Doppio Marlowe


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MessaggioInviato: Dom 10 Lug, 2011 4:20 pm    Oggetto: Doppio Marlowe   

Doppio Marlowe

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leila mascano
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MessaggioInviato: Dom 10 Lug, 2011 4:20 pm    Oggetto: ancora su doppio Marlowe   

Vorrei commentare un brano a pag. 98 di Doppio Marlowe, che mi è piaciuto particolarmente. Credo che sia il pezzo che mi ha maggiormente colpito in tutto il libro, e quello che non so perché mi ha ha fatto venire in mente Il terzo uomo, forse per l’atmosfera tenebrosa in cui si svolge l’inseguimento finale nelle fogne di Vienna, e che ha tutte le connotazioni di un incubo che anch’io conosco bene.
Il capitolo è scritto magistralmente, e conferma che la storia noir è solo un pretesto Questo è il brano di uno scrittore, uno scrittore che ha tutte le carte in regola per esserlo; una prova difficile perché se come dice Borges “é difficile descrivere un mal di denti” non è da tutti descrivere l’angoscia con un meccanismo così perfetto da far pensare alla complessità di un orologio, e non nomino a caso uno strumento che scandisce il tempo, quel tempo che ci perseguita non meno dell’ignoto inseguitore alle spalle, un tempo che si estende lungo un cunicolo buio “tra due pareti di silenzio, due superfici parallele, due specchi contrapposti”, eppure il luogo non c‘è, è “ uno spazio che si comprime”, infinito e claustrofobico insieme, e la fuga disperata che diventa inseguimento obbligato lungo “una retta definita solo da un’intenzione senza posa, nel susseguirsi di infiniti fotogrammi persi negli spazi laterali”. Il protagonista del sogno-incubo fugge dunque, ma nello stesso tempo è obbligato a inseguire qualcosa o qualcuno che resta ugualmente confuso, così come oscura e terribile è la minaccia alle sue spalle: ma alla volontà di fuga, al mulinare velocissimo dei piedi non corrisponde una traccia reale d’essersi mai mosso, benché il piano che calca diminuisca in profondità e la distanza che separa l’inseguitore da lui si accorci a ritmo impressionante, e la sua corsa precipiti in un vortice: “Avverto il senso di un dolore, appuntito, che mi preme sulla nuca, che s’incunea dentro un globo con l’orribile rumore della dimensione del silenzio, poi lo squarcia; trapassandolo come un meteorite che continua la sua corsa nel cosmo senza fine.”
Penso che basti leggere questa frase che conclude il brano per capire la qualità di scrittura di Frank Spada, che è altissima, concreta e surreale insieme, e che raggiunge talvolta i vertici della poesia.
Accade qualche volta che il tempo degli orologi, che avanza idealmente in linea retta, non sia più il nostro, che viceversa come un metronomo registra un tempo circoscritto, per così dire “fermo”, scandendone solo il ritmo, e la nostra vita, che muovendosi in sincronia col tempo s’illudeva di dominarlo e di possederlo, si accorga viceversa che esso avanza con la forza dell’ineluttabilità, asincrono e veloce rispetto al tempo “immobile” del nostro metronomo interno. Questo fenomeno non è per forza legato all’età biologica quanto piuttosto alla difficoltà di adeguarsi ad una realtà esterna che indubbiamente è minacciosa. Il destino dell’uomo è una scintilla tra due spazi bui, e la grandezza e l’orrore della condizione umana è che siamo i soli a saperlo. Credo che poiché questa sia la mia idea, trovo che non si potesse dare ad essa una rappresentazione simbolica più affascinante di questa.
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