Alda Teodorani torna a dar voce a incubi e ossessioni con un romanzo inedito e la ristampa di uno dei suoi cavalli di battaglia, per la collana ideata da Alan D. Altieri e dedicata al thriller italiano, Il Giallo Mondadori Presenta, in edicola per tutto il mese di aprile. Qualcuno l'ha definita l'ultima dei "giovani cannibali", messaggera di un horror privo di freni inibitori, inquietante e sensuale allo stesso tempo. I Sacramenti del male esplora i recessi più profondi e oscuri del binomio eros & thanatos. L'intervista:

"I Sacramenti del male" contiene un romanzo inedito e la trilogia "Le radici del male", una delle opere che i tuoi lettori hanno più gradito. Quanto Alda si sente cambiata rispetto alle prime uscite, temi ricorrenti e differenze più sostanziali.

Quando ho scritto i miei primi libri avevo bisogno di uscire, di farmi scoprire da un pubblico e di far uscire da me stessa tutto un fiume di cose che avevo dentro. Per bisogno di uscire, intendo il bisogno di fare quella cosa che intendo sostanziale nella scrittura e cioè comunicare con i miei lettori. Per me la scrittura non ha mai avuto molto senso se è concepita solo fine a se stessa, è come quando qualcuno è innamorato di una persona che non l'ama. Per questo mi hanno sempre fatto ridere le persone che dicono "scrivo per me stessa". E' proprio da questa riflessione che nasce il secondo motivo del mio cominciare a scrivere e cioè farmi scoprire dal pubblico: ho sempre sostenuto, e questa è un'affermazione della quale molti saranno pure stanchi, che voglio essere sicura di quello che provano i miei lettori quando mi leggono, quindi che provano la stessa emozione che provo io scrivendo. La stessa eccitazione. Abitavo, all'epoca, in un piccolo paese di provincia, avevo un universo dentro fatto veramente di tante cose, gli amici dell'infanzia, i maltrattamenti, la solitudine, l'amore, la droga che era tanto popolare tra i ragazzi della mia età quando ero adolescente (molti miei amici sono morti: il paese, con quella sua immobilità, era un vero orto di questa terribile pianta infestante). C'erano tante cose che volevo raccontare, molte che ancora non ho raccontato, probabilmente quelle che mi gonfiavano il cuore all'inizio erano più intime, alcune non sono mai nemmeno uscite, nemmeno scritte. E questa commistione di cose ha dato vita al mio primo romanzo, insieme a una storia sentimentale travolgente, arrivata quando il mio precedente legame era già a pezzi. Mi sono legata molto giovane a una persona e piano piano le nostre storie si sono divise. La cosa fondamentale era che non capiva la mia esigenza di scrivere: la persona con cui stavo non voleva che scrivessi, era infastidito dal fatto che riuscivo ad avere un riscontro buono dalla scrittura; forse semplicemente non voleva stare con una persona che rischiava di diventare più conosciuta di lui. quindi forse all'inizio era anche una sfida. Comunque, dicevo, tutto questo ha generato Giù, nel delirio, la storia di un fotografo che guarda gli incubi messi in scena da assassini spietati, forse messi in scena anche da lui stesso, e che si innamora di una pittrice. Entrambi raffigurano la violenza, ma è una violenza che è esterna da loro. Entrambi i due protagonisti praticano qualcosa di simile alla scrittura, sono innamorati ma nemici, è ancora una forma di dualità, ma la cosa importante è che il romanzo è una metafora della scrittura. Non potevo scrivere di me stessa, tutti mi dicevano che non interessava a nessuno, ma alla fine ho scritto di me stessa, della me stessa scrittrice e lettrice, di quel che conoscevo del corpo maschile. Delle sensazioni che provano i maschi, potevo avere un'idea solo grazie alla mia sensibilità, ma alla fine è andata bene poiché pare, a detta di tutti, che io abbia imbroccato la giusta maniera di rispecchiare le sensazioni di un uomo. Del resto la scrittura è proprio questo. Ho proseguito con questa traccia nel romanzo successivo che ho scritto, uscito col titolo Specchi di sangue nella trilogia Le radici del male. Non vi sto a raccontare le varie vicende editoriali perché sono assolutamente fuori luogo... e poi ancora ho scritto Fiore Oscuro, la storia di uno psicopatico che uccide coppie. Questo libro è uscito nel 1997 con il titolo Labbra di sangue. Invece Fiore oscuro, per il quale avevo già un contratto con un editore, è stato magicamente sostituito da un'altra storia. Il tema ricorrente di Sacramenti e di Giù, nel delirio, e di molti miei libri, è l'amore. I personaggi si uccidono per amore. Probabilmente ora, dopo quindici anni, ho più confidenza con i miei lettori, riesco ad aprire il cuore. Ho sofferto molto nella mia vita e probabilmente queste sofferenze personali sono uscite più in Sacramenti che in Giù, nel delirio. Ma la cosa bella, quella di cui vado fiera, è che i miei lettori più recenti mi dicono che il mio primo libro si legge ancora come se fosse stato scritto ieri.

"Ti rapirò e non ti lascerò più fuggire": In quest'ultima opera, ma anche nelle precedenti, si delinea un'idea dell'amore poliforme, in continua trasformazione, devastante. Un amore che vuole tutto e dona tutto, e spesso sfocia nella morte, a volte durante l'atto sessuale. Amore e morte, sesso e violenza, sono in qualche modo complementari, indivisibili?

La morte rende eterno l'amore, e quando l'amante uccide lo fa per appropriarsi della persona che ama. Non sono stata io a inventarmelo: è romantica fiction, in realtà credo che raramente succeda, ma ricordi la novella di Boccaccio dove la ragazza mette la testa dell'amato nel vaso del basilico? Credo che l'aspirazione più grande di un amante sia appropriarsi completamente della persona amata, da qui tante derivazioni tra cui nutrirsi della carne dell'amato/a, o berne il sangue, o i succhi.... (non i succhi di frutta) e, molto importante, conservare con sé il cadavere é uno dei miei temi ricorrenti; senza descrivere la necrofilia, ma c'è spesso questa tentazione da parte dell'amante di tenere il cadavere della persona amata nel proprio letto. In fin dei conti è la coperta di Linus, o l'orsacchiotto della nostra infanzia. E' estremamente rassicurante.

In "Sacramenti" il protagonista, uno scrittore che non riesce più a scrivere, divenuto editore di e-book, ha ereditato l'amore per i libri dal nonno, e a un certo punto dice la frase «un buon libro ha qualcosa di paragonabile alla dinamite, un potenziale distruttivo». Quali sono stati i tuoi libri guida? Condividi col personaggio questo pensiero sulla sacralità del libro?

Ho scritto Sacramenti, come mi succede sempre o quasi, in stato di trance, e mi verrebbe da dire che i suoi pensieri sono parte dei miei. Ma sinceramente ripeterti che ogni buon libro deve distruggere qualcosa mi pare ormai retorico, è una bella cosa finché è un pensiero di passaggio. Libri guida, non saprei. Ma autori guida sicuramente, per questo ci tengo tanto a mettere in ogni libro una nota di riferimento. Anche in questo caso, come avrai potuto notare.

Ricerca di se stessi, introspezione tuffandosi nelle paure, spesso prese in prestito dall'immaginario horror. Rimandi cinematografici chiari o solo accennati, da Cronenberg ai cineasti italiani. Alda e il suo rapporto con il cinema.

Ho descritto a lungo il mio rapporto con il cinema nel mio libro Incubi: ho anche fatto alcuni omaggi al cinema che amo di più, non strettamente il cinema horror. Come penso si capisca dalla mia scrittura, amo le atmosfere dark e inquietanti, le storie crudeli e senza speranza, gli incubi. Mi piace il cinema degli anni settanta, un periodo che pare particolarmente soffuso di crudeltà: non gratuita, bensì ispirata da passioni forti e travolgenti dalle quali nessuno pare uscire indenne, questo tipo di cinema mi convince soprattutto perché è il segno di un modo dimenticato per un pezzo di fare comunicazione, in cui si comunica più l'ansia, il desiderio, la paura, la passione, l'amore, senza doversi per forza curare che l'assassinio venga punito. Alcuni definiscono questo tipo di scrittura "violenza gratuita" senza pensare che è solo il frutto di uno sguardo diverso. Gratuita è la violenza dei telegiornali, che insistono sul sangue e sulle lacrime solo per fare audience.

Arte visiva, audio cd, come nel caso di "15 desideri", in cui leggi i tuoi racconti. Collaborazioni con disegnatori. Cerchi in qualche modo una forma d'arte a tutto tondo?

Non la definirei una forma d'arte: riconosco che la scrittura lo può essere ma non so come mai mi viene l'orticaria a pensare che faccio arte. Tuttavia gli artisti che collaborano con me, che hanno lavorato insieme a me a dei progetti, loro sì che fanno arte. La definirei una forma di Intermedialità, come l'ha nominata Stefanie Rubenis che mi ha invitata all'Università di Wurzburg in Germania per parlare dei miei libri e di 15 desideri, e che sul mio lavoro ha scritto una tesi che non ho mai avuto la fortuna di leggere in italiano. Ma ho visto i miei libri, come sono cambiati tra le sue mani, tutti sottolineati, evidenziati con vari colori e annotati a margine. Come mi piacerebbe averne uno! In ogni caso la mia intenzione era quella di rinnovarmi, di restare me stessa però avere sempre qualcosa di diverso da dire e da raccontare. Il mio lavoro come insegnante di scrittura alla scuola Internazionale di Comics di Roma mi ha confermato una cosa che già sapevo e cioè che la mente rimane sveglia solo se le dai continuamente prospettive diverse. "Resta con me!!!" è quello che dicono i miei libri ai miei lettori e, a quanto pare, il messaggio viene accolto con grande entusiasmo.

Progetti futuri. E, dato che insegni scrittura creativa, cosa consigli ai tuoi allievi aspiranti scrittori.

Sono in fase down, con mia madre che è scomparsa da poco, un romanzo densissimo come Sacramenti terminato da un tempo relativamente breve e tanti progetti di ristrutturazione anche morale di un io che è disastrato da una serie di cambiamenti anche traumatici. Di fatto vorrei consolidare cose già fatte, come il progetto L'Isola, un racconto che ho regalato al gruppo musicale Le forbici di Manitù ormai già da quattro anni (è il testo che ha ispirato il libro Incubi), e un altro sui luoghi. Proprio oggi parlando con un amico lui mi diceva che i miei luoghi hanno un carattere talmente forte e deciso da sembrare personaggi. E in effetti è una cosa a cui vorrei dedicarmi, difficile da spiegare qui: ci penso da un paio di anni, e spero che crescerà dentro quel tanto che basta da portarlo su carta. A chi cominci a scrivere in questi tempi difficili per un giovane autore consiglierei di non lasciarsi mai abbattere. Mai lasciarsi sconfiggere dai rifiuti e dallo sconforto. Andate avanti sempre. Io ho passato anni d'inferno, periodi lunghi di quattro o cinque anni, in cui nessuno voleva il mio lavoro, mi dicevano tutti che ero troppo efferata. Ho avuto chi mi ha aiutata e sostenuta in quei momenti e non so se da sola ce l'avrei fatta, ma ho trovato sempre -non so come- la forza di continuare. Secondo me è questa la cosa più importante.