A dangerous method rientra nel nuovo corso cinematografico di David Cronenberg, quello intrapreso da Spider in poi: canonico, essenziale nella sceneggiatura e nelle scelte registiche. È ormai chiaro che il cineasta canadese si è allontanato dagli sperimentalismi che l’hanno reso celebre e che ha portato avanti fino a eXistenZ. Rimpiangere quel Cronenberg non ha senso, anche perché l’oggetto della sua indagine non è cambiato e resta – senza ombra di dubbio – l’uomo, inteso come unità “inseparabile” di corpo e mente.

Il caso Freud/Jung/Spielrein, ovvero l’intreccio che ha unito e separato le tre figure fondatrici della psicoanalisi moderna, certo non è un soggetto nuovo di zecca (ce ne parla Lucius Etruscus qui: notizie/11458/); riproporlo è assieme un rischio e un atto di coraggio: una prova che Cronenberg supera camminando come un funambolo sul filo dello sbadiglio provocato da una storia, è proprio il caso di dirlo, estremamente cervellotica.

L’architettura della pellicola si regge tutta sulla figura geometrica del triangolo, che non è solo quello che lega il professor Freud, il dottor Jung e la paziente Sabina Spielrein, ma che si espande nella sceneggiatura come un frattale ossessivo. L’apice fisso è Jung, gli altri cambiano a seconda del nodo tematico, come ad esempio nel triangolo Freud/Jung/Gross (sulla liberazione degli istinti) e in quello Spielrein/Jung/Emma Jung (sulle convenzioni sociali).

A dangerous method non è solo un film sulla nascita della psicoanalisi ma racconta anche come uno zeitgeist possa logorarsi nel giro di pochi anni, tema vicino alla nostra contemporaneità in maniera sconcertante. Lì, parafrasando Max Ernst, era un’Europa prima della pioggia di sangue delle due guerre, qui è un’Europa sull’orlo del collasso dell’ipercapitalismo.

Vero, il film è molto “parlato” (è figlio di una pièce teatrale) e il mondo che fa da scenografia è di una bellezza immobile, indifferente alle tempeste craniali dei protagonisti, cosa che certo non movimenta l’azione, ma lo rende coerente alle sue origini e ai suoi propositi. Certo questo film è quanto di più lontano da un capolavoro come Videodrome, non c'è nessun James Woods che estrae pistole dalle sue viscere ma, in fondo, anche se non letteralmente, tutti i personaggi non fanno altro che aprirsi a vicenda il cranio e spiarci dentro. E questo è Cronenberg al 100%.