Mia madre è morta finalmente  il 26 novembre, una cerimonia discreta, a novantasette anni non ci sono più molte persone in lutto perché te ne sei andata. Negli ultimi anni ha avuto una badante …bravissima. Ora mi sta stretta al braccio e piange come una fontana. Vera, una biolorussa bionda con occhi verdi come smeraldi. È stata molto più di una badante. Mi ha tenuto in piedi la casa, io non sono sposato, e … insomma è stata molto di più di una badante. Cinquecento euro al mese: prima spendevo di più solo per quella cosa lì. Come ti guardano queste slave è qualcosa di assolutamente diverso. Ti trafiggono con lo sguardo. E come ti fanno sentire importanti, altro che le nostre qua che ormai con la parità ti hanno lasciato lo scarto e si sono prese il meglio.

Vorrei sposarla Vera, per ora non sono riuscito nemmeno a regolarizzarla. Perché Vera è furba, proprio una buonadonna. È persino riuscita a convincere un condominio di vecchi avari a decidere di fare una piscina in giardino. Sì, una piscina. Pensavo che anche per questo volesse restare con me per sempre. Invece mi presenta il conto di nove anni di badante più danni vari, ha un conteggio fatto da un sindacato quelli bravissimi a tutelare le badanti ma buoni a nulla quando resti senza lavoro tu. Poi, certo, Vera qualcuno l’ha presa a cuore. In fondo mi mangia l’unica casa che ho, quella di mia mamma, e i pochi risparmi, ma dice che mi risparmia la galera perché può accusarmi di violenza carnale, ha un paio di testimoni, una barista rumena e una colf albanese. Lo disse con loro per confidarsi e decisero che se avesse fatto la denuncia avrebbe perso il posto e, peggio, l’avrebbero rimpatriata. Il bello è che se c’è uno che è stato violentato quello sono stato io. Mi si strusciava addosso come una gatta in calore “mi piasce quando chiami me mia piscina”. Vera è così: “Dài, fasciamolo un’ultima volta come dite voi come liquidazione”. Nuda, bellissima, irresistibile “non devi prenderla miscio, io sposata in Bielorussia”.

“Sposata con cervo?”

“Tu no sai quanto noi amiamo nostri mariti: il resto è commersciale e basta”.

E tu non sai, mia piscina, quanto noi italiani amiamo casa e soldi e anche questo, come dici tu, è commersciale. Beh, sì, l’ho soffocata con il cuscino: l’ho visto fare al cinema, solo che lì le vittime scalciano di più. Esigenze scenografiche. Una faticaccia, invece,  seppellire di notte il cadavere in giardino in profondità fra grossi alberi, ma l’imperante mistica del verde impedirà per anni che si scavi lì e la sua valigia è in viaggio per la Bielorussia. Per completare, mi sono anche presentato a quell’ufficio del sindacato per transare, ma, con loro sorpresa, lei non riescono più a trovarla.

“Pazienza, comunque io abito sempre lì: se avete bisogno mi cercate”. Perfetto. Mai dormito così bene: forse ho anche una coscienza dormigliona e il mio rimorso russa persino. Solo stamattina mi ha fatto saltare giù dal letto un rumore assordante: seghe a nastro, ruspe. Mi sono affacciato in giardino, c’è il capocondominio raggiante: “ Buongiorno! Ci siamo, eh? Finalmente si parte!" “Cosa?”

Si mette le mani a cono sulla bocca: "I lavori della piscina … cominciano i lavori della piscina”. All’improvviso la ruspa si ferma. “Ehi capo, venga un po’ qua!”  fa il ruspista al capo condominio.

“Vengo. Chissà che problema c’è... Torno subito comunque”.

La mia piscina. È sepolta proprio lì.

Silvestro Gambi vive a Imola e lavora a Bologna presso la Regione Emilia-Romagna in qualità di esperto occupazionale specialista nell'impresa artigiana e nella piccola impresa. Ha sempre scritto cose di vario tipo per lo più legate ai vari lavori che gli è capitato di fare. Ha una forte formazione classica, oltre che sulle tecnologie e sulla filosofia della tecnica.