Novi Ligure, Località Barbellotta.

Primo gennaio. Nuovo millennio.

Una notte come tante per me.

Quelli normali sono al caldo, nelle loro case, a smaltire la sbornia della sera precedente dopo aver brindato a un duemila pieno di belle speranze. Ma cosa potrà mai cambiare da un giorno all’altro solo perché da domani scriverò sulle cambiali 2000 anziché 1999?

Inoltre i cambiamenti mi mettono sempre in ansia. Appena ci si abitua a una certa situazione la vita rimescola di nuovo le carte, devi rimetterti in gioco, riabituarti, ricominciare da capo. Per di più non è che sempre le cose migliorano… quindi non sarebbe meglio che tutto restasse così com’è?

Da piccolo ricordo che mio nonno a ogni compleanno mi diceva che stavo diventando grande e che potevo fare tante cose nuove. Ho compiuto quindici anni il 25 di agosto e per festeggiare mi sono ritrovato in mezzo al fango, in vigna, a portare le ceste pesanti che le donne riempivano con grappoli succosi di zibibbo maturato prima del tempo. Bello davvero crescere.

Primo gennaio. Nuovo millennio.

Che ci faccio qua? Resto sulla panda blu scuro tutta malandata, che ultimamente mi fa da casa, parcheggiato nello spiazzo davanti al cancello della Pernigotti. Mi nascondo nella nebbia e aspetto. Nella nebbia che mi offusca la testa e in quella, tutto attorno, che sale dal basso, in questo pezzo di mondo grigio come piombo.

Sono qui per uccidere.

Perché una donna mi ha rovinato la vita e ora io porrò fine alla sua. E’ giusto cosi. Occhio per occhio, dente per dente. Per queste cose non c’è legge, quindi farò io giustizia, e quella puttana la pagherà. Si è montata la testa per un paio di scopate e pensava davvero che io lasciassi mia moglie per lei. Per una qualunque prostituta di strada. La troia ha aspettato che Maria, mia moglie, tornasse dal lavoro, e sotto casa le ha detto tutto. Lo sapeva dove abitavo, perché sono stato un fesso, e una sera mentre vagavamo senza meta nella notte, gliel’ho mostrata.

Quando sono rientrato Maria mi aspettava al buio, seduta sulla vecchia poltrona del salotto, e io accendendo la luce le ho urlato che era ora di cena non di un riposino. Lei si è alzata mi si è avvicinata lenta con un grosso coltello in mano. Aveva gli occhi gonfi e rossi, il viso bianchissimo, sembrava uno di quei mostri che resuscitano in certi film. Mi ha spinto verso il muro e mi ha puntato il coltello alla gola. Digrignando i denti mi ha sussurrato che le facevo schifo che l’avevo disonorata, che oltre a farle fare una vita di merda non avevo neanche la decenza di rispettarla. Poi si è spostata e mi ha urlato che se non uscivo immediatamente da quella casa mi piantava il coltello nello stomaco.

Me ne sono andato di corsa.

Maria non è certo una bella donna. Nulla a che vedere con Helena e con quel suo corpo sinuoso. Mia moglie è bassa, appesantita dalla gravidanza e ha sempre delle occhiaie profonde. Io non ho mai avuto soldi a sufficienza per poterle permettere bei vestiti o una seduta dal parrucchiere, perciò ha sempre quell’aria trasandata che le fa dimostrare molto più dei suoi quarantadue anni.

Helena invece quando l’ho vista mi ha fatto smuovere le viscere. Poco meno di due mesi fa all’alba tornando dal turno in ditta percorrevo questa stessa strada. C’era sempre sta maledetta nebbia come ogni giorno in questo schifo di posto. Lei era li a bordo strada con un piumino corto nero e il cappuccio calato sugli occhi, un paio di pantaloncini attillati e stivali neri con il tacco altissimo. Era bellissima

Non l’avevo mai fatto.

In venticinque anni di matrimonio non avevo mai tradito mia moglie.

Noi siciliani ci teniamo alla famiglia: siamo persone d’onore. Ma secondo me è questo luogo, questo paese buio e oscuro che quando siamo lontani ci sembra la terra promessa, che ci cambia. Il grigiore di questo posto prende il cuore, lo rende cupo, annebbia l'anima.

Giù da noi c’è sempre il sole. Per quanto la vita sia contro, alla fine un sorriso da qualche parte lo trovi sempre. La famiglia è al primo posto. Ci si aiuta un po’ tutti. Nessuno si sente mai solo.

Quando è nato nostro figlio Nicola, io e Maria volevamo dagli un futuro ricco. Giù a Palermo non c’era niente, io non avevo un lavoro fisso, solo qualche cosuccia qua e là, i miei genitori erano anziani e i miei suoceri non avevano mai sopportato che la loro unica figlia frequentasse uno scapestrato come me.

Sono bastati dieci minuti per inguaiarmi la vita.