Ci fai un resoconto stile giornalistico della storia di Balkan bang!, dall’ideazione alla genesi alle previsioni per il futuro?

Inizialmente, Balkan bang! è nato in un’indefinita ambientazione americana e con un altro titolo, ma dopo la prima stesura ho capito (anche grazie ad alcuni amici) che non si può scrivere un romanzo senza conoscere bene l’ambientazione che si vuole usare. E ai Balcani, come uno stupido, non ci avevo mai pensato. E dire che ci sono quasi nato. Il problema è che molte volte ci s’incaponisce a cercare soluzioni “esotiche” perché si pensa siano più appetibili per il lettore e invece non è così. Le cose interessanti le abbiamo a portata di mano, sempre.

Così ho riscritto tutto mantenendo gran parte della trama, che mi sembrava buona. Finito il confezionamento, ho spedito il manoscritto a Luigi Bernardi (che avevo conosciuto un paio d’anni prima, via web, per un’intervista che gli avevo propinato). A lui è piaciuto ed è andata. One shot, one kill. Il successo (di critica) di Balkan bang! è stato immediato e mi ha fruttato la sua futura ripubblicazione (2010) per Mondadori, un contratto con Baldini Castoldi Dalai, la finale al Premio Letteratura Gialla di Camaiore, gli elogi di Giuseppe Genna su Carmilla (on line), molte recensioni positive, la partecipazione a Lama e Trama 2009 come giurato e la possibilità di conoscere un sacco di persone (lettori e autori, molti dei quali sono diventati amici) alle presentazioni e ai festival.

Ti chiedo di trascendere il discorso puramente geografico. Qual è lo shining della tua città e quanto ha influito sulla tua fantasia in generale.

Trieste è una città bellissima, vivibilissima, ma molto chiusa in se stessa. É una città vecchia, ancora molto legata al suo lungo (500 anni) e fastoso passato asburgico, se non altro perché il passato prossimo e il presente italiano non ha offerto molto, anzi, le ha tolto un sacco di opportunità. Questa, però, è una storia sulla quale si potrebbe scrivere un tomo da mille pagine.

Da Trieste a Sarajevo. Tre difetti e tre pregi che rendono Sarajevo una città letterariamente appetibile.

Pregi:

É un territorio narrativamente ancora inesplorato,

è ricca di storia,

è multi-etnica e multi-religiosa.

Difetti:

É stata ed è ancora sede di conflitti infiniti,

è un naturale crocevia geografico di traffici illeciti da Est verso Ovest,

è povera economicamente, quindi un incubatore naturale di illegalità.

Nel tuo romanzo si ritrovano tracce di arti convergenti: narrativa, cinema, fumetti, oltre a diversi generi a volte apparentemente contrastanti: intrattenimento, dramma, pulp, il tutto ad  azione e  dialoghi incalzanti. Come sono stati dosati?

Per me la parola “intrattenimento” è la più importante. Io voglio che il lettore si diverta (che, ovviamente, non vuol dire necessariamente ridere) e voglio che lo faccia in modo intelligente.  Per ottenere questo risultato ho inserito nel romanzo dei momenti di riflessione (dei personaggi) su questioni morali ed etiche, qualche tono da commedia drammatica, le battute divertenti, il pulp e l’azione. E poi, queste sono le cose che io amo e delle quali mi sono nutrito da sempre, e quindi è naturale che scaturiscano nel momento della scrittura. E poi, diciamolo, la narrazione è un filo ininterrotto che si dipana verso il futuro, da Omero in poi, anzi, da molto prima, dalle mitologie egizie, sumere, eccetera.

Ogni scrittore non fa altro che pescare storie dal passato e rielaborarle secondo il suo gusto e la sua personale interpretazione della vita moderna.

Riguardo al dosaggio dei diversi generi presenti nel romanzo, non so dirti esattamente come avviene. Per fare una metafora, direi che il mio cervello è una specie di mixer nel quale entrano un sacco d’ingredienti e ne esce una crema buonissima che è il romanzo. 

Ancora Balkan bang!. Violenza, sesso, criminalità e, come hai dichiarato tu stesso, una volgarità nel registro che è specchio di un altro livello di volgarità. Cos’è la volgarità? Perché se vi si ricorre nella maniera giusta, la volgarità, che nella vita di tutti giorni è riprovevole, in letteratura acquista un senso più alto?

Nella vita reale, la volgarità spesso è celata da una patina di perbenismo. In fondo, un uomo in doppio petto può sembrare volgare anche quando sta zitto. Tutto dipende dai suoi atteggiamenti, dalle sue espressioni e da quello che sappiamo di lui. Insomma, per essere volgari non occorre usare la parola cazzo in ogni frase, ma basta dirla una volta sola nel momento giusto (cioè sbagliato). Viceversa, conosco persone che pur usando il turpiloquio a piè sospinto, non le percepisci come volgari, ma affibbi loro una connotazione naif che spesso risulta pure simpatica.

I personaggi di Balkan bang! sono talmente esagerati, così oltre nel loro essere staccati dalla nostra vita di tutti i giorni, che se non gli avessi messo in bocca le volgarità e non gli avessi attribuito certi comportamenti, sarebbero sembrati finti. Invece, esagerando, paradossalmente li ho resi più reali, più accettabili se rapportati al loro contesto. Teniamo comunque presente che Balkan bang! non è un romanzo che ha la pretesa di essere una cronaca della realtà, ma è una crime-fiction dai contorni neri e pulp. Proprio per questo viene da sé la necessità di un forte impatto lessicale ed espressivo.

Leggendo il tuo libro si evince quanto tu sia un appassionato di cinema e fumetti. Vogliamo dei nomi dei tuoi registi di riferimento e dei tuoi autori/disegnatori/eroi.

Ti segnalo quelli che in qualche modo (magari solo nella mia mente-mixer) hanno a che fare con Balkan bang!:

Registi: Tarantino, Rodriguez, Woo, Peckinpah, Leone

Film: Pulp Fiction, The Boondock Saints, The Snatch, qualche poliziottesco.

Serial: Police story, The Shield

Autori: Leonard, Lansdale, Manchette

Fumetti: Sin City

Cosa ti affascina, cosa ti dà la carica e cosa invece ti scoraggia del tuo mestiere di scrittore?

Raccontare una storia, inventare mondi e creare personaggi è una cosa affascinate di per sé.

Ciò che mi affascina di più, però, è l’idea di partire con una scena in testa per poi farla crescere fino a che diventa un romanzo: questo processo creativo racchiude in sé una magia particolare che ha a che fare con la vita.

La carica, invece, me la dà il lettore soddisfatto, la critica positiva e l’introito in denaro. L’ultimo, però, non l’ho ancora visto….; )

Mi scoraggia (ma fino a un certo punto però, perché io sono uno che non si abbatte facilmente) vedere brutti romanzi che scalano le classifiche grazie alla forza del marketing. Qui, però, devo fare una precisazione perché non voglio essere frainteso: io non sono contro il marketing, sono contro i brutti romanzi. Alla fine, potrei dire che mi scoraggiano le case editrici che pompano certi obbrobri senza considerare il fatto che potrebbero ottenere lo stesso successo di vendita (o di più) con autori molto più bravi e preparati, che invece vengono ignorati o trattati alla stregua di “macchine da scrittura” e ai quali vengono imposti canoni commerciali ormai obsoleti. In particolare, mi fa arrabbiare che in Italia non si osi sperimentare a livello di mercato di massa.

Ci fai una piccola anticipazione del sequel di Balkan bang!?

La storia partirà da Mostar (Herzegovina), approderà a Trieste e sarà comunque una lettura indipendente da Balkan bang!. Ritornerà qualche vecchia conoscenza (scelta tra quei pochi rimasti vivi) e ci saranno nuovi personaggi, anche italiani. La storia sarà adrenalinica, vagamente impegnata politicamente, divertente e violenta al punto giusto, as usual. Uscita prevista per fine 2010.

Altri progetti?

Proprio in questi giorni sto finendo la prima stesura di un nuovo romanzo che uscirà nella prima metà del 2010 per Baldini Castoldi Dalai. Il titolo provvisorio è Mano Nera. Brrrrrrr!