Mi sono avvicinato con una certa diffidenza al libro. Copertina a prima vista un po’ ruffiana, frasettine brevi e sottili l’una dietro l’altra (dopo un po’ mi rendono nervoso). Bambina che sta per correre un grosso pericolo da sola nel bosco. La solita storia di violenza, magari pure strappalacrime e la solita detective sfigata, mi sono detto. Eppure ho continuato la lettura di Io ti perdono di Elisabetta Bucciarelli, Kowalski 2009, in una delle abituali librerie di Siena per un bel pezzo guadagnandomi il sorriso compiaciuto della commessa.

Al centro di tutto l’ispettore milanese Maria Dolores Vergani chiamata da un sacerdote di un paesino della Val D’Aosta. Bambini che spariscono, violentati e rilasciati, violentatore che confessa i suoi peccati a Don Paolo. Resti di ossa di una giovane donna trovati in un’area industriale di Milano a complicare una vita già complicata.

Dunque Maria Dolores Vergani psicologa quarantenne radiata dall’Albo per un suo sbaglio che lascio in sospeso. Sensi di colpa e un odio insanabile verso la madre che l’ha abbandonata lasciandola a genitori adottivi. Sua storia tribolata nei cosiddetti anni di Piombo. Il padre adottivo, Direttore di uno stabilimento automobilistico, sotto scorta. Paure e piccoli scongiuri. Viene su forte, sicura, severa, corazzata come una campana d’acciaio, sua bestia nera le emozioni che la avvolgono da tutte le parti (per evitarle si muove come un Cavallo sulla scacchiera) e dunque sensibile, seppure fidanzata, al fascino degli altri uomini. Soprattutto se musicisti o poliziotti. Chitarra e pistola. Parole, parole, parole, sogni, emozioni, trasporti, l’amore e il desiderio di amore che si insinua in ogni momento della vita. Sesso al punto giusto. Bello e passionale. Ma anche il male del mondo, il marcio, il degrado, la violenza, la prostituzione, la rabbia, l’odio. Il perdono. Quello celeste e quello umano. Difficile da praticare. Troppe cicatrici dentro.

Capitoletti brevi, scrittura veloce, martellante, spesso monotona e triste come le litanie che da ragazzo sentivo in chiesa. Qualche istintiva citazione (l’affannoso petto), il caso di Trinciacapelli ad inserire una nota grottesca. Quadretti di vita paesana che rimandano a certe antiche pitture ad olio. Colpo di scena finale.

Un libro attento. Misurato e sofferto. Un buon libro.

P.S.

Ora però un invito a tutti gli autori, maschi o femmine che siano, a creare qualche detective lady spensierata e giuliva come la vispa Teresa.