblicare, dove taglia e cuce su diversi personaggi, sotto nomi diversi ma facilmente identificabili, che girano nel suo ambiente: scrittori, editori, procacciatori di talenti. Chiaro che si ritrova barbarizzato (praticamente “una carcassa legata, maleodorante, marcia e sbudellata”) sul pavimento in una casetta dei Quine seguendo, idea non originale (dico io), il copione del suo manoscritto.

Ad indagare pure l’ispettore Richard Anstis distaccato con Strike in Afghanistan che gli aveva salvato la vita. La sospettata ideale sembra la moglie del morto e su di essa puntano gli sguardi della polizia. Ma i sospettati per Cormoran sono altri, soprattutto quelli presi di mira da Owen nel suo lavoro. Ergo un giro fra tutti i personaggi ben delineati e caratterizzati, anche i minori, in una Londra nebbiosa imbiancata dalla neve e intirizzita dal freddo (tipici i suoi ristoranti, pub e club) con la mezza gamba rimasta a farlo soffrire (ed il lettore con lui).

Aggiungo sesso al punto giusto senza strafare, ricordi, sogni, rimuginamenti continui intorno all’ex fidanzata Charlotte, qualche filosofia spicciola sull’amore e sulle coppie (si vedono davvero per quello che sono?), momento di tensione e pericolo, ma, soprattutto, un ritratto al veleno del mondo editoriale. Insomma la Rowiling-Galbraith ha sfornato tutto il bagaglio tecnico di uno scrittore preparato: riflessione e movimento alternati con pause e riprese veloci, dialoghi incalzanti e rivelatori (alcuni lungagnetti, via) sostenuto da una scrittura che si adegua alle necessità espressive. Finale estroso anche se poco credibile. Traduzione sontuosa di Andrea Carlo Cappi.

Rientrando in metafora un ballo di qualità che ha strappato pure diversi applausi.