Convive co’ i mi arter ego un’è mi’a semprice. E s’hanno gusti differenti, ma parecchio differenti. Lui è fissato co’ i giallo crassico tutto cerebrarino, io vo matto pe’ i giallo tru’ulento dove si possa sguazza ni sangue e ni tormento. Lui c’ha i su’ Scerlocche Ormesse, i su’ Poirotte, i su’ Vorfe; io c’ho i mi Ciandlere, i mi Ammette, i mi Burche. Lui odia i Mallopponi (ha creato anche un Comitato contro di loro), i libroni grossi e sanguigni, io ci vo pazzo e più pesano e più mi diverto. E’ difficile conquistà la su’ psiche di giorno quando ha sempre in mano i su’ libretti. Allora aspetto la notte, mentre sbuffa (è asmati’o) ni su letto, pe’ legge e scrive quello che mi pare. Una ‘osa però s’ancomune: l’umorismo, l’ironia, la parodia, la presa pe’ i bippe. Lui lo fa colle su’ satirette mosce e frosce che un sanno di niente, io co’ i mi stile prebeo pe’ dà du’ randellate ni capo a chi mi sta su’ bippe o pe’ avvisà la gente di qualche peri’olo.

Urtimamente ci siamo divertiti co’ i Porco killer, un’antologia d’arcuni fannulloni pubbricata dalla Morganti. Speciarmente co’ i racconto di Cappi (una storia di maiali sullo stile di Ciandlere, ma un’esagerà Cappino che poi ti c’intorcini) ma, soprattutto, co’ Maiali alla sbarra della Montanari che ha tirato fori una vicenda paradossale ambientata in un villaggio della Borgogna di sedicesimo secolo, dove una scrofa è giudi’ata da un tribunale pe’ l’uccisione d’un neonato. Paradossale pe’ modo di di’, perché in qui tempo anche le bestie si pote’ano condannà mentre oggi, certe “bestie”, girano tranquillamente pe’ i nostro paese. Ma questa è un’artra storia…

Di nascosto ho invece letto Anime nere, ancora un’antologia di parecchi vagabondi che un’hanno voglia di fa niente, pubbricata dall’Oscare Mondadori. L’ho letta di nascosto perché i mi arter ego l’è troppo schizzignoso. E un regge i sangue e le torture. Io, invece, mi ci so’ beato e c’ho avuto quasi un raptusse sessuale. Pe’ la forza de’ racconti come quello di Loriano Macchiavelli Qualcuno di troppo in famiglia che m’ha fatto veni’mente i Verga. Schietto e duro come i pisello di mi nonno, diceva la mi nonna. O quello di Sandrone Dazieri Tutto il resto è boia: u’ miscuglio di violenza e torture da fa veni’ i brividi di piacere lungo la schiena. U’ riesco, invece, a sopportà chi filosofeggia o scrive co’ gli svolazzi, le frasettine ine ine, i discorsini compricatini da intellettualini ini ini. E qui ce n’enno quarcuno ma un voglio di’ niente che li dovete scopri’ da voi. Oppure andate su’ i sito di Scerlocche Magazine dove ci so’ anche i voti (vedi scerlocchemagazine).

Ma lasciamo sta queste bischerate e veniamo a i sodo. Cioè alle pocce. Che arrivano da tutte le parti e in tutte le forme. A pera, a mela, a cocomero, a zucca. Di tutti i tipi e di tutte le dimensioni. E s’aggregano e sartano e ballonzolano e fanno un casino di diavolo. E incominciano a sparà. Ma mi’a latte ‘ardo che farebbe anche bene alla salute. E ti sparano arti’oli, racconti, romanzi polizieschi. A ripetizione, a mitragliate. For di metafora.  Le donne stanno invadendo i mercato di giallo. Ormai ve ne sarete accorti. So’ tante, ma tante tante. Troppe. Se un ci si sta attenti si pestano. So’ furbe, scartre. Assetate di groria. Hanno le punte delle penne intinte ni veleno di riscatto. E ci sanno fa. So’ più organizzate, meno bippe di solito. Capaci di fa comunella come l’omo. E poi? Un contente di scrive’ gialli ti inventano una dopo l’artra una serie di detective in gonnella (o in pantaloni che fa lo stesso) da fa veni’ i capogiro. Via i maschio anche nell’immaginario! Una rivoluzione. E l’omo che fa? I bischero, diceva i mi babbo. Mi’a si dà da fa pe’ respinge in quarche modo questo assarto di forme rotonde pe’ rimandalle a casa a fa la ‘arza. Massì, niente. Anzi gli dà una mano.

Soprattutto nell’immaginario creando a su’ vorta un ber malloppo di pocce co’ la pistola. Qui bippe di Giamesse Patterso te n’ha scaricate addirittura quattro co’ le su’ donne di crebbe omicidi! Bippe un’artra vorta. Urtimamente ci s’è messo anche quello spilungone tontolone di Geffri Divere co’ i su’ romanzo La bambola che dorme, pubbricato dalla Sonzogno. A i posto di Lincoln Rhyme (questo l’ho copiato), i tetrapregi’o che m’ha fatt’impazzì, c’ha messo la pisciona di Kathryn Dance (ho copiato anche questo). Ma allora miei ‘ari pistolotti ve le volete proprio andà a cercà. Ma allora un c’è rimedio. Sete tutti malati ni cervello. Sete de’ bippe, ma de’ bippe bippe.  Ma proprio bippe bippe bippe.

Un’avete visto quante ce n’è anche su questo sito? E La Bertazzoni e la Mammani e la Garlaschelli e la Rosel e la Tecla Dozio (ma i che nome gl’ha?) e la Barbato e… insomma un si finisce più. E portano con la loro dorcezza, i’ loro far prei e i loro cicici e i cicicià una marea di bonismo e di melassa. Come succede nell’interviste. Sulle quali ci de’o pe’ forza ritornà (in seguito vi farò vede’ io come si fanno!) Perché un’è possibile senti’ le solite domande appicci’ose. Le domande giuste, quelle più appropriate so’ di questo tipo “Perché dopo i froppe di tu libro un’e smetti?”, “Ma i tu’ editore un’è quello sotto ‘ura psichiatri’a?”, “Chi è qui bippe bippe che t’ha dato la penna in mano pe’ la prima vorta?”, “So che nelle vicinanze cercano uno che tiri le bippe alle mosche. Perché un ci vai?”, “I tu racconto m’ha fatto veni’ la diarrea. U’ lo potresti riciclà come antistiti’o?”, con la minaccia finale “Se ni tu’ cassetto c’è una quarsiasi artra ‘osa brucio te e i cassetto” e così via.

E proprio perché ci so’ tutte queste bippe tutto è roseo e profumato comi i culo d’un neonato (e ci va anche di rima). Pigliate i voti delle recensioni de’ libri. Una sfirza continua di discreto, bono, ottimo. Una vorta ho visto un mediocre che quasi m’ha messo paura. Mai, che so’ un fa schifo, gli’è di bippe, da portà a i gabinetto, da dà a maiali. Niente di niente. So’ tutti bravi, so’ tutti lindi, so’ tutti belli.

Accidentavvoi!