Qualcosa dentro di me palpita, e non è il cuore.

Qualcosa di piccolissimo, come il petalo di un fiore, ma un fiore piccolo.

E tenace, tenacissimo, come un filo d'acciaio, che non lo vedi ma c'è. E se non lo vedi e cerchi di attraversarlo, può anche segarti in due.

E' qualcosa di così profondo e deliziosamente indistruttibile che te lo dimentichi. Ma c'è.

Assomiglia a un ricordo, ma un ricordo di millenni fa.

Atavica resistenza del non morire.

Come se contasse qualcosa, non morire.

 

Ci sono uomini e donne irrimediabilmente soli.

Che non li puoi nemmeno sfiorare, anche se ti sorridono e ti fanno credere che sono lì per te, che è così facile ridere con loro, che è così facile parlare con loro, capirli, amarli.

Invece no, non è così.

Resistono a ogni assalto, a ogni corteggiamento, a ogni supplica.

Sorridono.

Per sorridere, sorridono.

E più ti sorridono più sono di vetro.

Trasparenti.

Inattaccabili, vivono in eterno.

Immuni da ogni coinvolgimento emotivo.

Atavica resistenza del non morire.

Come se contasse qualcosa, non morire.

 

Ci sono uomini e donne che si tuffano nel mondo, senza bagagli, senza armature.

Nudi.

Vulnerabili.

Apparentemente fragili, 'ché lo stolto spesso confonde vulnerabilità e fragilità.

Niente li ferma. Né il dolore, né la paura, né il folle schiocco di un bacio.

Niente di niente.

Atavica resistenza del non morire.

Perché, forse, qualcosa conta il non morire.

 

Almeno per un attimo, ti prego, fammi restare eterna.

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