LA CITTA' DELLE OSSA


Autore Messaggio
rainwolf
Killer - Lupo Solitario
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MessaggioInviato: Lun 25 Apr, 2005 5:46 pm    Oggetto: LA CITTA' DELLE OSSA   

"In ogni assassinio c’è la storia di una città"
Un cane porta alla luce uno scheletro di vent’anni prima, il primo delitto dell’anno per il detective Bosch, e del tipo peggiore: il delitto di un bambino.
Harry Bosch è invecchiato, maturato come un vino di classe, e la sua indagine alla ricerca dell’assassino assomiglia sempre più fortemente alla ricerca di una via di redenzione possibile.
Lo stile come sempre è asciutto, teso: ma nel personaggio di Harry Bosch è possibile trovare una malinconia profonda, pacata, un disillusione che, proprio in quanto tale, lo accanisce nella ricerca della verità che si rivelerà poi essere banale, grigia, un omicidio stupido per un motivo stupido.
Fedele al suo omonimo, Hieronymus Bosch è un indagatore di incubi e gli incubi quasi mai sono individuali: il desiderio di morte, il Vietnam, la violenza urbana emergono sempre come secondo piano di lettura dei romanzi di Connelly, e proprio per questo il personaggio di Bosch alla fine piace: perché la sua ricerca dell’assassino, il suo tentativo di ripristinare almeno per una piccola parte di mondo la verità, ci mantiene fedeli al desiderio di giustizia, di etica, alla necessità di non perdersi.
Qualcuno ha detto che il cinismo è l’ultima frontiera del romanticismo, ed Harry Bosch è questo, un cavaliere con molte macchie e molte paure, ma che non si è perso.
Certo, i personaggi di Trent e di Julia Brasher sono già stati visti in migliaia di telefilm, la patologa (mio dio, ma in America ci sono solo patologhe legali?) con cameraman al seguito e la “storia d’amore-che-finisce-male” forse potevano esserci risparmiate, fa un po’ troppo mestiere: anche se l’impressione è che ci sia una certa irriverenza, un beffardo riferimento alle più trite e abusate caratterizzazioni da telefilm o da serial thriller da top ten di vendite (il coroner con la camicia hawaiana, il collega dal matrimonio fallito, lo sceneggiatore pedofilo), . Eppure i personaggi di Connelly riescono a essere credibili per le loro zone d’ombra, per i loro dubbi, la loro umanità.
Alla fine la città delle ossa si legge d’un fiato, la pioggia che fa da sottofondo alla ultime pagine come un brano jazz fa da perfetto sottofondo alla rivelazione della verità amara e malinconica che ci aspetta.

Ciao, rainwolf
Mr Valis
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Messaggi: 126
Località: Bologna
MessaggioInviato: Lun 25 Apr, 2005 6:00 pm    Oggetto: Re: LA CITTA' DELLE OSSA   

rainwolf ha scritto:
"In ogni assassinio c’è la storia di una città"
Un cane porta alla luce uno scheletro di vent’anni prima, il primo delitto dell’anno per il detective Bosch, e del tipo peggiore: il delitto di un bambino.
Harry Bosch è invecchiato, maturato come un vino di classe, e la sua indagine alla ricerca dell’assassino assomiglia sempre più fortemente alla ricerca di una via di redenzione possibile.
Lo stile come sempre è asciutto, teso: ma nel personaggio di Harry Bosch è possibile trovare una malinconia profonda, pacata, un disillusione che, proprio in quanto tale, lo accanisce nella ricerca della verità che si rivelerà poi essere banale, grigia, un omicidio stupido per un motivo stupido.
Fedele al suo omonimo, Hieronymus Bosch è un indagatore di incubi e gli incubi quasi mai sono individuali: il desiderio di morte, il Vietnam, la violenza urbana emergono sempre come secondo piano di lettura dei romanzi di Connelly, e proprio per questo il personaggio di Bosch alla fine piace: perché la sua ricerca dell’assassino, il suo tentativo di ripristinare almeno per una piccola parte di mondo la verità, ci mantiene fedeli al desiderio di giustizia, di etica, alla necessità di non perdersi.
Qualcuno ha detto che il cinismo è l’ultima frontiera del romanticismo, ed Harry Bosch è questo, un cavaliere con molte macchie e molte paure, ma che non si è perso.
Certo, i personaggi di Trent e di Julia Brasher sono già stati visti in migliaia di telefilm, la patologa (mio dio, ma in America ci sono solo patologhe legali?) con cameraman al seguito e la “storia d’amore-che-finisce-male” forse potevano esserci risparmiate, fa un po’ troppo mestiere: anche se l’impressione è che ci sia una certa irriverenza, un beffardo riferimento alle più trite e abusate caratterizzazioni da telefilm o da serial thriller da top ten di vendite (il coroner con la camicia hawaiana, il collega dal matrimonio fallito, lo sceneggiatore pedofilo), . Eppure i personaggi di Connelly riescono a essere credibili per le loro zone d’ombra, per i loro dubbi, la loro umanità.
Alla fine la città delle ossa si legge d’un fiato, la pioggia che fa da sottofondo alla ultime pagine come un brano jazz fa da perfetto sottofondo alla rivelazione della verità amara e malinconica che ci aspetta.

Ciao, rainwolf


Ehi, ma questa (se avesse qualche righetta in più) è una recensione già bella e pronta! Considerati arruolata! Cool

L.
Si può scrivere "sopra le righe" solo se sappiamo molto bene dove passano le righe. (Gianfranco Manfredi)
mauro smocovich
Boss
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MessaggioInviato: Mer 27 Apr, 2005 9:27 am    Oggetto:   

Approvo.
Mauro Smocovich curatore del sito www.thrillermagazine.it
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MessaggioInviato: Mar 23 Gen, 2024 3:04 pm    Oggetto:   

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