Quale segreto si nasconde dietro il feroce assassinio rituale di un vecchio in una remota isola dei Caraibi? Qual è l’origine delle improvvise, sanguinarie eruzioni di furia omicida che portano a vere e proprie "stragi

degli innocenti"? Quale orrore invisibile si va moltiplicando nelle sinistre "unzioni" perpetrate da misteriosi emissari tribali? Quale forza è in agguato dietro l’enigmatico, inumano culto di Exú? Molti, troppi enigmi per tre coraggiosi medici impegnati in una corsa disperata contro il dilagare di un morbo in grado di annientare tutto. E tutti.

Questo il plot narrativo del nuovo romanzo La croce sulle labbra (per una trama più estesa: notizie/6383) scritto a quattro mani da Danilo Arona e Edoardo Rosati. Per l'occasione abbiamo rivolto qualche domanda a Danilo Arona:

Com'è stato lavorare a quattro mani?

Direi piacevole e senza particolari complicazioni. Perché, per un grandissimo colpo di fortuna, Edoardo e io possediamo uno stile alquanto uniforme, facilitato dal conoscerci da quel bel dì... Ci siamo divisi più o meno equamente il lavoro, accollandosi lui per ovvii motivi (Edoardo è laureato in medicina e giornalista scientifico) tutta la parte specifica all'aspetto medico. Io ho lavorato di più nelle scene di action e sulla dimensione apocalittica della storia. Abbiamo interagito via rete e via telefono. Di tanto in tanto un meeting. Ma questo genere d'incontri, dati i due personaggi coinvolti, rischiano sempre di finire a vino e tarallucci... Sul metodo di lavoro non penso esistano alternative.

Da dove è nata l'idea del plot?

E' necessario un passo indietro. Questa storia l'abbiamo concepita e messa giù negli anni novanta. Pochi ci crederanno perché è una storia di terrorismo biologico, tematica in auge soprattutto dopo l'11 settembre e le paure dell'antrace. Eppure è così: nella prima versione ci usavano ancora le lire, per capirci. E' rimasto lì un po' a decantare. Suscitava più d'una perplessità: troppo crudo e politicamente scorretto. Idea stupenda, ma per pubblicarlo in modo decente dovevamo togliere di qui e censurare di là. E soprattutto azzerare tutti quei passaggi che ci potessero attirare accuse di razzismo. Abbiamo atteso, i tempi sono cambiati... E poi, insomma, si tratta con evidenza di letteratura di genere che senza ipocrisia mette in scene le paure dell'Occidente. Perché censurarsi? Tanto io quanto Edo siamo spiriti liberi... L'idea è quella di una pestilenza biologica, concepita in qualche laboratorio del terzo mondo, che viene diffusa a Milano da una particolarissima comunità di extracomunitari. E qui mi fermo per evidenti motivi. E' il medical thriller che incontra la spy story con generose aperture all'horror della devastazione dei corpi. Com'è già accaduto per "Finis Terrae", i puristi avranno da ridire. Ma un romanzo che parla della contaminazione quale tema portante non può che essere così. Contaminato, infettato... Stephen Gunn versus David Cronenberg, perché no?

Ambientare la storia in italia può accorciare la distanza con la fantasia e rendere la trama più agghiacciante?

Sicuro. E la scelta di una metropoli che quasi tutti conoscono per farne il set del dramma va proprio in questa direzione. Per rendere il tutto ancora più plausibile. Tutte le stazioni della location sono autentiche: dall'ospedale San Raffaele alla stazione Cadorna, dalla metropolitana a Malpensa... Ma, sul fronte del divario minimo tra fantasia e realtà, ci tengo a sottolinare che la "Exu-Protein" (il mostro contro il quale si

batte l'indomita dottoressa Roberta Blanchard, già al lavoro nel nuovo romanzo che stiamo mettendo in cantiere, Finis Terrae 2- Croatoan....) è malattia del tutto attendibile... Garantisce il medico del duo. E quest'aspetto dovrebbe far pensare a lungo il lettore... perché, se il Rosati fosse un mad doctor scombiccherato invece della pasta d'uomo che si trova a essere, potrebbe crearla sul serio in un laboratorio e mandarci tutti all'altro mondo. Il campo, al solito, è quello sterminato della letteratura che gioca d'anticipo sulla realtà. E gli scrittori spesso ci  azzecano... Non per ripetermi, ma uncerto Altieri negli anni ottanta già dipingeva il mondo attuale post-millennio con chirurgica precisione. Data l'iraddidio che descriviamo in La croce sulle labbra, noi speriamo di sbagliarci.