È nota la predilezione, da sempre esercitata e persino ostentata, degli scrittori di crime fiction e mystery, soprattutto di lingua inglese,1 per l'Italia con i suoi scenari con delitto e la sua storia criminale. La scelta riguardava forse di più l'Italia dell'epoche passate ma anche quella moderna e contemporanea non era esclusa dai loro interessi. I risultati, in genere, furono buoni, con qualche inevitabile concessione all'esotismo come capita a chi deve ambientare la storia noir al di fuori dell'ambito naturale, culturale e autobiografico del proprio paese.

Takeaway murders, “delitti da asporto” dunque. L'esotico si addiceva – e si addice - al romanzo poliziesco: non avevano dubbi in proposito, quasi due decenni fa, due giovani studiose, Elisabetta Camerlo e Silvia Nardi, presentando il made in Britain 2. “Il primo luogo del sogno e del mistero che compare nella letteratura inglese, non è – secondo l'opinione di Mario Praz – l'Oriente, ma piuttosto il nostro paese; cioè l'Italia delle ricche corti principesche e dei veleni, […] Gli esempi di una Italia immaginata potrebbero essere innumerevoli e comprendono, fra l'altro, alcuni personaggi della Christie, una detective story di Ngaio Marsh ambientata nelle catacombe di Roma3 e vari racconti di spionaggio. Il fatto nuovo è che, negli ultimi anni, ben quattro autori della generazione di giallisti più recente, studiano e descrivono la realtà italiana da vicino, risiedendo sul posto abbastanza a lungo. Sono Timothy Holme, Timothy Williams, Michael Dibdin e Magdalen Nabb.”

 

Intanto dirò qualcosa su gli autori e titoli che – tolto Magdalen Nabb e Michael Dibdin - poco diranno al lettore d'oggi.

Timothy Holme (1928-1987), inglese, cominciò la sua carriera professionale lavorando per il teatro. Trasferitosi in Italia, insegnò lingua inglese a Verona. Tra i numerosi testi scolastici e saggi sull'arte italiana, scrisse alcuni gialli ambientati in Italia. Quello del suo esordio come giallista è intitolato Delitti perbene (“The Neapolitan Streak”). Ambientato a Verona, ha al centro della vicenda il sequestro di un generale in pensione, capostipite di una importante famiglia veronese, con un passato da fascista. Sequestro a scopo d'estorsione o trame politiche? F

Timothy Holme
Timothy Holme
ra reticenze e ambiguità di provincia, indaga il commissario Achille Peroni, napoletano doc trapiantato nel nord, dove non si è mai inserito – e, sente, che mai si inserirà – perché “solo a Napoli sentiva di essere completamente se stesso” (detto en passant: ma Peroni, non ci ricorda qualche altro personaggio del giallo-noir recente se non recentissimo?). All'uscita di Delitti perbene4, nel 1982, seguì un piccolo caso giornalistico. Alcuni giornali sostennero che Holme vi avesse prefigurato il sequestro di Dozier, generale della Nato a Verona. Ne seguirono alcune ipotesi sulla reale identità di Holme, fra cui quella che dietro la firma “Holme” si celasse Indro Montanelli. Ricordo questo episodio perché mi pare serva a delineare i limiti della commistione di quegli anni (e quelli successivi, no?) fra politica-fantapolitica e giallo “all'italiana”.

Timothy Williams (nato a Londra nel 1946), fu un giramondo che, dopo aver studiato in Inghilterra, insegnò in un liceo statale della Guadalupe, per poi trasferirsi nelle Antille, e poi in Francia per un anno e successivamente all'università di Bari dove ottenne un posto di lettore. Trasferitosi all'università di Pavia vi rimase tre anni. La tappa successiva fu la Romania, dove maturò l'idea di scrivere un giallo con sfondo italiano, Il poliziotto è solo5, che completò nelle Antille dove ritornò definitivamente. Giallo “all'americana in salsa italiana” potrebbe essere la sua definizione.

Timothy Williams
Timothy Williams
Alle motivazioni sull'uso del politico-sociale dell'Italia dei primi anni Ottanta (e questo lo avvicina abbastanza a Michael Dibdin), Williams unisce l'uso sapiente della suspense e del dialogo chandleriano, ambiguo e insieme suggestivo. Peccato che i suoi personaggi, nei dialoghi, tendano alle petizioni di principio, alle dichiarazioni di fede ideologica. Non stupisca, quindi, che al primo incontro con il commissario Trotti la giovane direttrice della scuola di una cittadina lombarda, se ne esca con “Il matrimonio, come sappiamo, è un concetto borghese. Io rifiuto il matrimonio, se questo significa infelicità e costrizioni. Personalmente sono sposata, ma non credo di aver perduto la mia libertà. Se mi va, ho la facoltà di scegliermi altri partner. Il mio corpo mi appartiene e lo divido con chi mi pare”.

Molto più noto Michael Dibdin (1947-2007), che è stato anche lui un giramondo. Inglese, coetaneo della Nabb, studiò in Inghilterra e nell'Irlanda del Nord; studi universitari nel Sussex e in Canada; permanenza in Italia dal 1979 al 1984, come lettore all'Università di Perugia; poi ad Oxford per poi trasferirsi negli Stati Uniti, a Seattle, ritornando però periodicamente in Italia. Dibdin è soprattutto noto per la serie di gialli con protagonista il poliziotto Aurelio Zen. Unica ambientazione Venezia, città ben diversa da quella da cartolina turistica di tanta letteratura ambientata in questo mitico scenario. È la città degli imprevedibili spazi claustrali, dove dietro alti muri spuntano baldacchini di arbusti sempreverdi che rivelano la presenza di giardini segreti; ma è anche la città d'acqua e di ponti ad arco; quella delle alte e basse maree e dei banchi di fango; dello scarico e dello spurgo; è la città che prelude alla visione di Sant'Ariano, l'isola dei morti, dove venivano gettate le ossa provenienti dagli altri cimiteri cittadini quando c'era bisogno di recuperare terreno per i nuovi morti (visione gotica grandiosa in Laguna morta 6). Insomma Venezia, per Dibdin, è il perfetto scenario per l'introversa complessità di Zen, l'unico dentro cui gli siano familiari ed usufruibili i processi della mente e persino le cogitazioni deduttive. Quindi una città mentale.

Michael Dibdin
Michael Dibdin
Ma Venezia, per Dibdin, è anche la città dei misteri politici, delle ambiguità e delle ancestrali rivendicazioni.

Ma nei romanzi di Dibdin c'è anche la Roma dei misteri e dei ministeri, degli intrallazzi della politica che ha steso le grinfie sulla enorme periferia, coacervo delle contraddizioni e della degradazione e dell'aggressione al paesaggio (Vendetta7); di Napoli e della Camorra (Così Fan Tutti 8); della Sicilia e la mafia (Blood Rain9); e persino delle Langhe e del Piemonte (Vendetta d'annata10). Insomma scenari diversi per una feroce critica (alleggerita dalla tipica ironia british) della società italiana, forse con qualche stereotipo di troppo: dalla burocrazia ai politici, dai guidatori pazzi e scatenati ai palazzoni delle periferie, dalla gelosia degli italiani al mito – sempre che esista ancora – del Milite Ignoto, dai servizi segreti alle mistificazioni dell'archeologia, dalla gioventù dorata alla massoneria maschilista, da Tangentopoli - a cui Dibdin opponeva Mani Pulite - alla nuova tecnologia del fax (!). Ma anche alla Lega Nord col movimento (immaginario quanto reale e viceversa...) della Nuova Repubblica Veneziana con i suoi legami con i Balcani del dopoguerra della guerra civile (in Laguna morta).

All'elenco manca un gothic novel molto forte e suggestivo, che ho sempre amato, ambientato nella Firenze della metà dell'Ottocento: A Rich Full Death11 (mi risulta che non sia stato ancora tradotto in Italia), che ha come “investigatore” il poeta inglese Robert Browning ed è ambientato dentro la piccola comunità inglese residente nella Firenze del 1855 (gli anglobeceri, insomma), dove avvengono alcuni delitti realizzati secondo lo schema dantesco del contrappasso.

“Pensavo: ma che città strana, vorrei proprio essere una giallista! Tutti questi palazzi un po' bui, le strade strette e antiche... Sì, in questa città c'è del mistero”. Questa dichiarazione fu fatta nel 1975 da Magdalen Nabb (1947- 2007), allora una giovane donna inglese appena arrivata a Firenze e rimastaci fino alla prematura morte. Sul capoluogo toscano la Nabb, coerentemente, ha successivamente scritto: “È stata Firenze a ispirarmi: una città strana, introversa, che gira le spalle alla strada. Camminavo, camminavo e guardavo le facciate delle case, le persiane chiuse, i bandoni abbassati, la striscia di cielo che lasciava filtrare appena uno spiraglio di luce, quasi una cortina di sicurezza dietro la quale poteva succedere di tutto.

Magdalen Nabb
Magdalen Nabb
Mi incuriosivo quando, di tanto in tanto, da qualche portone intravedevo un giardino, una corte, uno spazio impensabile e segreto agli occhi del passante. Mi sono detta: ma che cosa sta accadendo in questa città?” Comunque l'estetica letteraria e il metodo di lavoro della Nabb sono quanto mai concreti e, se si vuole, riduttivi; almeno rispetto alla propensione per l'esagerazione baroccheggiante di Dibdin. “I miei romanzi non sono polizieschi ad effetto. Sono tutti ispirati a fatti di cronaca rivisitati e corretti, d'accordo, ma veri, straordinari e banali quanto lo possono essere le colonne di nera di un quotidiano”. Sullo stesso apparente basso profilo si situano le regole su come scrivere un giallo, col soprassalto finale di una improvvisa intuizione: “Ho un vero e proprio catalogo di ritagli suddivisi per generi: rinvenimento di cadaveri, sequestri, omicidi e via dicendo. Quando ho finalmente messo a punto un nuovo romanzo, passo delle giornate frenetiche, scrivo le prime pagine. Ci possono essere degli eventi eccezionali, come quella nevicata primaverile di qualche anno fa. Osservavo la gente incollata alle finestre e alle vetrine dei negozi, come sospesa nell'incredulità. Se qualcuno decidesse di fare un sequestro adesso, mi sono detta, non se ne accorgerebbe nessuno. E da lì scattò la molla che mi portò a scrivere Death in springtime12”. La scrittrice inglese (definirla un “anglobecera” le avrebbe fatto piacere) ha vissuto per trentadue anni a Firenze, scrivendoci ben 11 gialli con un unico protagonista, il maresciallo dei carabinieri Guarnaccia, quotidianamente operante fra la gente dei Quartiere di Santo Spirito nell'Oltrarno fiorentino. Pochi i suoi romanzi scritti ambientati fuori dell'Oltrarno fiorentino. Annoto solamente The Prosecutor13, scritto a quattro mai con Paolo Vagheggi, dove l'indagine corre tra Firenze e Roma senza il maresciallo Guarnaccia: è il magistrato fiorentino Lapo Bardi che indaga sul rapimento e l'uccisione del primo ministro ad opera forse delle Brigate Rosse (chiaro il riferimento al caso Moro). C'è infine The Monster of Florence13, anch'esso inedito in Italia, romanzo-inchiesta sul famoso caso criminale.

 

Nulla ho letto di Donna Leon (scrittrice statunitense, nata nel 1942), autrice di una serie di gialli ambientati a Venezia. Si nota subito la singolarità che non siano stati tradotti in Italia, mentre sono popolarissimi negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei (in testa la Gemania). Wikipedia spiega così il “caso”: “Donna Leon ha preferito espressamente che le sue opere non venissero tradotte in italiano, giustificando la scelta con il desiderio che i veneziani continuassero a considerarla senza pregiudizi e come una scrittrice qualunque.

Donna Leon
Donna Leon
Effettivamente, la scrittrice è stata spesso criticata, ed è questa la ragione del suo bisogno di anonimato nell'ambito della città di Venezia: i detrattori fanno valere una tendenza della Leon a basarsi su stereotipi sull'Italia. Anche il tono melodrammatico è stato oggetto di apprezzamenti negativi: la malinconia del commissario Brunetti [il protagonista unico dei suoi gialli, n.d.r.] nasce dal conflitto tra la famiglia (che sta per i valori del comportamento corretto e civilizzato) e lo Stato (profondamente corrotto, e che paradossalmente si fonda soprattutto sulla famiglia). Altri apprezzano la diretta chiarezza nello stile espositivo dell'autrice, ricordandone la capacità evocativa: la descrizione di vedute, sapori ed odori richiamerebbero infatti le atmosfere tipicamente veneziane.”.

 

Ben poco c'è da dire su John Grisham e il suo Il broker14, in cui si descrive una grande caccia all'uomo all'ombra dei Portici, per le strade, i luoghi storici e appartati e le piazze animate di Bologna.

John Grisham
John Grisham
Questa ambientazione ha giustamente concentrato gli strali di parte della critica e del lettore più sofisticato: il capoluogo emiliano vi è descritto come in una guida turistica, la trama è piatta e scontata e il finale prevedibile. Per non parlare dell'itinerario del “broker” tra Chiasso e Lugano... E ancor meno dirò della Firenze frequentata da Hannibal nel romanzo di Thomas Harris, terzo episodio sul Cannibale più famoso del thriller contemporaneo15.

 

Douglas Preston16, arrivato a Firenze in un gelido febbraio di tanti anni fa con in testa una storia di un Masaccio scomparso, viene afferrato subito dalla visione della Firenze noir: «Eravamo nel bel mezzo dell'inverno, i turisti erano praticamente scomparsi, e bolge di ombrelli scuri si accalcavano sul ponte di Santa Trinita, sotto un cielo di piombo, ecc. ecc.».

Douglas Preston
Douglas Preston
Visione urbana quindi, a cui seguiranno però, negli anni, numerosi scorci e landscapes della campagna, delle colline con ville e case coloniche, degli oliveti, dei tabernacoli e delle opere d'arte sistemate in solitarie chiesette. Un esempio? Il racconto La prodigiosa guarigione di Frederick F.17: la fattoria nel mezzo agli uliveti e l'incubo che sguscia fuori lungo e nero...

Ma l'inventario più completo dei misteri suburbani e campagnoli è quello contenuto in Dossier Brimstone18, il romanzo scritto insieme a Lincoln Child nel 2004: il Santuario della Verna, Capraia, le colline del Chianti, un misterioso Castel Fosco nella valle del Greve,... E, nei dintorni di Signa, il grande edificio dell'antica fabbrica che fu di proprietà di Alfred Nobel, abbandonato e semidiroccato. Le origini della scoperta della fabbrica (metaforica forte) ce la racconta Mario Spezi nel breve racconto dal lungo e ironico titolo Per colpa della Twingo troppo piccola Doug Preston non rubò il Pontormo, contenuto nel minuscolo eBook

http://www.4shared.com/file/129831173/d0e6c46f/spezi.html.

 

1 Naturalmente c'è stato, e c'è, un takeway murders di scrittori non inglesi. Ad esempio i francesi, di cui mi limito ad accennare a due recenti esempi. Il primo è Pierre-Jean Remy (Accademico di Francia e diplomatico) con Una ville immortelle, 1986. Il romanzo non è un vero e proprio giallo, ma è comunque permeato d'una costante atmosfera cupa che copre l'intera città (Firenze, peraltro mai nominata) a causa della serie dei delitti del Mostro. Il secondo è Jean-Claude Lattès (personaggio notissimo in Francia, fondatore della casa editrice Lattès ed autore di un libro sulla misteriosa morte di Pico della Mirandola., Vita segreta di Pico, Barbera, 2006. [Notizie fornitemi da Mario Spezi].

2 The Art of Murder. Dalla detective story al libro giallo. La fortuna in Italia del romanzo poliziesco inglese. Schede informative. Bologna, The British Council, 1993.

3 Il giallo della Marsh è Quel giorno a Roma (“When in Rome”), tradotto nei Gialli Rizzoli nel 1975: per i racconti di spionaggio ricordo solo alcuni di Gèrard De Villiers e Il muro del silenzio (“Mission to Venice”) di James H. Chase.

4 Timothy Holme, Delitti perbene, “Il Giallo Mondadori” n. 1721, 1982.

5 Timothy Williams, Il poliziotto è solo (“Converging parallels”), “Il Giallo Mondadori” n. 1831, 1984.

6 Laguna morta (“Dead lagoon”), 1994, pubblicato in Italia da Passigli.

7 Vendetta (“Vendetta”, 1990), “Il Giallo Mondadori” n. 2209.

8 Cosi Fan Tutti (“Così Fan Tutti”, 1996), pubblicato da Passigli.

9 Pioggia di sangue (“Blood Rain”, 1999), pubblicato da Passigli.

10 Vendetta d'annata (“A Long Finish”, 1996), pubblicato da Passigli.

11 A Rich, Full Death, 1986.

12 Scritto nel 1983 e stato tradotto nel 1995 da Rusconi col titolo La montagna della morte.

13 Arrows Books Lmt., 1996.

14 The broker, 2005. Pubblicato in Italia negli Omnibus Mondadori.

15 Hannibal, 1999, pubblicato nello stesso anno da Mondadori negli Omnibus.

16 In questo contesto, di Preston (nato nel 1956) interessa solo la sua attività di scrittore (narrativa e non-narrativa), e cioè i libri scritti a quattro mani con Mario Spezi. Ma per far capire al lettore, alcuni passaggi dei paragrafi dedicategli dobbiamo aggiungere che lo scrittore statunitense, oltre che autore di bestseller, ha lavorato come scrittore, editor e direttore editoriale per conto dell'American Museum of Natural History di New York ed è collaboratore di riviste scientifiche; oltre che esperto di archeologia.

17 In fondo al nero. 16 racconti di horror contemporaneo, Urania Millemondi, inverno 2003.

18 Dossier Brimstone (“Dossier Brimstone”, Rizzoli, 2008).