Ildebrando Pizzetti è un compositore nato a Parma nel 1880  e morto a Roma nel 1968. E’ stato tra gli innovatori dell’opera teatrale italiana del primo Novecento, adottando un tipo di vocalità basato sul recitar cantando della Camerata fiorentina, la polifonia classica e il gregoriano.

Una delle opere che lo ha reso famoso è Assassinio nella cattedrale del 1958, che vede come protagonisti l’Arcivescovo Tommaso Becket, tre Sacerdoti della cattedrale, un araldo, quattro cavalieri del Re, quattro Tentatori e due corifee.

L’azione si svolge a Canterbury nel dicembre dell’anno 1170.

L’arcivescovo Tommaso Becket, per contrasti sorti con la Monarchia, non ancora sopiti,  è stato in esilio  per sette anni e adesso si appresta a tornare.

Nello spiazzo tra la cattedrale e l’arcivescovado di Canterbury,  gruppetti di donne, che sostano e discutono vicino alla chiesa, timorose che il ritorno dell’Arcivescovo porti nuove guerre e difficoltà per i poveri disgraziati, quindi poco speranzose,  attendono l’arrivo di Tommaso.

Un araldo annuncia ai tre Sacerdoti che Becket è sbarcato in Inghilterra, siglato un accordo tra il Papa e il re di Francia, e che la sua venuta è imminente.

Sacerdoti e popolo di fedeli gli vanno incontro e Tommaso fa il suo ingresso, benedicendo tutti coloro che trova sul suo cammino, ritirandosi poi nell’arcivescovado.

Nel suo studio, l’Arcivescovo conferma ai tre Sacerdoti la posizione in cui si trova e i timori verso i suoi potenti nemici.

Entra il primo Tentatore.

Egli invita Tommaso a ritornare alla sua vita spensierata di compagno di piacere del Re.

E’ la volta del secondo Tentatore.

Questi lo esorta a riassumere il potere politico.

Il terzo Tentatore consiglia all’Arcivescovo di mettersi a capo del popolo e di rovesciare la Monarchia.

Infine, il quarto Tentatore lo lusinga pericolosamente prospettandogli l’offerta del martirio.

Tommaso Becket capisce le varie insidie e si rifugia nell’unica arma a disposizione che ha: la preghiera.

Rasserenato,  si rimette alla volontà del Signore, non chiedendo nulla per sé e rifiutando persino l’idea della gloria postuma di un suo eventuale sacrificio.

L’interno della cattedrale.

E’ il Santo Natale.

L’Arcivescovo invita i fedeli a meditare sul mistero della Natività.

Conclude la predica, sostenendo che il vero martire cristiano è colui che, non per volere proprio, ma come segno della volontà di Dio affronta e accetta anche il martirio.

 

Nel secondo atto, la scena è la stessa.  Le donne confabulano, mentre entrano quattro Cavalieri che chiedono di parlare con Tommaso Becket da parte del Re.

L’Arcivescovo si fa vedere e i quattro lo accusano di avere tradito il Sovrano e gli intimano di abbandonare il paese.

Tommaso non obbedisce, del resto il Re non ha il potere di separare il Pastore dal suo gregge. E, trascinato dai tre Sacerdoti, si rinchiude dentro la cattedrale. Ma Tommaso Becket non vuole che le porte della chiesa rimangano sprangate. E’ la Casa di Dio e a tutti è concesso di entrarvi.  Ciò accade, mentre i Cavalieri armati urlando il tradimento dell’Arcivescovo, irrompono all’interno della cattedrale.  Tommaso Becket, confidando in Dio, li affronta con calma.

I Cavalieri sono decisi a tutto. Cacciano i Sacerdoti, raggiungono Tommaso Becket sui gradini dell’Altare Maggiore e lo uccidono fra le grida di orrore e di raccapriccio di tutti i fedeli presenti.

Poi si rivolgono al pubblico e giustificano l’empio delitto, dicendo che forse il Re stesso li disapproverà, ma che hanno agito per il bene del paese, cercando di risolvere, seppure in maniera cruenta, il dualismo tra Chiesa e Monarchia.

L’Arcivescovo li ha provocati, non fuggendo il pericolo.

Addirittura, auspicando il martirio, sapendo benissimo che sarebbe stato ucciso da quegl’uomini armati.

Dunque, non è stato un assassinio, ma, praticamente, un suicidio.

Ma nessuno crede alle menzogne dei Cavalieri.

E quando essi si allontanano, tutto il popolo invoca Dio e prega per l’anima del Beato Tommaso Becket.