Anime Nere arrivano in edicola, in uno speciale Supergiallo Mondadori, ristampa della prima parte del grosso progetto antologico ideato e curato da Alan D. Altieri per affrontare senza riserve il lato oscuro dell’animo umano.

Il fil rouge di Anime Nere è infatti la... crudeltà!

Ma, soprattutto, arriva finalmente in libreria l’inedita seconda parte dell’antologia, intitolata Anime Nere Reloaded. Altri ventidue formidabili autori, per altrettante discese negli abissi della mente e del cuore.

Ovviamente, torniamo in campo anche noi di ThrillerMagazine. Per riportarvi cosa hanno da dirci gli autori di Anime Nere Reloaded. Abbiamo infatti chiesto i loro commenti personali sul progetto...

Franco ForteSmetti di guardare

Anime nere è stata una sfida. Perché è un progetto che coinvolge i migliori autori italiani di noir; perché è stata pensata e curata da uno degli scrittori ed editor più attivi del momento, Sergio "Alan D." Altieri, con il quale non si scherza; perché non è facile andare oltre gli schemi, oltre la propria "natura artistica", per toccare le punte estreme della narrazione, che magari non ti appartengono (o sì?). E infine perché non immaginavo che nello scrivere il mio racconto mi sarei divertito tanto com'è poi successo.

Andrea Carlo CappiA Milano non c’è il mare

Quando nacque il progetto "Anime Nere", il cui fulcro era la crudeltà, il mio primo pensiero è stato di scrivere un racconto con protagonista Carlo Medina. Mi interessava esplorare il rapporto tra un uomo che vede il delitto come uno strumento professionale - con freddezza e senza la minima ombra di sadismo - e personaggi che invece si abbandonano alla violenza sfrenata e compiaciuta... l'inutile crudeltà, appunto. E' una situazione diversa rispetto, per esempio, a "Il gioco degli specchi", l'avventura di Medina che esce questa estate nel volume Legion di SuperSegretissimo Mondadori. In quel caso, gli avversari di Medina sono un uomo che regredisce a una fase animalesca e un gruppo di persone che per il guadagno sono disposte a sacrificare chissà quante vite umane: "mostruosità" ma non "crudeltà", solo... fame e avidità a spese degli altri. Ma in "A Milano non c'è il mare", il racconto che appare su Anime Nere Reloaded, entra in gioco la crudeltà come sfogo e rivalsa, come ricerca di una sensazione di potere - di breve durata, ma esaltante per chi si trova a decidere della vita e del dolore della sua vittima - e in ultima analisi come consolazione delle proprie frustrazioni. Medina, che è completamente scevro da questo genere di sensazioni, si trova, con orrore, intrappolato da un gruppo di persone in apparenza normali... modellate in realtà su una mostruosa famigliola di potenziali serial killer che abitava sotto un appartamento in cui ho vissuto per qualche anno: gente animata da un'ideologia approssimativa ma sempre più diffusa - un misto di fascismo, leghismo e razzismo - e mossa da un delirio di onnipotenza che può arrivare a giustificare l'omicidio. Le persone del genere sono sempre di più. Stiamoci attenti...

Giacomo CacciatoreTagliata per la grande città

Mi piace lo spirito con cui Altieri affronta il suo lavoro di curatore, e non solo per quanto riguarda l'operazione "Anime nere". Sergio mostra un approccio moderno per l'Italia, ma con salde radici nella tradizione americana delle - azzardo - pulp magazines. Raggruppare un branco di anime scriventi libere, farne emergere il lato nero, o esaltarlo laddove già esisteva, e sguinzagliarle tra i lettori ben educati: e tutto questo senza paletti, compromessi né calcoli di marketing editoriale. Ecco il motivo di attrattiva, per quanto mi riguarda.

Magari molti pensano che la parola d'ordine "crudeltà" sia scontata per chi scrive noir e affini. Invece, anche per lo scrittore più scafato, è un argomento davvero difficile da affrontare in modo originale. Direi che le prospettive di originalità sono inversamente proporzionali al livello di natura archetipica dell'argomento stesso. Io, poi, ho scelto un tema che molti manuali del "perfetto autore di suspense" bollerebbero come destinato all'insuccesso: l'invidia. Pare che l'invidia sia più adatta alla commedia. E' un sentimento subito evidente, e non può finire che in due modi: con tanto sangue o con un paio di abbracci catartici. Per fortuna ho scritto il racconto proprio in un periodo della mia vita nel quale stavo vivendo un conflitto molto simile a quello che divide le due amiche protagoniste della vicenda: una brutta, ma piena di talento inespresso, mortificato dal complesso di inferiorità; l'altra bella, sicura di sé almeno in apparenza, ma senza un briciolo di creatività. E' una vecchia storia: l'erba del vicino, anche se cimiciosa, è sempre più verde.

Giuseppe LippiTira il grilletto, Malaparte

Non mi hanno mai strappato un occhio. Mai schiacciato i testicoli, mai fatto subire (finora) una violenza carnale. Ma allora, come ho potuto scrivere un racconto per Anime Nere Reloaded, che è manifestamente un'antologia della crudeltà? Il mio problema stava appunto in questo: come mettere piede nell'olimpo nero senza dover versare fiumi di sangue né far ricorso a memorie esecrabili che per fortuna non ho. L'ho risolta parlando delle mie paure, che riguardano in gran parte il sadismo e la barbarie oggi così di moda; non a caso la violenza del mio racconto "Tira il grilletto, Malaparte" aleggia tutto intorno, si respira nell'aria ma per il tempo che si svolge l'azione non è presente, o è presente solo in forma d'ansia. Il mio impegno con me stesso è consistito nel costruire la storia di un assassino che in fondo ha paura di esserlo. In questo modo io, che sono uno spettatore tanto pavido da turarmi le orecchie quando al cinema sparano in surround, ho potuto inscenare la storia di un killer che non vuole sentire i botti delle pistole, e l'ho ambientata a Napoli come già un'altra mia storia precedente ("Il lago d'inferno", in Urania n. 1500). Quest'ambientazione non è casuale perché, pur non essendoci nato, io sono napoletano e ho usato il losco protagonista del racconto per fare con lui una passeggiata al Vomero. E' il quartiere in cui sono cresciuto e lo stesso nel quale non hanno voluto affittare un appartamento a Roberto Saviano, ma questi sono dettagli... La passeggiata comincia in via Carelli, dove c'è il cinema Arcobaleno, e continua giù per lo stadio Collana in piazza Quattro Giornate, poi risale via Gemito e va verso l'Arenella, ma prima di arrivarci si ferma ad Antignano. Più tardi riprende per destinazione Fuorigrotta, ma come il lettore vedrà a questo punto la geografia si fa più sfumata perché io sono e resto un vomerese, come il personaggio di Attilio Veraldi. Ecco perché non considero "Malaparte" una discesa all'inferno come dice, bontà sua, il mio amico Sergio Altieri, ma una discesa a Napoli, la città della mia infanzia e prima giovinezza, alla quale niente potrà strapparmi. Considerate le sofferenze che patisce da anni, e la terribile situazione di questi ultimi mesi, il mio senso di lealtà non può che aumentare. Per me, e nonostante la paura,"Malaparte" è un modo come un altro per fare una gita in paradiso.

Cristiana Astori… Ti piace il sangue?

Non appena Sergio mi ha proposto di partecipare al progetto Anime Nere, non so perchè mi è venuta subito in mente una storia di vampiri. C'erano però due problemi. Intanto, a parte le avventure di Axl Reverte, io non scrivo storie di mostri. Non perchè non mi piacciano, anzi. È che la mia idea è quella di snudare quanto c'è di più orribile, spaventoso e meschino nella quotidianità, non solo per motivi di critica o di denuncia, ma fondamentalmente perchè mi fa stare bene. Lo trovo catartico. I miei horror sono sul versante psicologico-realistico, più Edgar Allan che Howard Phillip, per intenderci. Tutto questo per dire che parlare di vampiri diventava un casino. Rischiava di non c'entrare nulla con quello che mi piace raccontare. Per di più, avevo riflettuto per bene sulla definizione di Krudeltà (con o senza K) e lì è venuto fuori il casino più grosso. Il vocabolario Zingarelli 2006 definisce "crudele" una persona che non prova pietà o rimorso nel procurare sofferenza agli altri". Credo però che il concetto alluda a qualcosa di più. La GRATUITA'. Infatti un leone che ammazza una gazzella non è crudele, ha solo fame. L'uomo soltanto è capace di ammazzare per gioco. Comincia ad allenarsi da piccolo, tagliando la coda alle lucertole e bruciando i formicai, poi diventa grande... Insomma, l'Anima Nera d.o.c. Come la vedo io non è crudele per vendetta, per amore o per soldi. È crudele perchè GLI VA. Perchè amore, soldi e tutto il resto non le mancano. E allora si annoia da morire e deve far qualcosa per ammazzare il tempo. È stato qui che per un istante ho visto crollare il mio sogno di scrivere una storia di vampiri: Dracula succhia il sangue per sopravvivere, dunque non è crudele. Che nervi. Ero seccatissima, perché sta storia di vampiri non riuscivo a togliermela dalla testa. Poi mi è venuta un'illuminazione. Non raccontare di mostri autentici, ma di giovani finti. Che paradossalmente nella nostra società sono i più veri. Carnefici viziati firmati Dolce & Gabbana che scrutano le loro prede come si fa con il nuovo modello di iPod in vetrina e si fanno fare i canini appuntiti per essere più cool. Insomma, il mito del vampiro preso a prestito da anime narcisiste e griffate che si divertono a vivere una vita maudit e sopra le righe. Che non succhiano il sangue per sopravvivere alla morte, ma al tedio della loro stessa esistenza fatta di locali pseudo-alternativi e ville con piscina e telecamere a circuito chiuso. Una storia cinica e caustica, nerissima, in cui non sembra esserci spazio per i sentimenti. Ma, come dice Benni, prima o poi l'amore arriva. Ti strappa il cuore e se lo mangia, dopo averlo inzuppato nel sangue e intinto nell'assenzio...

Mauro MarcialisIo, il Dolore

Mi piace l’idea di riproporre anche in questo spazio la composizione stilizzata e provocatoria intitolata “Noi”, che anticipa il racconto “Io, il dolore”.

Noi, ciechi. Rinchiusi nella buia dimora dell’impotenza. Segregati nella tetra sede dell’indifferenza.

Impotenza, indifferenza: stessa roba.

Noi, assenti. Assegnati ad altri luoghi, lontani. Destinati a diversi spazi, vicini.

Vicini, lontani: stessa distanza.

Noi, colpevoli. Indagati per favoreggiamento: degli osceni e oscuri delitti di altri.

Reticenza, esecuzione: stesso crimine.

Questo piccolo testo, nelle intenzioni, è una supplica, un’ingiunzione. E’ un invito: a controllare e indagare quei figuri che manovrano la crudeltà e la incanalano in convenienza.

E’ la nostra storia, sempre scortata dal crimine.

Alcuni autori si caricano lo scempio della società e lo depositano nel calderone della narrativa.

E’ doloroso, spesso svantaggioso.

Sporcarsi le mani, d’inchiostro e suggestioni e constatazioni e interpretazioni, cercando di spianare l’ipocrisia e la vergogna, è roba per gente che non ha il dono (oppure il peso) della furbizia. Quella furbizia d’accatto, comoda, antitetica al talento e all’impegno. Alla verità.

Ma specchiarsi nel male è a volte necessario.

Riconoscerlo e affrontarlo può servire a narcotizzarlo, esorcizzarlo, isolarlo.

La narrativa noir è uno strumento, il “male minore”.

Inutile dire che essere qui, in questa consorteria di nobili devastatori, è per me un onore e un privilegio. Nel mio piccolo, ho provato, ancora, a immergermi in questo sconfinato mare nero, invadendo diverse “identità” coinvolte in uno snuff movie.

Questo rito osceno, che rappresenta una delle massime aberrazioni della mente umana, abbraccia la sadica aggravante della condivisione pubblica.

L’aguzzino di turno sembrerà urlarti contro: mettiti comodo, ti faccio vedere io!

Dobbiamo continuare a ignorarlo?

Andrea Zarini & Gianpaolo NovelliAmerican Istanbul

Quando Alan D.Altieri, in occasione di una passata edizione della Fiera del Libro di Torino, ci ha commissionato un racconto per l’antologia “Anime nere”, assoldandoci nell’esercito dei Legionari del Male, abbiamo aderito con assoluto entusiasmo. Alan D. si è solo raccomandato di essere “crudeli” senza censure o remore di sorta e, dobbiamo ammetterlo, questo diktat ci ha messo subito a nostro agio.

Il compito era quello di immortalare una delle diverse facce del male e questo abbiamo tentato di fare con “American Istanbul”, declinando in una forma narrativa asciutta e essenziale le nostre naturali attitudini per trame tecnologiche e intrecci congeniati.

Il racconto si trascina dietro le lunghe ombre post 11/9, dove le mezze bugie contano di più di verità evidenti, dove la psicosi generale di una nazione trova terreno fertile per allevare serpi in seno.

Di fronte alla morte, non ci sono bandiere, non ci sono differenze. Si è solo uomini prossimi a diventare polvere.

Il nostro augurio è che l’ondata del Male non si esaurisca qui, ma che si possa riproporre con regolarità ai lettori, dando vita a un appuntamento fisso, a una saga senza eguali nel panorama editoriale italiano.

“Anime nere” come fragoroso Big Bang, un’esplosione che dia vita a un nuovo tipo di prodotto letterario. Farne parte alla genesi, non può che rendere orgogliosi, soprattutto se il padre della rivoluzione del male si chiama Alan D.Altieri.

Matteo BortolottiMutilato

Penso che Anime Nere nel suo complesso sia una vera e propria summa antologica della narrativa di confine del nostro tempo, sia esso il tempo degli italiani imbelli, o quello d'una inane speranza per il mondo intero. Un tempo bastardo e arrugginito, come si addice all'età del ferro che stiamo vivendo. La caduta è vertiginosa, e con la letteratura si può riuscire solo a planare un poco."

Alla tavola delle Anime Nere, non bisogna portare la cravatta - mi hanno detto, - bisogna portare l'estremo. Quel territorio dell'oltre nel quale la violenza diventa qualcos'altro. Io ho lasciato a casa la cravatta e interpretato così la direzione del mio racconto. Mutilato doveva venire da altrove, da un'altra dimensione. L'estremo non potevo cercarlo in maniera convenzionale. Non sarebbero bastati la violenza esplicita, il pulp. Ma cos'è davvero estremo in un mondo dove non esiste più la trasgressione? Forse la chiave è mantenere il lettore nell'oltre più vicino che c'è. Ecco cos'è estremo, per me. Restare il più attaccati possibile al cuore del peccatore, non muoversi da lì, non dar respiro al lettore. Basta attraversare la strada per incontrare le facce del mio racconto. Con Mutilato ho cercato di raccontare in maniera estrema il brutale quotidiano di un uomo a cui mancano troppi pezzi. Eppure tutto, nel suo mondo è pieno, denso, pesante. Al limite del collasso."

Alfredo ColittoNon ne uscirete vivi

Ho partecipato a tante antologie, ma Anime Nere per me è speciale. Perché il racconto Non ne uscirete vivi segna una svolta, la conquista di un nuovo territorio narrativo: quello del politicamente scorretto, delle emozioni negative vissute fino in fondo, della rabbia finalmente espressa. Dai miei personaggi, ovviamente, non da me. Ma attraverso di me.

Questa svolta la devo a Sergio (Alan D.) Altieri, che quando mi chiese il racconto mi disse, nel suo stile ultradiretto: “Scrivi quello che ti pare, con te vado sicuro. L’unica cosa che ti chiedo è che nel racconto ci sia dentro tanta krudeltà”. Non so come fece, al telefono, a farmi capire che la krudeltà come la intendeva lui era scritta con la kappa, ma ci riuscì.

Ora, io non avevo ancora mai scritto un racconto veramente crudele. I miei protagonisti in genere sono personaggi positivi. Ovviamente possono essere un po’ bastardi, avere molti lati negativi, ma alla fine dei conti sono gente che gli omicidi li risolve, non li commette. Quindi, anche se un po’ di crudeltà c’era, era “filtrata” attraverso gli occhi del protagonista che, pur con tutti i suoi limiti si sforzava di combattere il “male”. Per questo racconto invece volevo un protagonista che saltasse il fosso. Che trovasse in sé il coraggio di esplorare il lato oscuro, di uccidere, se necessario. E ho scelto una donna. Una professoressa di liceo alle soglie dei quaranta. Che vede la sua vita andare in pezzi. E che a un certo punto non accetta più di essere una vittima. È una persona colta, persino buona. E proprio per questo, quando decide di uccidere, sa bene quello che fa. Insomma, con questo racconto, direbbe Sergio Altieri, sono sceso a esplorare i bassifondi dell’anima.

E mi ci sono trovato bene.

Andrea G. ColomboAsfalto

La proposta di Altieri mi ha dato l'occasione per affrontare uno spunto narrativo che mi tormentava da tempo: i cantieri lungo le autostrade. Di notte, sembrano pozze di luce fredda in un mondo fatto di buio, lontane da tutto e da tutti. Aliene. Là dentro, a chilometri di distanza dal mondo civilizzato, potrebbe accadere di tutto. E in effetti, nel mio caso, accade.

Una ghiotta occasione per affrontare il tema della antologia: la crudeltà umana. Senza compiacimento, ma dal punto di vista di noi gente qualunque. Noi, che ogni giorno corriamo il rischio di attraversare quel sottile confine che separa le persone dalle vittime.

Matteo CurtoniLucas & Toole

Anche se a tanti piace pensare il contrario, nella vita come in letteratura, il sangue è sempre rosso e non è mai rosé. Mai. Ma, si sa, c’è sangue e sangue. C’è il sangue docile e arrendevole che è lì giusto per ricordare a chi legge che quello che ha tra le mani è un thriller o un noir o un presunto tale, sangue che si lascia versare solo perché sa che i cattivi alla fine saranno puniti e i buoni ristabiliranno l’ordine. E tutti potremo dormire sonni tranquilli. Ma c’è anche un altro genere di sangue, che non accetta di farsi diluire, di non sporcare, di sgocciolare buono buono e silenzioso da ferite inflitte fuori campo (perché, ohmamma, vuoi mai che qualcuno s’impressioni?) e starsene lì, in una bella pozza ordi-nata senza sbavature, in attesa dell’estrema unzione del luminol e delle tute immacolate della scientifica. Sangue rosso che di cose da raccontare dell’abisso che guarda in te me ha. Tante. Ma tante sul serio. E in Anime Nere il sangue è questo – è rosso e si rifiuta di starsene zitto e buono, di adeguarsi e fare il bravo. Perché? Perché no. Perché non gli va. Perché gli scaffali delle librerie scricchiolano e rischiano ogni giorno di cedere sotto il peso di troppe pagine inutili, troppi tomi bulimici che raccontano sempre le stesse storie da troppi anni e ogni volta il sangue è un po’ più rosa, un po’ più simile all’acqua e presto o tardi non sarà altro che acqua. Perché per raccontare tutto quello che brucia e puzza di zolfo e polvere da sparo, tutto quello che è sporco, spietato e crudele (proprio come gli esseri umani, guardacaso: sporchi, spietati e crudeli) l’unica strada percorribile è quella che porta all’Inferno, non a un luna-park del crimine dove persino le lesioni sui corpi delle vittime hanno sfumature pastello, dove si sa che prima o poi usciremo dal tunnel degli orrori e ci faremo quattro risate ripensando agli scheletri di cartapesta e ai pipistrelli di gomma, dove sotto sotto tutti sono felici di sapere come andrà a finire.

In Anime Nere non ci sono giostre rassicuranti manovrate da detective o criminologi o poliziotti più o meno coraggiosi che risolvono omicidi come si riempiono le caselle del Sudoku, e non si passa il tempo, tra un giro sulle montagne russe e un’abbuffata di zucchero filato, a cercare di decifrare qualche codice misterioso trascritto sull’etichetta dei mutandoni di un monaco della provincia di Namur che ci rivelerà, che so, che Cristo aveva le doppie punte o che la Maddalena era mancina. Non c’è niente di tutto questo, Anime Nere non è un biglietto d’ingresso per il luna-park di cui sopra. Se mai, è il car-tello che indica come uscirne. Per quanto mi riguarda, questo è lo spirito, e il solo sangue di cui valga la pena scrivere è rosso. Rosso anche quando non si vede, anche quando (può capitare anche se non è il caso di Lucas & Toole) è soltanto tra le righe. La metà oscura è un’amante esigente che non si accontenta di una botta e via, che se la prende a morte quando qualcuno ha la pessima idea di offrirle da bere sangue rosé, annacquato o trasparente. Ma questo è un problema che non riguarda né me né le altre anime nere. Perché quello che c’è nelle nostre pinte è rosso, rosso davvero. Slàinte a tutti. E buona lettura.

Paolo Grugni12/9

Cosa penso del progetto Anime Nere? Se fossi un'anima candida direi che ne penso bene, ma sono un'anima nera per cui ti dico che è doveroso pensarne male. Per quanto riguarda il tema della crudeltà, l'ho affrontato aggirandolo. Ovvero nel mio racconto non ci sono atti che si possono riferire direttamente all'argomento in questione, ma si parla dell'evento più crudele degli ultimi anni, l'attacco alle Torri Gemelle. O, meglio, si parla del giorno dopo l'attacco. Che poi è il mio compleanno.

Diana LamaCome un Angelo

Quando Sergio Altieri mi ha chiesto di partecipare ad Anime Nere Reloaded con un racconto che fosse veramente ma veramente crudele sono stata contentissima. Anime Nere mi era piaciuta molto, sia i singoli racconti sia il progetto in sé, e lavorare con Sergio è una garanzia, sono certa che anche questa sarà una bella e cattivissima avventura.

Io scrivo abitualmente noir, thriller o gialli, quindi il tema mi attrae naturalmente, ma la sfida di esplorare i confini del Male, e scardinare alcuni principi base del buonismo, sapendo di avere compagni di malefatte molto agguerriti, è stata davvero stimolante. Il mio racconto ha a che fare con la cattiveria vera, quella gratuita che riceve il suo compenso in sé stessa, senza benefici aggiunti. Ho affrontato un tema molto delicato, legato alla malattia e alla donazione d’organo, che da medico conosco bene, cercando di andare oltre i soliti rassicuranti luoghi comuni per scrutare cosa c’è nell’altro lato del nostro cuore, quello oscuro e tenebroso dove nascondiamo pensieri che non osiamo rivelare nemmeno a noi stessi.

Fabio LombardiZac!

Una volta, poco dopo avermi invitato al Grand Guignol di Anime Nere, Alan D mi ha fatto notare che i personaggi dei miei racconti sono troppo flemmatici. Sono individui che si lasciano trascinare dagli eventi senza tentare di controllarli. Ricorda bene, ha aggiunto, che in Anime Nere non c’è posto per gente del genere. Però, mi sono azzardato a ribattere, anche il tuo prediletto Philip Marlowe tende a non fare un accidente di niente, salvo formulare commenti ironici, ricevere calci nello stomaco dagli sbirri di Los Angeles e giocare a scacchi da solo bevendo whisky.

“Okay” è stata la risposta secca di Alan D, “ma tu non sei Raymond Chandler.”

Aveva ragione, purtroppo. Mi aveva ridimensionato. C’è un solo Chandler, mi dissi, e non ce ne saranno altri. Così, contrariamente alle mie abitudini, ho immaginato un personaggio dinamico e iperattivo (Zaccaria Zorzi detto Zac, avvocato ubriacone specializzato in truffe internazionali) e mi sono divertito a scaraventarlo nell’inferno delle Twin Towers, per vedere che cosa avrebbe combinato. Il risultato mi sembra abbastanza spassoso. Voi che ne dite?

Ettore MaggiDue

Dato che si tratta di un'iniziativa di Sergio Altieri, tutto il bene possibile. A costo di sembrare quello che non sono, credo che Sergio sia una delle persone più serie, preparate, colte e soprattutto corrette che lavorino nel mondo editoriale. Anzi, non solo nel mondo editoriale. Ma questo è un'altro discorso. In linea di massima, non amo molto la tendenza attuale, nella narrativa, di sconvolgere il lettore. Spesso è soltanto una violenza gratuita che nasconde mancanza d'idee. Però l'iniziativa di sensei-Sergio è onesta. Quello che sta facendo per la narrativa "popolare" (nel senso più nobile del termine) è degno del massimo rispetto. Oss, sensei!

Sergio, parecchio tempo fa, mi ha parlato di questa iniziativa e mi ha chiesto un racconto. L'unico vincolo, mi ha detto, è la crudeltà. Sono rimasto perplesso. Io a volte scrivo storie dure (come il racconto ambientato durante la Resistenza in Fez, Struzzi e Manganelli) ma come ho spiegato sopra, non amo gli effettacci. Poi ho pensato che avevo un racconto molto breve, che parlava di due sorelle. Non c'è nessuna violenza fisica, nel racconto. Ma quella psicologica è notevole. Sergio lo ha letto e gli è piaciuto.

Alda Teodorani - Una questione di genere

Con il mio racconto Una questione di genere sono tornata a un tema che mi è particolarmente caro e che avevo già usato in diverse occasioni, quello della scrittrice protagonista, somigliante a me e che quindi mi permette una notevole dose di autoironia e anche di divertire il lettore oltre che divertire me stessa. La scrittrice petulante, sempre vestita di nero e sempre uguale a se stessa (in questo caso è una scrittrice di sceneggiature cinematografiche) ha la peculiarità di costringere gli altri ai suoi stessi schemi mentali, che consistono nel seguire fino all’esaurimento tutte le idee, tutte le azioni. È un mio abito mentale, anche nella vita di tutti i giorni, di seguire le mie ipotesi sulle cose che mi succedono come se si dipanassero in una trama letteraria o cinematografica, continuando a chiedermi le conseguenze dei miei movimenti, il risultato delle mie azioni.

Non scrivo seguendo una scaletta e quindi sono sempre molto attenta che nella storia non ci siano forzature, forse è proprio questo modo di scrivere che nel tempo mi ha portata a comportarmi così anche nella vita, in una maniera che sicuramente può essere esasperante a lungo andare, specie se, come nel caso del produttore protagonista del racconto (mi sono ispirata a una persona realmente esistente, a voi vedere se vi ricorda qualcuno...) il mio interlocutore ha i minuti contati.

Leggendo il racconto si capirà come mai questa volta scrivere non è stato facile, e confesso che ho provato un certo raccapriccio, ma è stato sicuramente divertente; -) spero che divertirà anche i lettori!

Giuseppe GennaHabeas Corpus

L’esistente o inesistente Iddio strabenedica Alan D. Altieri! Non soltanto per la letteratura che ci sta dando: incubi nerissimi con impressionanti fenditure di luce, epica storica e immaginifica che è salutare per tutta la letteratura italiana. Ma anche perché si è inventato il primo Anime Nere e il secondo Anime Nere Reload. Viviamo in una nazione immersa in una devastante oscurità sociale, politica, storica. Il mistero irrisolto, morboso e crudele sembra essere il genoma italico. Non è stato sufficiente l’emergere prepotente del noir, presto diventato una moda abbastanza candida, con corollari di vedute cartolinistiche metropolitane e ricette culinarie. Bisognava spingere l’acceleratore ed è quanto mi sembra che abbia fatto Altieri, sparando i proiettili narrativi di Anime Nere. Quanto a me, non chiedevo di meglio: la letteratura per quanto mi riguarda tende sempre al nero, cerca il varco verso una luce che sorprende e spiazza. Per questo ho scelto di raccontare Habeas Corpus: è la vicenda intima di un post-mortem infernale, costruito secondo le indicazioni del Libro Tibetano del Vivere e del Morire e delle Lamine Orfiche. Passato l’ormai mitologizzato tunnel buio che termina in un’uscita luminosa, che cosa accade al protagonista del racconto, che è il sottoscritto? Muoio: e cosa mi succede? Presento il mio inferno privato in pubblico: mi preparo a una reincarnazione dopo un allucinante percorso di iniziazioni demoniche. E’ vivamente sconsigliato agli amanti dei gatti e ai moralisti che orripilano di fronte a una sessualità luciferina nell’Aldilà. Spero che il racconto non dispiaccia. Spero che turbi. Abbiamo bisogno di scuoterci, abbiamo bisogno di turbamento. Abbiamo bisogno di anima e di nero: quindi, di Anime Nere, il più possibile reloadate. La crudeltà si supera, esorcizzandola. Quello splendido sciamano che è Altieri ci dà la possibilità di formulare i nostri più cupi e terribili esorcismi.

Marco Vallarino - Caduta libera

Quando Sergio Altieri mi chiese, nel maggio del 2006, di scrivere un racconto per Anime nere, ero in un periodo davvero felice della mia vita. Il lavoro al Secolo XIX andava a gonfie vele e avevo appena finito di girare l'Europa in Porsche per il tour del mensile Noir Magazine, che mi aveva lanciato alla scoperta dei luoghi del Codice Da Vinci, tra Parigi, Londra e Rosslyn. Occupandomi più che altro di fashion system, tra una discoteca e l'altra, mi riusciva davvero difficile immaginare qualcosa di abbastanza terribile da proporre per la nuova antologia. Iniziai a scrivere senza sapere bene dove sarei andato a parare (come quasi sempre mi capita) e, per darmi più slancio, scelsi di partire da una situazione veramente tremenda, uno stupro di gruppo. Il racconto si intitolava “Caduta libera” e dopo le prime pagine decisi di numerare i capitoli al contrario, in una sorta di perverso conto alla rovescia (-15, -14, -13...) perché mi rendevo conto, con grande soddisfazione e sorpresa, che a ogni paragrafo riuscivo senza problemi a peggiorare notevolmente la già terrificante situazione della protagonista, una giovanissima ex studentessa modello lanciata a precipizio in una sorta di romanzo di deformazione sessuale e criminale, un racconto noir che sconfina irrimediabilmente (e ferocemente) nel porno. Arrivato al fatidico 0 mi resi conto di aver fatto veramente del mio peggio e il fatto che poi Sergio fu costretto a tagliare o ammorbidire varie parti della storia mi confermò che l'illuminista Pietro Verri aveva ragione quando, nel saggio “Osservazioni sulla tortura”, sosteneva che l'uomo ha sempre dimostrato una particolare ingegnosità quando si tratta di tormentare i propri simili. Del resto, sono proprio i giochi di potere che tengono in piedi la nostra perversa società falsamente perbenista che, come scriveva Brolli nella prefazione di “Gioventù Cannibale”, porta il moralismo a nascondere i propri scheletri negli armadi degli altri. E poi c'è una cosa che ho sentito dire proprio nelle discoteche più lussuose e meglio frequentate della Riviera, e cioè che trasgredire è meglio che curare! Perciò, per dirla proprio come Sergio: Rock & roll to hell, boyz & girlz!

Giancarlo NarcisoPatto di Sangue

“You gotta be real bad this time, Jack,” disse Alan D, aka the Big Bad Wolf, quando, nella mensa della Mondadori, mi parlò del progetto di un’antologia che, per una volta, non raccogliesse i migliori giallisti italiani – scusate, ma lo stomaco per dire noiristi ancora non ce l’ho – ma i peggiori.

“Alan, bro, è il male che vuoi?” gli dissi fissandolo dritto negli occhi. “And evil is what you gonna get. Non dire poi che non ti avevo avvisato.”

“Musica per le mie orecchie, fratello,” replicò tirandomi una pacca sulle spalle che avrebbe demolito un bisonte e schizzando verso il bar. Due minuti dopo ritornò con due bicchieri colmi di ghiaccio e Unicum, un intruglio immondo a cui, per goderselo al meglio, andrebbe aggiunta una punta di China. Almeno stando a quanto giura il Lupo Cattivo che sostiene anche che quella porcata risalga ai tempi di Attila e sia il liquore nazionale ungherese.

Ma stavo divagando. Torniamo a Patto di Sangue e a come è nato. L’idea che qualcuno fosse disposto a pagarmi per mettere in libertà tutta la sinistra turpitudine del mio animo, mi affascinava. Di poter finalmente proiettare un personaggio al di là bel bene e del male, di non doverlo appesantire di pastoie morali, mi inebriava. You gotta be real bad. Wow. Musica per le orecchie di Alan D, musica anche per le mie.

E così è nato un uomo solo che dichiara guerra a una società fatta di carogne e di iene, facilmente riconoscibili. Un uomo che si ostina a vivere libero, vagando come un lupo in una steppa sempre più piccola, sempre più limitata da recinti, da leggi, da divieti.

Cacciato dagli sgherri del potere, il lupo subisce il più grave degli orrori, il più profondo dei dolori, un orrore che, nella cronaca reale, viene perpetrato ogni giorno: gli viene sottratto un figlio semplicemente perché è troppo povero per permetterselo. E contro di lui, contro un uomo solo, si scatena tutto il potere dello stato, quel potere a cui un vero lupo non può che dire, “Fuck you,” e mettere mano alla artiglieria pesante. Sì, perché, per quanto sconvolto dal dolore, il nostro lupo stavolta non ci sta. E si ribella al potere. Iniziando la sua ultima caccia personale alle iene.

È uno sconfitto? Sicuramente. Ma lo sconfitto più grande, alla fine, non è lui.

Altri tre autori completano il team.

Cinzia TaniLa Scommessa

Desiree CoataBulbi

Andrea CottiMale al cuore

Allora?

Vi abbiamo incuriosito?

Beh, allora non vi resta che affrontare le Anime Nere Reloaded. Le trovate in libreria. Quattrocentotrentadue pagine per stomaci forti. Ad un prezzo Oscar!

(NdR: questo articolo viene pubblicato in collaborazione tra www.thrillermagazine.it e www.borderfiction.it)