Dalle espressioni di trepida attesa dei tre, si direbbe l'astanteria della sala parto in un ospedale di provincia. La luce azzurrina di neon esausti, due panche in acciaio, con seduta e schienale in formica verde sistemate accanto alla porta con su il cartello "vietato entrare" danno ancora più corpo a questa sensazione.

Un aritmico "stund" proveniente dal distribuore a gettoni di caffé, si inserisce con stacchi sincopati nel tamburellare regolare dell'uomo, sul piano della panca.

Dopo un po' la donna sbotta:

"Allora... la vuoi finire con questo tumpete tumpete, che mi dai sui nervi? È la terza volta che te lo dico."

"Oh Grazia, non ti scaldare," risponde secco Coliandro "è un gesto automatico, non me ne ero nemmeno accorto che stavo di nuovo tamburellando. "

"Poi sarei io quello con i nervi scossi" bofonchia De Luca fra sé.

"È che questi della scientifica ci mettono una vita a esaminare quella minchia di tovagliolino di carta ritrovato nella cucina di Lucarelli" continua Coliandro, incurante del commissario.

La minchia di tovagliolino, è quello che secondo De Luca avrebbe potuto risolvere il mistero. Un sottile, insignificante, apparentemente innocuo tovagliolino di carta color crema con stampato in cremisi il logo del sushi bar L'Orchidea con sotto e una breve poesia:

"Il profumo dell'orchidea

penetra come incenso

le ali di una farfalla".

Per De Luca era stata una specie di folgorazione. Cosa ci faceva in casa di Lucarelli, disteso sul piano d'appoggio della cucina, accanto a un coperchio appallottolato di Quattro salti in padella? La risposta era banale come quanto fa due più due, ma serviva una conferma.

La porta si apre. I tre scattano in piedi verso la figura allampanata in camice bianco e occhiali spessi due dita che s'affaccia sulla porta.

"Ecco qua, naturalmente devo prima fare il rapporto ufficiale, che invierò al capo, ma intanto posso antiparvi il responso."

Grazia allunga le mani verso il foglio dattiloscritto che l'uomo ha con sé, ma questo si ritrae con gesto da casta vergine insidiata.

"Eh no, si tratta di una cortesia fra colleghi, una semplice anticipazione informale" pausa ad effetto, poi riprende "e soprattutto verbale. Per il rapporto fate la trafila come da regolamento."

"D'accordo capitano, grazie, ma ci dica..."

"Beh, vi confermo che sulla carta ci sono tracce molto evidenti di C11H17N3O8 o se preferite tetradotossina. Sicuramente è compatibile con l'ipotesi che il tovagliolino sia stato usato per contenere il veleno."

"E le impronte digitali?" lo incalza De Luca.

"Le uniche trovate sono quelle del Lucarelli Carlo, ovvero del morto."

"Sii" esclama Coliandro, lasciandosi andare a un'esultanza da goal in zona Cesarini.

"Per favore..." interviene De Luca serio, rivolto verso l'ispettore, rafforzando la frase con un eloquente gesto delle mani.

"è che sono contento perché hai avuto il colpo d'intuito giusto."

"Bene, capitano, grazie. È proprio quello che ci aspettavamo. Ne parleremo subito con il capo" taglia corto la Negro, avviandosi con passo marziale verso l'uscita.

* * *

"Suicidio?"

L'espressione del procuratore Alfano ha la stessa fissa immobilità della scrivania anni sessanta in noce che incombe nel suo ufficio come una portaerei in uno stagno.

"Certo." De Luca espone la sua tesi con tono formale e monotono, come leggesse un rapporto scritto da altri,

"Il Lucarelli cena da solo in casa. Lo dimostra il fatto che è stato trovato un solo piatto con i resti della cena."

"S'è strafogato tre porzioni di lasagne, ma che era una buona forchetta si vedeva dalla linea..." interviene Coliandro, subito fulminato da un'occhiataccia intinta nel curaro della Negro.

"Inoltre" riprende il commissario, dopo un sospiro che lascia capire tutto il fastidio per l'inopportuna interruzione, "non sono state rilevate tracce di effrazione. Né sulla porta né tanto meno sulle finestre."

"Ma perché avrebbe dovuto suicidarsi?" chiede Alfano, seguendo più il filo dei suoi pensieri che il racconto dei tre che gli sono di fronte.

"Beh, diciamoci la verità" interviene Coliandro, "il Lucarelli era un po' al capolinea. Un po' a corto di idee come giallista. Anche come autore televisivo non si vede più e al suo posto c'è quel tipo su Rete 4, quello coi baffetti alla Zorro, che fa un programma che sembra la brutta copia di Blu Notte."

"E poi, ha presente quella frase - i personaggi non sopravviveranno all'autore - trovata sulle bozze del Lucarelli? " interviene Grazia.

"Sì, cosa c'entra con il suicidio?"

"Dei mitomani aspiranti scrittori, di quelli che scrivono le loro puttanate sul WEB, perché non trovano un cane di editore disposto a sprecare carta e inchiostro per pubblicare le loro storie, si erano impossessati dei suoi personaggi. Suoi, capisce cosa voglio dire? Piuttosto che lasciare che qualcuno facesse scempio delle storie dei suoi personaggi ha preferito la morte."

"Dio, Grazia, quando si parla di Lucarelli in te scatta l'immagine dell'eroe romantico, magari sotto sotto ne eri innamorata."

"Coliandro, fatti fottere, per cortesia. Scusi signor procuratore."

"Ma non è tutto" riprende De Luca, con un tono che scoraggia ulteriori interruzioni.

"Il tovagliolino su cui è stato ritrovato il veleno proviene dallo stesso bar che ha portato il pranzo del medico legale e questo ci porta a pensare che possa essere stato Gelsomino a procurare il veleno al Lucarelli".

"Si spieghi meglio."

"Il medico legale chiese a Gelsomino di farsi portare qualcosa da mangiare."

"E con questo?"

"Semplice, intanto sembrava saperla lunga sui veleni e su come procurarseli. Poi quando li sulla scena del delitto il medico gli ha chiesto di farsi portare qualcosa, il Gelsomino ha chiamato il sushi bar L'Orchidea. Di certo conosceva il numero di telefono a memoria e non credo sia una coincidenza."

"è plausibile," mormora Alfano, fissando un punto imprecisato all'incrocio fra la parete di fronte ed il soffitto "è plausibile, ma perché l'avrebbero ammazzato?"

"Un conto è quando crepa uno qualunque, un altro se il morto è un personaggio pubblico. Comincia a parlarne la TV, fanno il plastico a "Porta a porta" e magari intervistano quel tecnico di laboratorio che sembra saperla lunga sui veleni... Gelsomino era l'unico a sapere da dove arrivava il veleno, meglio farlo fuori per non correre il rischio che si arrivasse all'Orchidea".

"Già, era l'unico a sapere... per questo l'hanno fatto fuori." La voce di Alfano quasi sillaba la frase con tono grave.

"Magari dopo che le avremo consegnato il rapporto finale, possiamo inoltrare una notifica ai colleghi che stanno indagando sul caso del tecnico" aggiunge Grazia, che fino ad allora non era intervenuta "anzi, se lei è d'accordo potrei interessarmi io del caso."

"Vedremo Negro, vedremo. Intanto fatemi un rapporto dettagliato sulla morte di Lucarelli, e se il Gip è d'accordo archiviamo il caso come suicidio".

I tre escono dall'ufficio del Procuratore Alfano. In un altro momento, con un altro morto, magari quel sottile piacere che si prova nello scoprire la verità e soprattutto nel farlo prima degli altri, avrebbe messo addosso a De Luca la voglia di gratificarsi con una bevuta in compagnia di quei colleghi che avrebbe sfottuto fino all'inverosimile. Invece saluta gli altri e si allontana. È la serata giusta per bere, ma da solo.

"Vado a casa anche io," dice Grazia facendo un gesto di saluto con la mano e si avvia a passi lenti. Una lunga camminata può servire a metabolizzare il suicidio di qualcuno che per te rappresentava qualcosa.

Coliandro rimasto solo, ci pensa un attimo, poi prende il cellulare e sulla rubrica cerca un numero: giornalista telecentro. In fondo non è proprio cozza, e comunque non ha nulla di meglio da fare.

* * *

A Las Rochas, dalla finestra della sua stanza alla posada Estrella de Mar, contempla il rosso del tramonto, sfilacciato da cirri sottili. Lei sta facendo la doccia. Non aveva pensato che la sua segretaria fosse anche la sua amante e scoprilo è stato davvero un piacere.

Fra un po' scenderà a godere di una insalata di avogado e gamberetti preparata con maestria, annaffiata con ron da veri intenditori.

Rimarrà per un po' ad ascoltare le storie di pescatori, squali e fanciulle meravigliose con cui il Canadese, proprietario della posada è uso intrattenere i suoi ospiti, perché nonostante tutti lo chiamino il Canadese, in realtà e italiano e questo è importante, perché Mario Doppio non capisce una parola di spagnolo. Poi salirà nella stanza con la sua nuova bellissima amante.

Quella sera maledetta in casa di Carlo, si erano seduti a tavola. Lucarelli aveva portato in tavola due piatti di lasagne, poi era tornato in cucina a prendere una bottiglia di sangiovese, di quello di Gandolfi, che a lui piaceva.

Mario, adocchiando la porzione di Carlo, più abbondante della sua, aveva scambiato i piatti di nascosto. Un gesto innocente.

Avevano chiacchierato, mangiando allegramente e Mario era arrivato a chiedere a Carlo se il ragù non fosse per caso quello della Lilina. Avevano apprezzato più di una bottiglia di rosso, poi si erano trasferiti nel salottino studio e Carlo, in pantofole s'era messo a raccontare la trama del suo ultimo lavoro. Poi la voce aveva cominciato a impastarsi e le parole a inciampare fra i denti e la lingua. Era già capitato altre volte, dopo la terza bottiglia. Poi un tremito improvviso aveva cristallizzato Carlo, con lo sguardo vuoto fisso nel nulla e un fiotto di schiuma bianca che gli colava dalla bocca rimasta aperta.

Morto, stecchito. Di sicuro un ictus o qualche accidente del genere. Mario era terrorizzato. Prese il cellulare che Carlo aveva lasciato sul tavolino per chiamare la polizia o il 118. Fece scorrere il dito sul tastino menù e si aprì la rubrica. Apparve il nome di Alfano. Era un pezzo grosso della polizia e anche un caro amico di Carlo, glie ne aveva parlato più di una volta. Spinse il tastino e attese che qualcuno rispondesse.

"Alfano."

"Pronto. Lucarelli è morto."

"Perfetto. Non perdere la calma e ascoltami attentamente, che ti spiego cosa devi fare. Intanto prendi il portafogli di Mario e mettigli in tasca il tuo e controlla anche che non abbia in tasca qualcosa di personale che permetta di capire che il morto non sei tu. Io sono da te fra mezz'ora al massimo."

Mario aveva sempre fatto l'impossibile per somigliare in tutto e per tutto al suo idolo, al punto di vestire, pettinarsi, muoversi proprio come lui. Cos'altro avrebbe potuto fare se non continuare fino in fondo a cercare di impersonare Lucarelli.

Attese che Alfano arrivasse, pronto a recitare la parte del protagonista dell'ultimo noir di Carlo, di cui però era scritta soltanto la trama del primo capitolo. Il finale l'avrebbe scritto lui.