Quindici racconti brevi - un paio, anzi, sono brevissimi -, scritti da Roberta Lepri, l'autrice di La ballata della Mama nera, dedicati a quindici opere d'arte celebri anche per l'aurea di mistero e d'oscurità inquieta che le accompagna fin dalla loro creazione; ispirati di certo a quell'emozione tanto forte da divenire panica che è l'angoscia della morte.

Ecco qualche esempio: il quadro del primo racconto è Madonna Litta (1490). Leonardo da Vinci osserva con soddisfazione come la piccola tavola con la Madonna, dipinta dai suoi allievi, sia “venuta bene, proprio come lui la voleva”. Ma è incompleta, mancando ancora il bambino. La colpa è sua, perché ad ogni sanguigna proposta rispondeva loro “Gli manca l'anima”. Finché un allievo gli propone il disegno di un bambino misterioso, che inquieta il Maestro, che nella notte, come in un sogno angoscioso, intuisce da dove venga il modello e quale atroce delitto sia stato commesso...

Il racconto successivo, brevissimo, narra di Michelangelo che visita, commosso e deferente, Leonardo morente, ospite del re di Francia nel castello di Cloux, chiedendogli perdono per lo scherzo che fu causa della fallita fusione in bronzo del monumento equestre Sforza (qui ne è riprodotto un disegno preparatorio, 1489), a cui Leonardo risponde confessandogli di essere la causa della distruzione del meraviglioso condottiero a cavallo che Michelangelo aveva “scolpito” con la sola neve a Firenze in un giardino dei Medici. E nel riequilibrio degli scherzi, se non beffe, si realizza la sosta pacificatrice di fronte all'angoscia della morte...

Nell'ultimo racconto, brevissimo anche questo, Edward [Munch] è un bambino che viaggia, allontanandosi dalla morte della madre e della sorella, guardandosi le proprie scarpe; e che da adulto risolve l'incontenibile angoscia della morte nel profondissimo Grido, “come di balena ferita”. In un altro (Felini e padrini) lo stile è molto diverso: parodia alla “zio Andrea” Camilleri, vede alcuni gatti che risolvono il caso della misteriosa scomparsa a Palermo di un quadro di Caravaggio.

Quattro esempi per dimostrare di come i racconti siano siano diversi uno dell'altro, anche se la raccolta è stata indicata da qualcuno come un “quasi” romanzo. È indubbio che nell'asserzione c'è del vero, visto che in tutti si affronta il rapporto intimo, spesso drammatico ed irrisolto, fra l'artista e la sua opera. E che vi sia del mistero, un nocciolo enigmatico spesso drammatico, finisce per essere un'affermazione ovvia, persino per le opere considerate universalmente solari.

Leggere Il volto oscuro della perfezione come un romanzo? Darò al lettore un consiglio che va controcorrente: lo legga con percorso quasi casuale, “centellinando” ogni racconto; magari attratto da un particolare incuriosente del racconto o dal nome di un personaggio (Salaì, che “non era solo allievo di Leonardo e il privilegio si riconosceva”; Blonde, la serva sgraziata dipinta da Pierre Auguste Renoir; Edward [Munch], “un uomo qualsiasi...”, ma anche un caso clinico unico;...).

Mistero, morte, lato oscuro, delitti e colpi di scena (che danno poi, quest'ultimi, il “sapore” particolare alla suspense).