Ero lì, con le mie ciabatte di peluche e contemplavo il frigorifero.

Considerando che era praticamente vuoto, se volevo cenare potevo scegliere: a) gli ultimi tre sofficini congelati; b) i fusilli con l'ultima scatoletta di tonno; c) il take away cinese con gli ultimi liquidi, visto che mi ero dimenticata di passare al bancomat.

Se ci fosse stato Andrea, mi sarei ricordata del bancomat e avrei potuto preparare, non so, seppie al forno, per esempio. Ma quando mai Andrea si fermava a cena? Lasciamo perdere.

Take away. Si vive una volta sola.

– Salve Wang, sono Emma. Riso al curry e verdure saltate. Sì. No, basta.

Riuscii a tenere duro sull'offerta di gelato fritto e mi versai un bicchiere di vino.

Quando il campanello suonò considerai che non poteva essere di già la cena e per cinque incredibili secondi la vita mi parve splendida. Tirai un bel respiro e risposi al citofono.

– Paddy. Posso salire?

La prima cosa che mi spaventò fu il suo modo di fare le scale, curvo, quasi portasse sulle spalle un peso insopportabile, poi vidi la sua espressione. Quando un amico arriva in casa tua e ti guarda così, non gli chiedi niente, lo fai entrare, lo fai sedere e aspetti.

– Aiutami.

– Sì.

– Aiutami.

– Sì.

Sospirò, un sospiro lungo e doloroso che sembrava dovesse spaccargli il cuore.

– Fuad è morto.

La mia cena scampanellò.

Non so come riuscii a sorridere al ragazzo di Wang, a prendere il sacchetto bollente e impestato di curry, non so come lo pagai e aspettai il resto, ma lo feci e ritornai in cucina e mi sedetti di fronte a Paddy.

– Cosa è successo?

– Non lo so.

– Dimmelo!

Non urlare con i clienti, coccola, diceva papà mio, si spaventano e non parlano più.

Ma quello non era un cliente, era Paddy, era un amico e con gli amici si finisce sempre per essere più crudeli, come lo saremmo con noi stessi.

– È successo due giorni fa.

Due giorni fa. Il giorno del nostro appuntamento, per questo non era venuto e io dov'ero, dov'ero.

– Sono tornato a casa che saranno state le due circa, avevo chiuso tardi e poi c'era da pulire. Fuad aveva da studiare. Ti aspetto sveglio, mi ha detto, così mi interroghi.

Piangeva senza singhiozzi, solo lacrime lunghe che si perdevano nella barba bionda.

– L'ho trovato in camera da letto, per terra, aveva una manica arrotolata e vicino c'era una siringa. Però Fuad era pulito, lo sai anche tu Emma che era pulito!

– E poi?

– Niente. Sono rimasto là, con lui, era morto, ho capito subito che era morto. Mi sono seduto sul letto e gli tenevo la mano, mi pareva che era meglio se gli tenevo la mano, no? – feci di sì con la testa, ma non credo che gliene importasse – Poi l'ho portato via.

– Come via?

– Via. Nel bosco.

Lo guardai e doveva essere evidente che non lo seguivo più, perché me lo ripetè come se fossi una bambina distratta.

– Nel bosco, l'ho portato nel bosco. Era quasi giorno quando sono uscito di casa, poi sono tornato indietro e ho aperto il locale.

Allora mi ricordai di lui che usciva dai bagni del bar e della sua faccia sconvolta e credo sia da quella sera che non sopporto più l'odore del curry.

– Ma ti rendi conto che è occultamento di cadavere? Ti sbattono dentro in cinque minuti!

– L'ho messo in un posto bello.

Non piangere, coccola.

Non piango, papà.

– Adesso telefono a Catia che conosce un sacco di sbirri e le faccio chiamare quelli giusti. Per il resto della mia vita mi rinfaccerà di aver chiesto il suo aiuto, ma non importa. Senti – lo scossi con delicatezza, mi sembrava quasi di poterlo rompere con un mignolo, – non c'è altro che mi devi dire? Sei sicuro? È un guaio brutto, ma ti tiro fuori.

Mi strinse la mano tanto forte da farmi male.

– L'ho messo in un posto bello.

– Sì.

– Con la carriola, sai? L'ho portato con la carriola.

– Oh, mio dio.

Catia si comportò molto bene.

Chiese poche spiegazioni, arrivò subito, chiamò gli sbirri più adatti, mi fece bere una grappa e sciacquò la vasca da bagno dove Paddy aveva rimesso anche l'anima. Avrei rimesso anch'io, ma mi sembrava meglio restare operativa.

Anche gli sbirri si comportarono molto bene.

Ascoltarono Paddy, lo fecero salire su una delle loro macchine, fecero salire me e Catia su un'altra, gli chiesero con gentilezza dove andare. Molto carini, non gli misero le manette e non accesero le sirene, uno mi allungò una caramella, credo fosse evidente che stavo per diventare isterica.