L’albero di Natale

– Sì, sì, sì … una donna. –

– Una donna? –

– Sì, giovane, bellissima, nuda, soffocata … soffocata. –

– Soffocata, come? –

– Un fallo, un enorme fallo, di legno …oddio, no … sotto l’albero di Natale, proprio oggi, la vigilia, mio dio. –

La minuscola unghia del mio indice destro andava a tirare quei fili setosi dai colori vivaci che avvolgono le fragili palle con cui addobbavamo l’albero di Natale. Ancor più mi piaceva grattar via quei néi bianchi, a voler sembrar neve, dalle palle di vetro specchiato. Ogni anno, non appena si ripetevano i gesti propedeutici alla preparazione dell’albero, ero il primo a prender posizione in quella parte della sala dove sarebbe stato allestito.

MeriGio scendeva nelle cantine a prendere gli scatoloni con gli addobbi ed io ero già al mio posto. L’albero lo sceglieva mio padre ed a portarlo in casa provvedeva Giustino, il guardiano.

A quel punto non resistevo più. Le mie mani iniziavano a muoversi da sole, una convulsione irrefrenabile; c’erano, in particolare, ricordo, degli addobbi di vetro dalle forme più diverse: lo sciatore in rosso, il fungo colorato innevato, i tre pini verdi, il babbo natale con la barba bianca, come non toccarli, grattarli, lasciarci riverberare la luce delle lampade, irraggiare fasci colorati, ma … oh … pumfete.

– Andrea, cosa hai fatto?, rispondi a mamma. –

– Niente. –

– Come niente, cos’è stato quel rumore? Spero tu non sia di nuovo a rompere gli addobbi di Natale, sai che non voglio. –

– No, ecco, mamma, non è stato … sì, ma non l’ho fatto apposta … no, ti prego, non mi picchiare. –

– Senti, Andrea, secondo te chi è questa donna e chi è stato ad ucciderla? –

…tanto non glielo dirò mai all’analista che sono stato io ad uccidere la mamma.

Vigilia di Natale

Dling, dling. Gingle bells, gingle bells, gingle all the way…

–  Si accomodi, prego, stavamo appunto … –

– … stavamo appunto iniziando a cenare – tagliò corto mio padre.

–  Scusate, non volevo disturbare, si usa passare la vigilia per gli auguri; e per conoscersi meglio, in chiesa non vi si vede spesso … –

– E poco mi vedrà, non ho tempo da perdere io, giusto Antonia, che da fare ne ha meno. –

– Sempre alla casa del popolo questo senzadio – sibilò la mamma.

– E lei, che porta quello sciagurato di Luigi all’oratorio, gliel’ho detto, se ti vedo io, sono botte – ribatté il babbo.

– Ma venga, suvvia, non se n’abbia, si sieda a tavola con noi – l’invitò la mamma.

–... che poi non andiate a dire che noi comunisti affamiamo il clero e lo costringiamo la vigilia … –  incalzò il babbo.       –... ah, ecco anche il genio di casa, Luigi. –

– Vi ringrazio, non offendetevi, come avessi accettato, un’altra volta, con piacere. –

Don Giuseppe Tozzi, così buono, disponibile. Lo conobbi quella sera, il 24 dicembre del ‘54, e poi…

"... lei conferma quanto nella sua deposizione del 14 gennaio ‘72, in cui dichiarava che la sera del 12 dicembre 1971 l’uomo che vide uscire dalla sua casa paterna alle ore 23,00 circa era con certezza assoluta il  Giuseppe Tozzi e che lo stesso, sconvolto e coperto di sangue su tutto il corpo, impugnava un coltello simile a quello mostratole dal cancelliere?"  domandò monotono quell’uomo basso che stava oltre quel bancone alto e brutto.

" Confermo."

"Con la deposizione resa ieri da Luigi Fattori, figlio delle vittime, si è chiuso il processo per il  fattaccio di Vizzano. I corpi di Giovanni e Antonia Fattori furono rinvenuti, privi di vita e orribilmente mutilati, dal figlio Luigi la sera del 12 dicembre 1971 al suo rientro a casa. In particolare aveva colpito la crudeltà con cui l’assassino aveva infierito sulle vittime. Giuseppe Tozzi, detto il Curato in quanto ex parroco di Vizzano, è stato condannato all’ergastolo e la sua convivente Miranda Fattori a 14 anni di reclusione per …  "

– Ero innamorato, dottore. Per un po’ tutto era andato liscio, poi lui cominciò a chiedermi di non farmi vedere la sera in canonica, a rifiutare di fare sesso con me … capii che qualcosa doveva essere avvenuto. Zia Miranda e il bel pretino. Dovevano pagarla, tutti. –

– Tutti, capisco, ma perché anche tua madre ? –

– Ah, proprio lei, ma se è stata ben lei a mettere la cognata nel letto di Giuseppe per riavermi tutto per sé. –

– E a quel punto tu hai inscenato... –

– Ho detto a Giuseppe che mio padre aveva bisogno di parlargli immediatamente, che venisse a casa nostra, che l’avrei atteso, che non dicesse niente a Miranda … ma quest’anno per la vigilia di Natale, dottore, posso mangiare anch’io con gli altri o dovrò restare in cella da solo? –

 

Pranzo di Natale

– Sei sicuro, è arrivata stamattina?!

– Certo che sì. –

La mattina di Natale, strano – pensò Mike mentre rientrava nella sala da pranzo. Come poteva mai essere che consegnassero una lettera

… comunque,  apriamola – mormorò guardando la moglie che gli rinviò uno sguardo col tono interrogativo di chi non capisce.

 

Caro Mike,

quest’oggi sarai ucciso, per la precisione durante il pranzo di Natale. Ti auguriamo un sacco di felicità. Ah, laddove non avessi ancora capito, guarda fra i regali. Addio.

– Suvvia, a tavola, è pronto. –

– Bambini, venite … –

– No, i regali dopo, prima si mangia... –

– Caro, lo sai, i bambini preferirebbero... –

– Evitiamo le solite discussioni, ho detto prima si mangia, poi i regali! –

– Ma caro … –

– Debbo forse ripetere?! –

Non so perché, né come. Quel giorno Mike concesse che venissero aperti alcuni regali prima che il pranzo finisse, uno per ciascuno: lui, ovviamente, scelse la lettera scritta dai figli per il Santo Natale; solo che, quell'ultima volta, aperta e letta la lettera … si addormentò con uno stupito sorriso sul volto, per non svegliarsi più.

A papà, con tanto amore, i figli.

Umberto Vannucchi vive e lavora a Firenze. Ha pubblicato, con Carlo Zella Editore, I Luoghi I Giorni nel 1995 e Altre Voci, raccolta di poesie, nel 1996.

Il racconto "Il mistero della tramvia di Firenze" è apparso in Delitti per Ridere (Zella Ed., 2001) e recentemente il racconto "Ahmadou" in Antologia Gialla di Toscana (Marco Del Bucchia, 2009).