Il postulato alla base di questo articolo è che esiste una tendenza nel noir italiano recente che lo porta verso il thriller d’azione e intrigo. I tratti formanti di tale tendenza, esemplificata qui per comodità da tre opere dei tre autori citati (Confine di stato, Nel nome di Ishmael, Romanzo criminale) sono abbastanza chiari a qualunque lettore e non richiedono spiegazioni ulteriori.

Ne riassumiamo schematicamente alcuni per dare un minimo di concretezza alla nostra prospettiva. Qui di seguito alcune delle caratteristiche comuni a tutte e tre le opere considerate e al modello (la trilogia di Ellroy):

• l’ambientazione ‘storica’, dove per storia si intende la storia recente, dal secondo dopoguerra fino agli anni Settanta-Ottanta. Questa ambientazione fa da sfondo, i fatti di cronaca vengono intrecciati da tutti e quattro gli autori con la finzione romanzesca e cioè sia con l’interiorità dei loro personaggi (inventati) sia con le peripezie dei medesimi e degli antagonisti. Tale intreccio di fact and fiction è un altro punto saliente della tendenza;

• la coesistenza di cronaca e invenzione narrativa serve ad aumentare l’efficacia del racconto: utilizzando fatti reali, spesso cruenti e dolorosi (attentati terroristici, omicidi, guerre), l’autore mira a colpire il lettore in modo più profondo parlandogli anche della realtà, una realtà finalizzata comunque alla ‘resa’ della trama, alla sua efficacia;

• il linguaggio gergale, derivato dallo slang ellroyano, tradotto in italiano soprattutto mediante una punteggiaura che imita i titoli di giornali e riviste.

Non essendo in alcun modo riproducibile il registro utilizzato sistematicamente da Ellroy, poiché in italiano non c’è una sotto-lingua condivisa a livello nazionale che trascenda i dialetti e i regionalismi, ogni autore ha un suo modo di rendere questo ‘montaggio’ verbale (il termine cinematografico è deliberato): Sarasso è quello che più apertamente imita l’originale, come egli stesso ammette nei debts del suo romanzo (‘[Il mio] è un tributo da autentico fanatico. La prosa di Ellroy ha ispirato tutti i miei autori di riferimento.’), mentre per Genna e De Cataldo il discorso andrebbe ampliato ma non è il caso di farlo qui, dal momento che la discussione prenderebbe troppo spazio ci farebbe uscire dal tema dell’articolo;

• la tendenza a virare verso il thriller, cioè verso un’esternalizzazione della vicenda. Anche quando l’autore dà rilievo a pensieri ed emozioni dei personaggi, lo fa principalmente per aumentare l’impatto delle loro traversie piuttosto che per dare consistenza drammatica alla vicenda. Consistenza drammatica che era invece elemento portante del noir ‘puro’, come si è visto nei precedenti articoli su Camus, Viel, Arriaga e altri. In buona sostanza è in questo che consiste la ‘virata thriller’ di cui stiamo parlando: nel privilegiare l’efficacia della trama (azioni esteriori) invece della consistenza soggettiva dei singoli personaggi (interiorità), la quale è finalizzata alla presa della prima sul lettore.

Questa ricapitolazione sommaria serve qui a identificare questa tipologia o tendenza, senza per questo volerne dare un’analisi approfondita o esauriente. L’intento dell’articolo è evidenziare quali siano le conseguenze di tale tendenza e in che modo essa influenza il genere.

Definendo ‘tendenza-thriller’ questo modo di scrivere il noir si anticipa già la risposta alla tacita domanda circa le implicazioni della tendenza stessa: il noir, genere eminentemente individuale-soggettivo-interiore, si sposta verso aspetti più sociali-fattuali-esteriori. Proviamo a elaborare e riformulare quanto appena detto.

Il singolo personaggio è tradizionalmente al centro del noir in quanto individuo, in quanto soggetto; se vogliamo, in quanto persona. Ciò che crea la storia, in questa forma tradizionale, è la tensione drammatica intesa come dissidio interiore, lotta alle proprie paure, ai propri limiti, alla propria vulnerabilità e mortalità. Gli esempi che si possono trarre dalle opere viste negli articoli apparsi in questa rubrica sono svariati: dal Meursault del già citato Camus al Renzo Madralta di Limardi, al Lionel Essrog di Motherless Brooklyn di Jonathan Lethem. Sono tutti protagonisti di storie che hanno al centro la soggettività e la vicenda personale dei personaggi stessi. Ciò che è in gioco qui è l’esistenza stessa del singolo, la sua identità, il suo futuro, i suoi sentimenti o la sua sanità mentale, o tutto ciò allo stesso tempo. È questo modo narrativo che io ho definito noir fin dall’inizio. L’argomento di questo intervento è la deviazione del genere da questa falsariga o assunto di fondo, deviazione che negli ultimi anni è andata sempre più prendendo piede e ci ha dato romanzi, come i tre citati sopra, di buona riuscita.

Nella versione thriller-sociale-esterna (opposta a quella noir-individuale-interiore), il personaggio è protagonista non in quanto soggetto ma principalmente in quanto elemento del mosaico che compone la vicenda narrata, cioè nella misura in cui i suoi atti e la sua personalità servono alla storia, alla suspense, all’efficacia dell’intreccio, all’impatto della trama.

 

È la differenza, per esempio, fra l’Andrea Sterling di Sarasso e il Manuel del Bufalo della notte di Guillermo Arriaga (rubriche/6384/). Sterling viene dotato di un passato doloroso e sorprendente (la malattia mentale e la successiva riabilitazione dal manicomio) che si adatterebbe perfettamente a un’impostazione da noir tradizionale, in virtù della quale si costruirebbe il romanzo sulla sofferenza e la scissione che il protagonista deve patire per condurre una vita regolare e funzionare nella società dei ‘normali’.

In Confine di stato, però, non è questo aspetto a essere sviluppato e messo al centro della narrazione: anzi, esso rimane in disparte come semplice background e ciò avviene perché all’autore non interessa scrivere un dramma a tinte nere sulla schizofrenia e la violenza, bensì mettere in scena un plot ad ampio raggio che coinvolga un certo numero di personaggi co-protagonisti e che vada a formare una sorta di controstoria o controcronaca della storia italiana recente. Questa controstoria non si propone mai come insegnamento o approfondimento e nemmeno come rielaborazione poetico-drammatica della realtà fattuale, ma resta saldamente ancorata all’intrattenimento come scopo ultimo della scrittura. In questo modo, se vogliamo, il noir abbandona ogni velleità letteraria e diventa intreccio d’azione, movimento-meccanismo creato dal conflitto delle volontà dei diversi personaggi e delle forze in gioco.

Lo spostamento verso il thriller d’azione, influenzato e ispirato dalla trilogia di Ellroy, sta avendo in Italia effetti interessanti soprattutto per la rivalutazione che viene fatta della storia e della cronaca degli ultimi decenni, ora fonte di materiale romanzesco che può dare una qualche autonomia al noir italiano rispetto ai modelli americani. Soprattutto in Genna e De Cataldo, per restare agli autori qui considerati, si intravede questa possibilità: che le vicende reali utilizzate per dar corpo al racconto non rimangano espediente narrativo meccanico ma diventino momento di riflessione su eventi e persone che hanno plasmato la realtà attuale.

Tale riflessione è però completamente assente nell’originale. La trilogia Underworld si è conclusa quest’anno con la pubblicazione di Blood’s a rover, romanzo non brillante che sembra essere piuttosto una continuazione di Sei pezzi da mille e non aggiunge niente di nuovo né al talento indiscusso del suo autore né ai contenuti della serie stessa. Nonostante alcuni dei protagonisti acquistino, specie nel finale, una certa consistenza, il romanzo rimane nettamente nel solco tracciato dal precedente e continua nell’utilizzo delle vicende reali a scopi intrattenitivi.

Si potrebbe allora ipotizzare che il nero-thriller è arrivato al termine della sua parabola evolutiva e che non rimane più molto da dire, se anche il maestro è finito a riscrivere senza troppa immaginazione seguendo il modello già delineato. Se l’intuizione è corretta, diventa ora interessante vedere come gli autori nostrani riusciranno a reinventare la tendenza personalizzandola e adattandola alla realtà italiana.