Considerazioni in salsa noir


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homo interrogans
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MessaggioInviato: Sab 05 Gen, 2008 5:30 pm    Oggetto: Considerazioni in salsa noir   

Un saluto sussurrato alle ombre di questo sito.

Ho deciso di uscire dall’atmosfera in cui inseguo i personaggi del mio romanzo per tentarle di esprime un mio pensiero in salsa “noir”.

Perché nella località montana in cui mi trovo temporaneamente si respira aria “noir”. Anche nella città dove vivo e lavoro respiro “noir”. Diverso, forse più frenetico. Forse più “distratto” rispetto ad un paese.

Il mio è il parere di un grande lettore (lo sono secondo le statiche italiane, con oltre una quarantina di libri, tra saggistica e narrativa, “divorati” annualmente) e di un piccolo scrittore, emergente. Definito noir.

Premetto che nel genere mi sono trovato per caso, senza cercarlo.
Se per “noir” si intende un dipinto in cui il velo nero della società non è marginale, ma radicato nella società stessa; in cui non è l’investigatore, o solo questa figura, a condurre l’indagine per svelare il crimine, ma il crimine, in ogni sua forma, è il vivere della quotidianità.
In cui non c’è finale consolatorio, con la risoluzione che accontenta e rassicura il lettore. Ma, spesso, tutto finisce peggio di prima.
Ecco, in questo genere mi ritrovo, senza apparenze di moda da seguire.
Oltre i miei racconti, i miei attuali due romanzi sono stati definiti “noir sociali”. Anche se, per quanto scritto prima, “sociali” sembra più ridondanza che rafforzativo.
Eppure, a mio avviso, specificarlo ha ancora importanza, proprio per distinguere il “noir” spicciolo, di vendita, da quello che vorrebbe allontanarsi dall’idea precostituita per il successo editoriale. Successo, tra l’altro, proprio per la saturazione del “noir”, destinato spesso ad essere effimero.

Con questo mi discosto dalla mia produzione, da un lato perché non voglio puntare ad una forma di “autoesaltazione pubblicitaria” delle mie opere (proprio un bel tentativo di marketing!), dall’altro perché affermare di scrivere “noir sociale” non è sinonimo di qualità.

Mi soffermo solo su alcune considerazioni generali e personali.
Spesso il “noir” non è scoperto dallo scrittore come genere proprio, tipico del suo stile ed espressività, ma inseguito per desideri di mercato. E il risultato è quello che lei descrive. Saturazione di superficialità che rende la superficialità quotidianità interessante. E rincorsa dell’editore a fare incetta di quel noir che corrisponde alle richieste di mercato (ci sono eccezioni, per fortuna).
Il “noir”, così formulato, sta uccidendo il “noir”. È l’omicida che desidera uccidere se stesso scambiandosi per la vittima designata.

Eppure, ritengo, per mia esperienza di lettore, che ci sia anche un “noir” che riesce a sopravvivere a testa alta.
È un genere non consolatorio, che parla di morte, di corruzione e non fornisce risposte. Ma proprio per questo dovrebbe pesare sul lettore. Su quello critico, almeno.
Perché spoglia la società delle “maschere” del buonismo, ha il coraggio di vincere l’ultimo tabù dell’occidente e mostrare la morte. Non soffermandosi gratuitamente sui suoi aspetti grondanti sangue (quelli che eccitano ogni lettore, quelli che spingono la gente a formare code in strada per guardare le lamiere di un’auto contorte e verniciate di rosso).
Ma sussurrando, che, alla fine, la morte è necessaria alla vita, come la vita non esiste senza morte. E invitando per questo il lettore a darle un’occhiata. Senza paura, ma come mezzo per riflettere sulle domande lasciate senza risposta dal romanzo noir. Dove finisce il velo nero del sociale? È masticato nella città, assaporato nel paese. Frantumato dalla metropoli e dilatato dalla comunità rurale.

Ma sempre presente, nascosto dalle maschere che indossiamo, maschere su maschere, diverse e imbottite di gentilezza e buonismo. Maschere che crollano per un sorpasso “di troppo”, per un rumore “di troppo” del vicino di casa. E svelano zanne.
Questa è la ricerca del “noir”. Questo il suo tentativo.
Far cadere le maschere, o almeno qualcuna di queste.

E poi ritirarsi, lasciando il lettore solo. Davanti allo specchio.

Giovanni Sicuranza
homo interrogans
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