Per dirla con Primo Levi, esiste una “zona grigia”, un luogo dove la morale è tutt’altro che manichea e regna la legge della sopravvivenza e la complessità degli eventi. Khong, il protagonista di Scatole siamesi, vi appartiene: né buono né cattivo, né eroe né antieroe, è uno “sbirro moderatamente corrotto” che si muove in una Bangkok futura, dalla quale ci separano poco meno di cinquanta anni.

Fabio Novel disegna uno scenario credibile e verosimile, dentro il quale spy story, thriller e fantascienza si incastrano in un mosaico omogeneo. Lo stile dell’autore è ricco di particolari e ricercato senza tuttavia risultare barocco: i generi che fanno da ombrello al romanzo non lo tollererebbero, almeno quanto tutti e tre esigono ritmo, struttura e velocità, caratteristiche sulle quali Scatole siamesi potrebbe non passare del tutto il drive test col lettore medio; nessun “cedimento strutturale” della macchina narrativa, sia chiaro, che soffre solo di un difetto all’acceleratore, delle volte un po’ duro, altre un po’ facile "a darci dentro col gas".

Ma la storia – che vive in digitale la sua seconda vita dopo la prima edizione cartacea per Nord – è intrisa di un esotismo che ha bisogno di spazio per far “viaggiare” a dovere chi si approccia alle sue pagine. E si sa, i lunghi viaggi possono anche avere qualche intoppo, ma non per questo si fissano negativamente nella memoria. Novel spedice le sue cartoline dal futuro, scritte con bella grafia. Occhio al postino però, potrebbe essere una spia e attirarvi vostro malgrado nel bel mezzo di un intrigo tra frange malavitose a spettro internazionale.