Prima parte

Call of Chtulhu è un nome che oramai pochi non conoscono; e ci si potrebbe perdere facilmente nell'immenso e immaginario mondo creato da H.P. Lovecraft, “il massimo scrittore fantastico del ventesimo secolo” - cito, ma condivido pienamente l'opinione – se non si sfoltisse il vastissimo argomento. Tuttavia cercheremo di trattare solamente la parte che riguarda il gioco di ruolo di Call of Cthulhu, ideato, in ogni modo, da un fan sfegatato di Lovecraft di nome Sandy Petersen. Gli appassionati di videogame probabilmente avranno già sentito parlare di Petersen, in quanto è autore e coautore di giochi come Wolfestein 3D, Doom, Quake e molti altri ancora. Ma nel 1981, insieme a degli amici, crea il gioco di ruolo basato sulle storie create da Lovercraft. Queste novelle, trattano argomenti insoliti, ma quanto mai attuali sia prima che ora e girano attorno al sentimento della paura. La paura scrive Lovecraft: “è il sentimento più forte e antico dell'animo umano, e la paura più grande è quella dell'ignoto”; ecco perché i protagonisti di questo gioco sono investigatori dell'ignoto.

L’ignoto fin dall’inizio ha sempre attirato l’uomo; l’ignoto è come una droga che l’uomo teme, ma di cui non può assolutamente fare a meno. Ecco perché i protagonisti di questo gioco sono di giorno normali professionisti, ma la notte si trasformano in avidi cercatori di mistero; del lato più oscuro del mistero l’occultismo. Personaggi al limite della ragione umana, che rischiano con la loro fame di conoscenza di divenire completamente pazzi e di finire in manicomio; e questo, purtroppo, spesso accade. La morte in questo gioco alita sul collo dei personaggi, vittime di un vortice di emozioni e mostri da far accapponare la pelle. Ma la conoscenza della magia adombra la ragione umana e trasforma gli uomini in veri e propri mostri; perché le creature create da Lovercraft non sono altro che i nostri peggiori incubi, descritti con minuzia di particolari dall’uomo più sensibile del mondo.

Call of Cthulhu non è un gioco per tutti; soprattutto non è un gioco per protagonisti, perché l’unico protagonista è il terrore che corre dietro ai personaggi che si credono eroi, ma sono eroi destinati ad una sconfitta inevitabile.

Qualcuno si chiederà che gusto c’è? Il gusto sta nell’entrare nella parte, nel vivere la paura come se fosse reale; nel soffrire con il proprio personaggio sempre più vicino alla conoscenza delle verità di un mondo nero, che si nasconde dietro l’angolo. Dietro l’angolo di un vicolo buio dove esiste un’ombra spaventosa, un rumore incomprensibile, un mostro immaginario che è talmente reale d’avere le sembianze della morte; perché è la vita dopo la morte che ha sempre calamitato l’uomo verso la conoscenza del mistero.

Che gusto c’è, quindi, nel provare ad immaginare la morte? Lo stesso che si ha nel gettarsi con un elastico da un ponte; la sola differenza è che, se si è bravi, lo si può provare seduti comodamente nel proprio soggiorno.