Nell'immaginario collettivo, il mestiere del poliziotto è fra quelli che più incarna il lavoro come missione di vita, da portare avanti con una fede senza eguali, contro tutto e nonostante tutto. Così come pure Palermo è nel senso comune dell'italiano medio fra le città sotto assedio per eccellenza, quasi soffocata dalla criminalità, dalla corruzione e dal lezzo sulfureo dell'inferno in terra: qui ci sono i cattivi più cattivi e i buoni più buoni. L'immaginario collettivo è un grande contenitore culturale così come può essere, sulla soglia del senso comune, una scatola colma di cazzate. In questo senso, essere poliziotti a Palermo potrebbe significare - all'occhio dello spettatore/cittadino - avere una vita che è un'epica letteraria poliziesca in sé. Wrong, deadly wrong, direbbe Alan D. Altieri. La realtà è sempre più complessa di quanto la nostra corteccia cerebrale riesca a mettere assieme. 

Ora, da qualche anno, sono usciti allo scoperto dei poliziotti palermitani armati di penna. Abbiamo Piergiorgio Di Cara che con romanzi come L'anima in spalla, Hollywood, Palermo e Vetro Freddo, fotografa il commissariato su una pellicola più canonicamente letteraria, senza tuttavia perdere di vista i suoni reali che provengono dalla strada e, più di recente, I.M.D. e Nicolò Angileri - rispettivamente agenti della Catturandi e della Sezione specializzata minori di Palermo - lanciati nella mischia da Raffaella Catalano che li ha scoperti, ha lavorato con loro e li ha proposti alla Dario Flaccovio Editore, e autori di libri meno letterari e più in "presa" diretta, quali Catturandi. Da Provenzano ai Lo Piccolo: come si stana un pericoloso latitante e Angeli e orchi, cronaca terribile di abusi sui minori. 

Un piccolo sottogenere che ancora pare non abbia esaurito gli argomenti, dato che questo mese è stato pubblicato un nuovo libro di I.M.D., 100% sbirro, scritto sempre in collaborazione con la Catalano che così racconta della nascita di questa nuova sezione di poliziotti scriventi: "Io sono una ex cronista di giudiziaria, e quel settore mi affascina sempre, anche se ormai da anni faccio un altro mestiere e mi occupo di editing. Quindi, nel momento in cui un mio collega mi ha messo in contatto con I.M.D. ho apprezzato subito questo eccellente poliziotto, ho abbracciato il progetto "Catturandi" (l'esperienza di lavoro di un uomo che fa parte della mitica sezione della Squadra Mobile di Palermo e che dà la caccia ai latitanti) e mi sono messa al servizio del manoscritto, come editor e anche come scout, per trovare un editore. E per "Catturandi" (che ha venduto, con una casa editrice medio-piccola come Dario Flaccovio, ben ventimila copie) sono arrivati anche un'opzione cinema (per farne un film e una fiction tv) e due prossime pubblicazioni all'estero. Poi è stata la volta dell'incontro con Nicolò Angileri e con il suo diario di esperienze nel campo del contrasto alla pedofilia alla Sezione minori della Mobile, e mi sono messa in gioco anche in quel caso, a supporto dell'autore, pure lui un ottimo poliziotto. E così è nato "Angeli e orchi". Con questi due libri, pubblicati da Dario Flaccovio, l'esperienza non si è certo conclusa: con I.M.D. ho lavorato di recente a "100% sbirro" e altri progetti stanno maturando. Cosa che mi riempie di soddisfazione per ragioni non solo lavorative, ma anche personali, dato che conoscendo I.M.D. e Nicolò ho incontrato due poliziotti degni della massima stima che adesso sono pure miei cari amici".

Fiction e non-fiction verso una nuova definizione di "poliziesco"? Forse. Certo è che gli uomini e donne impegnati in questo mestiere sono ognuno un universo particolare, così come pure Palermo è - in questo senso - un'intera galassia: vite professionali e vite private che si snodano sulle strade di una città che non è palcoscenico ma metropoli vera, complessa, affascinante e struggente come una sinfonia di voci emessa da una cassa di risonanza che è più di un insieme di cemento e strade. Una delle grandi capitali-porto del meditarraneo - territorio geopolitico e stato dell'anima - per usare una definizione cara a Jean-Claude Izzo.

Anime, menti e sensibilità diverse. Leggendo e ascoltando le voci di questa new wave di poliziotti scriventi si può cogliere un quadro della situazione tutt'altro che cristallizzato, men che meno patinato, come certe fiction televisive di plastica. Di sicuro variegato. A partire dalla percezione che agenti impegnati sul campo hanno dello stato attuale della nostra polizia sotto l'aspetto dell'amministrazione, degli strumenti a disposizione e dell'efficacia degli stessi. 

Angileri, a tal proposito frena gli allarmismi e le sirene che urlano una polizia in ginocchio: "Io faccio il poliziotto da più di vent’anni e onestamente non mi risulta che le forze dell’ordine italiane navighino in cattive acque. Non ho una visione della realtà distorta da influenze di alcuna corrente politica. Mi è capitato diverse volte di confrontarmi con altri colleghi di altri stati, e ho scoperto invece che siamo molto apprezzati per la nostra dedizione e la nostra caparbietà. Per quanto riguarda gli strumenti a nostra disposizione non sta a me dire cosa occorre, anche perché ci sono le persone preposte a trovare le giuste soluzioni. Comunque, c’è un detto che recita “zucchero non guasta bevanda”: ecco, forse occorre un po’ di zucchero in più. Naturalmente a questa domanda ho risposto solo a titolo personale". 

Con I.M.D. avevamo già affrontato l'argomento ai tempi dell'uscita del suo libro sulla Catturandi, circa un anno fa, chiedendogli cosa significasse essere poliziotti in un Paese in cui questa figura viene continuamente svalutata e se capitasse qualche volta di sentirsi "abbandonati". Lui aveva risposto così: "Quando qualcuno parla di "volontà superiore" o "politica" che impedisce la cattura di un mafioso, io dico che parla di fantasie. Non sono convinto dell’esistenza di un terzo livello organizzato e organico alla mafia, capace di impedire il reale svolgimento delle indagini. Se, però, 400 milioni di euro vengono tolti al comparto sicurezza e deviati alle polizie locali e all'impiego dell'esercito nel controllo del territorio, allora dico che queste scelte politiche, più o meno indirettamente, contribuiscono a far sì che quel mafioso continui a essere latitante. Siamo sempre stati bombardati da un concetto di polizia moderna, dinamica, di prossimità, capace di raggiungere il cittadino quando questo non può recarsi, ad esempio, a fare le denunce in commissariato. Tutto questo, oggi, è pura fantasia. Le esigue risorse consentono a stento di svolgere le fondamentali attività di polizia, non di certo quella che il legislatore aveva immaginato e aveva pubblicizzato. [...] Non ci sentiamo abbandonati, il più delle volte ci sentiamo traditi".

Allo stato attuale, ci dice I.M.D.: "Non è cambiato niente o quasi dall’ultima occasione in cui ho risposto alla tua domanda sulle condizioni del nostro lavoro. Per la prima volta nella storia repubblicana italiana, per due bienni consecutivi ai poliziotti non è stato rinnovato il contratto di lavoro per mancanza di fondi.  Non c’è rassegnazione, ma rabbia verso una classe politica che non capisce, anzi non vuole capire, le esigenze di oltre trecentomila lavoratori del comparto sicurezza che, per inciso, non possono scioperare per rivendicare i propri diritti. E non aggiungo altro".

Su Palermo c'è una certa aria di ottimismo, soprattutto sul suo futuro. Nel caso di Angileri, si sfiora l'entusiasmo: "Palermo è una città bellissima, ricca di storia, di monumenti e di arte, tanto da fare impallidire molte altre città d’Italia. Io, come cittadino palermitano, vivo benissimo nella mia città a tutte le ore del giorno e della notte. I palermitani hanno addirittura recuperato il centro storico, che fino a qualche anno fa era inaccessibile e diroccato, mentre oggi è completamente ristrutturato, ricco di locali e bar di ogni genere. Mi piace ricordare il Natale scorso, quando, una mia parente che vive al nord da molti anni è tornata a Palermo per le vacanze, una sera le feci visitare gran parte della città. Quanto la riaccompagnai a casa lei, con malinconia mi disse: - Se Palermo fosse stata così quando la lasciai tanti anni fa non credo che sarei partita”.     

"Oggi a Palermo io vedo finalmente scemare la rassegnazione" aggiunge Raffaella Catalano, "anzi, è la prima volta in cui mi sembra di poter coltivare davvero, e concretamente, la speranza di debellare la mafia, perché molta più gente  che in passato si ribella in modo deciso. Basti pensare a quanti commercianti in più, rispetto a qualche anno addietro, denuncino le richieste estorsive, e quante persone - ragazzi, soprattutto - additino apertamente e con vigore gli atteggiamenti e gli episodi mafiosi. Finalmente, qui in città - come tutti avrete letto sui giornali - sono gli esattori di Cosa nostra ad avere paura dei commercianti, di quelli che denunciano il pizzo e che ormai, per fortuna e grazie al loro coraggio, non sono più quattro gatti. La determinazione nel pretendere di lavorare in libertà e senza esborsi ingiusti cresce. A ridare fiducia a tutti i palermitani onesti è stata anche l'opera di prevenzione e repressione fatta dalla polizia e dalle altre forze dell'ordine. I boss più pericolosi sono in galera, e con loro anche moltissimi emergenti. Gli arresti sono stati tantissimi, dopo le stragi e negli ultimi anni. E nuovi pentiti consentono agli inquirenti di individuare e catturare anche i nuovi padrini, quelli ancora sconosciuti o quasi, limitando di fatto la riorganizzazione di Cosa nostra e strappando una rete che ogni volta tenta di ricucire le proprie maglie. In più, le intercettazioni ambientali e telefoniche, soprattutto in questo campo, sono state e continuano a essere uno strumento fondamentale, che ha avuto un ruolo determinante nei tanti arresti, recenti e non. Quindi guai a privare gli investigatori di quest'arma basilare nella lotta alla mafia".

"Il 1992 è stato per la città di Palermo il cosiddetto anno zero, l’anno della svolta socio-culturale dei palermitani", osserva a ragione Angileri. Da quell'anno fatidico e terribile ne è passata di acqua sotto i ponti. Acqua meno rumorosa ma che ha eroso in maniera significativa i macigni sulla coscienza civile della gente. Ma forse non è ancora abbastanza, come sostiene I.M.D., c'è ancora una parte di palermitani a cui "non importa nulla dei grandi misteri di questa città, anzi ritengo che molti non sappiano neanche che certi eventi e certe tragedie siano esistiti e siano in qualche modo collegati in un’enorme trama che ha influenzato e influenza tutt’oggi  la vita di ciascuno di noi. Forse perché sono indolenti, o ignoranti. Oppure perché semplicemente “sopravvivono” invece di vivere, credo che molti non vogliano conoscere la verità. Di contro, a Palermo c’è anche una parte viva e in continuo movimento, fatta soprattutto di giovani che cercano il loro spazio, che provano a dare valore alla loro identità, e quindi si informano, studiano e vogliono conoscere e capire il loro passato recente per essere cittadini migliori di una città nuova, senza mafia né mafiosi. A loro va il mio pensiero, su di loro poggia la mia speranza di un futuro migliore".

Si può dire che Palermo sta attraversando un periodo di passaggio, sospesa tra passato e futuro, vecchie metastasi sociali e nuova linfa vitale. A tirare le somme ci pensa un I.M.D. molto cauto ed estremamente realista: "Palermo non mi sembra granché cambiata dai “ruggenti” anni settanta-ottanta in cui la sera, nei locali chic della città,  incontravi i figli dei “potenti” di ogni schieramento, quelli con i cognomi altisonanti e non, che facevano baldoria sino a tardi bevendo Moet & Chandon. Una novità, forse, è costituita dall’incontrare alcune volte nomi importanti della politica locale e nazionale e vederli senza le auto blu di scorta, ma solo in compagnia di un fidato autista e qualche bella donna, chiaramente non di famiglia. Cosa che fa un certo effetto.

Immaginatevi un Vito Ciancimino o un Salvo Lima bere fino a tardi, fare caciara e magari essere scovato davanti a una striscia di coca. Qui sarebbe stato possibile, all’epoca, secondo voi? Certamente no. Ma in fondo la sostanza non cambia, questa città non cambia. Certo, Cosa nostra non è più forte né platealmente presente come lo era in passato: i ragazzi di Addiopizzo, Libera, Fascio e martello, e altri ancora, hanno scosso l’opinione pubblica e le istituzioni; il mondo dell’imprenditoria si è dato nuove regole e ha preso posizioni nette contro chi chiede e chi paga il pizzo; le forze dell’ordine fanno continui arresti nonostante i tagli; di latitanti importanti non ne è rimasto quasi nessuno nella provincia palermitana, perché tutti sono stati tutti arrestati dalla mitica Catturandi. Insomma, segni di ripresa ce ne sono, ma purtroppo credo che la strada sia ancora in  salita: ci vuole un forte rinnovamento culturale e morale che parta dalla politica e che pian piano coinvolga tutti i componenti della collettività".