Spesso accade che alcuni autori, dopo aver scritto un’opera di una certa originalità e che ha riscosso notevole successo, cadano nella solita trappola costituita da una commistione di ripetitività e autocompiacimento. La prima scatta quando si tentano di replicare gli stessi fattori che hanno fatto il successo della loro opera più popolare, finendo per seguire il solito leitmotiv che sa tanto di déjà vu; la seconda, invece, viene fuori quando si esasperano quelle stesse caratteristiche di cui sopra.

Fortunatamente, Jeffery Deaver non si fa influenzare da questa patologia che affligge la creatività di molti scrittori. Almeno non del tutto!

Se si vanno a leggere i libri del sopraccitato romanziere a partire da Il collezionista di ossa, si nota si che la struttura dei suoi romanzi è alquanto simile, ma si intuisce anche che vi è sempre un tentativo di rendere essi l’uno differente dall’altro.

Purtroppo, però, il rischio è sempre in agguato e per scongiurarlo il celebre autore americano ha deciso di cambiare strada: basta (almeno per il momento) con il burbero Lincoln Rhyme e con l’avvenente poliziotta Amelia Sachs. Stop ai metodi rigorosamente scientifici seguiti dai due.

Piuttosto, ridiamo spazio alle vecchie e care maniere, più conformi ad investigatori del calibro di Poirot e Maigret, quelle che richiedevano l’utilizzo del cervello e di null’altro.

Così, ecco spuntare Kathryn Dance, agente del California Bureau of Investigation, esperta in cinesica, ovvero in grado di interpretare il linguaggio non verbale e di capire se le persone dicano o meno la verità. La donna ha già fatto la sua comparsata in un romanzo di Deaver, proprio al fianco di Rhyme e Sachs.

Ma questa volta, guadagnatasi la fiducia del suo autore, appare in un romanzo tutto suo, dal titolo La bambola che dorme.

La storia è quella di Daniel Raymond Pell, il cosiddetto figlio di Manson, criminale tanto carismatico quanto pericoloso ed astuto. L’uomo, insieme a un suo adepto, ha sterminato un’intera famiglia e, mentre sconta la sua pena in carcere, viene nuovamente processato poiché alcuni indizi lo collegano ad un altro delitto irrisolto risalente ad alcuni anni prima.

L’assassino viene perciò interrogato dalla nostra eroina che, sfortunatamente, comprende in ritardo le intenzioni del malvivente, il quale, in una maniera o nell’altra, riesce ad evadere dal tribunale.

Inizia così una caccia all’uomo che ha il merito di dare vivacità a un romanzo che, per parecchie decine di pagine, era stato troppo lento e noioso, ben al di sotto degli standard deaveriani.

A questo punto, le pagine scorrono rapide, il ritmo è finalmente serrato e s’intravede una buona dose di suspense.

Ma, soprattutto, ritorna a galla la grande abilità dell’ex avvocato statunitense nel rappresentare i personaggi e in maniera particolare i cattivi: come sono stati resi indimenticabili gli antagonisti de “Il collezionista di ossa” e “Lo scheletro che balla”, personaggi fortemente caratterizzati ed affascinanti, così, anche ne “La bambola che dorme”, il signor Pell è un personaggio ricco di sfumature, inquietante ma intrigante, con un carisma ed uno charme ben evidenti.

Ciò, ovviamente, concorre ad alzare il livello di un libro che, se come gli altri scritti di Deaver pecca un po’ all’inizio, trova il suo massimo nel finale, nelle ultime pagine, quelle che, come al solito, sono ricche di colpi di scena e di avvenimenti inaspettati.

Purtroppo, però stavolta il virtuosismo delle altre opere non viene raggiunto: seppur il romanzo sia un thriller più che godibile, non riesce a essere tanto interessante quanto i suoi predecessori: manca, infatti, quel quid che ha reso impagabili alcuni dei romanzi più riusciti di Deaver.

Viene da domandarsi, allora: meglio cadere nella solita trappola di cui sopra, pur di ottenere qualcosa di migliore?