Una specie di ritorno alle sue origini editoriali quello di Giorgio Bona, che con Besa pubblica il suo ultimo romanzo Chiedi alle nuvole chi sono, dopo il buon esordio nel 2003 con l’antologia Ciao Trotzkij. Un nonno, un figlio, un nipote, generazioni a confronto che si misurano nell’intreccio di due storie noir per obbligo, per tradizione, perché fuse in un unico blocco nelle ragioni della loro esistenza drammatica e dolorosa.

Correvano gli anni del lontano dopoguerra, gli anni delle tensioni politiche mai esaurite con la caduta del regime, e di un primo faticoso risveglio economico nel nome della ricostruzione. Ma in montagna, nei territori di confine (e in particolare nella Val Susa tra l’alto Piemonte e la Francia) era ancora il contrabbando uno degli strumenti che permetteva alla gente la sopravvivenza.

Tre uomini: l’adolescente, l’uomo e il vecchio, una specie di eredità culturale mentre si consuma un viaggio segnato dalla presenza di due omicidi. E così mentre accompagna il padre Nico e il nonno Pipin in un trasporto di sigarette, il figlio (il fanciòt per dirla come si deve, il ragazzo nell’uso dialettale, lingua di forte capacità comunicativa che l’autore utilizza con grande armonia pagina dopo pagina) vive in prima persona il furto della merce stessa da parte del padre. Allo stesso tempo, tra il silenzio in montagna, inseguimenti, colpi di fucile, il buio, la paura, la pioggia, il giovane protagonista e io narrante dell’intera vicenda, ascolta la storia del nonno, che da giovane aveva lasciato a casa la moglie Esterina e il piccolo Nico per cercare fortuna in Venezuela dove già viveva il fratello Necu. Ma da emigrante incontra solo un tragico destino: prima il fratello viene assassinato a colpi di machete, e poi Pipin conosce il carcere accusato di aver ucciso a sua volta per vendicare il fratello. Da lì riesce a fuggire, tornare in Italia e trovare ancora riparo tra le sue montagne per continuare a vivere una vita dura, senza più illusioni e speranze. E senza più la moglie Esterina.

Storie vere (forse) quelle raccontate da Giorgio Bona, storie tramandate dai racconti orali dei vecchi di famiglia allo stesso autore che trova proprio nella memoria di un’epoca e di un’esistenza il materiale per confezionare una storia noir, borderline, o come meglio la si vuole definire con i termini culturali di oggi. Nulla da invidiare ai più duri e attuali intrecci metropolitani, o di criminalità invischiata all’alta finanza di cui si nutre la letteratura di genere dei nostri giorni: la dimostrazione è proprio nella capacità dell’autore di trasferire una testimonianza dell’esistente con tutto il suo strascico di dolori che procura una vita aspra e avara, vissuta dai protagonisti ai margini della legge, e tratteggiata dallo scrittore con uno stile essenziale, a volte finemente descrittivo, e che mai si sofferma o si crogiola sulla crudezza che racconta.

Per chi ha voglia di approfondire l’argomento lo potrà fare direttamente con l’autore al Salone del Libro di Torino sabato 10 maggio alle ore 18.