Lei è direttore editoriale ed editor della Baldini Castoldi Dalai. Cosa implica questo ruolo?

L'editor legge, propone i libri al comitato editoriale e discute con gli autori di eventuali problemi del testo (nel caso si tratti di italiani, naturalmente). Nel mio caso – oltre che editor della narrativa sono direttore editoriale – si aggiunge un lavoro di coordinazione. La B.C. Dalai è una "casa editrice con editore", anzi con editori, e molti dei libri che pubblichiamo sono stati voluti direttamente da Alessandro e Cristina Dalai; io devo fare da collettore al lavoro degli altri collaboratori. Insomma non sono solo io a scegliere, per fortuna.

Come si mantiene aggiornato?

Leggendo in modo onnivoro libri giornali e riviste, andando su Internet, guardando la televisione, ascoltando i collaboratori più giovani, girando per librerie, studiando quello che fanno gli altri, ma soprattutto, credo, ragionando in continuazione su un progetto. Essere un editor, in fondo, implica lavorare un progetto in continua evoluzione, che non giunge mai a una sua realizzazione definitiva.

All’interno della Baldini Castoldi Dalai è da poco nata una nuova collana, Vidocq, che ha preso il nome dal celebre avventuriero francese. Gli ingredienti sono: prezzo contenuto, avventure – spesso seriali – di "guardie" e di "ladri", di "buoni" e di "cattivi", scrittura di qualità. È un caso che abbiate inaugurato in questi giorni con due romanzi, Mano nera di Alberto Custerlina e Il caso del croato morto ucciso di Luciano Marrocu, il primo ambientato nei Balcani, il secondo con rimandi europei?

No, non è un caso. Il libro di Luciano Marrocu e quello di Al Custerlina sono molto diversi. Il primo, Il caso del croato morto ucciso, è un noir "buono", per così dire, solare, che non punta tanto sull'azione o sulla suspense quanto sul fascino della storia, sulla simpatia dei personaggi, sul divertimento lieve: siamo nell'area dei Simenon e dei Camilleri. Il secondo, Mano nera, è più "cattivo", oscuro, anche violento, sebbene mai morboso: Custerlina è un figlioccio di Manchette, di Thompson.

Ci piaceva l'idea di uscire con due libri che rappresentassero la doppia anima della collana, la doppia anima di Vidocq, appunto, che è stato ladro ed è stato guardia, tenebra e luce… e tutto quello che c'è in mezzo. Un caso è invece che in entrambi i romanzi ci siano personaggi che hanno a che fare con quella che un tempo era la Jugoslavia.

Cosa l’ha colpita di Mano nera, di Alberto Custerlina?

La formidabile capacità di narrare un mondo come quello balcanico: certi suoi personaggi sembrano usciti dai film di Kusturica. L'abilità nel costruire e reggere una trama complessa, ricca di personaggi. E la scrittura: asciutta, tagliente.

E de Il caso del croato morto ucciso di Luciano Marrocu?

La leggerezza, l'ambientazione in un periodo storico così importante come quello del fascismo, ricostruito alla perfezione (Luciano Marrocu insegna Storia Contemporanea all'università), l'intelligenza dei dialoghi, l'ironia. E di nuovo la scrittura, strepitosa, in certi momenti quasi gaddiana.

Ha riscontrato qualche differenza tra il lettore italiano e quello estero?

Non saprei cosa rispondere. Forse una costante è che, rispetto ad altri Paesi, per esempio la Francia, noi siamo un po' più esterofili. Se un Autore si chiama John, invece che Giovanni, tendiamo a concedergli più fiducia, ed è un peccato. Chissà, forse la moda corrente di dare ai figli nomi stranieri risolverà il problema.

La questione manoscritti. Quanti ne arrivano? Li leggete tutti?

Ne arrivano tanti, tantissimi, troppi per le nostre forze e, credo, per le forze di chiunque. Cerchiamo di leggerne sempre almeno una trentina di pagine, se poi ci sembra buono e adatto a noi andiamo avanti, se no… Quello che non possiamo fare è dare a tutti una risposta.

Ci vorrebbe un ufficio apposta.

Tre qualità che deve possedere un manoscritto per non essere immediatamente scartato.

Deve far capire subito che cos'è, quali sono le sue ambizioni, e al tempo stesso incuriosire. E deve essere scritto bene.

Tre elementi che ve lo fanno rifiutare.

Non saprei elencarli. Personalmente odio la sciatteria nello stile.

Un libro con cui avete osato.

Mario Levi, Istanbul era una favola.

Il libro più ironico.

Millard Kaufman, Molto lontano dal paradiso.

Il libro che incute più paura.

Sabine Thiesler, La carezza dell'uomo nero.

Quello che ha dato più soddisfazioni in termini di vendita.

I romanzi di Giorgio Faletti e, ultimamente, Nel mare ci sono i coccodrilli, di Fabio Geda.

Un autore che avreste voluto pubblicare.

Philip Roth

Progetti?

Tanti, ma ne parliamo un'altra volta.

Cosa pensa della situazione editoriale italiana?

La crisi c'è, ma c'è anche tanta vitalità. Non so se si po’ parlare di fermento, sicuramente però non è ferma.

E di quella estera? È molto differente dalla nostra?

A seconda dei Paesi. Qualcuno sta meglio, qualcuno sta peggio.

Ora alcune domande personali. Cosa fa quando non lavora?

Fa un po' ridere, ma per lo più leggo. Guardo anche parecchia televisione, sport soprattutto. E gioco con i miei figli. Sono un tipo noioso, vero?

C’è qualcosa che le piacerebbe fare e per cui non trova tempo?

Fare sport invece che guardarlo.

Un desiderio.

Vedere il Torino di nuovo in serie A.

Una perplessità.

Tornerà o non tornerà il Torino in serie A?

Una certezza.

La carne rossa è meglio di quella bianca.

Ci saluta con una citazione?

Maledetta chirurgia, maledetta, che asportavi le tonsille / ai bambini preoccupati con il vecchio trucco del gelato al limone. (Elio e le Storie Tese)