Il Tizio

Maggio 2005

Né caldo né freddo, e quella dannata carretta non la smetteva di beccheggiare. Mare mosso, o almeno così gli pareva.

Il Tizio non riusciva a tenere la birra in equilibrio.

Su dalle scale il vento falcidiava, ma sotto mica puoi fumare.

Si sedette sulle panche di legno azzurro e si accese una paglia.

Da Milano a Orbetello dodici ore: treni del cazzo.

Mezz’ora di sosta, traghetto da Porto S.Stefano.

Un’ora di mare: Giglio in vista.

Il Tizio trangugiò la media e buttò il bicchiere di plastica oltre il parapetto.

Cuffie, volume al massimo. Occhi chiusi.

…Just doing it for the Cause!

For the Cause!

For the Cause!

Punk rock da due soldi. Roba da ragazzini pieni di brufoli.

Niente brufoli per il Tizio: cicatrici di sessant’anni.

For the Cause!

For the Cause!

La Causa. È così che la chiamavano. E lui ci aveva speso la vita.

Sui monti, quand’era ragazzo, con lo Sten che pesava un quintale e le scarpe piene di fango.

Poi c’erano state le piazze, l’amnistia di Togliatti e la voglia di fare di più.

Nel ’55 aveva dato un giro di vite. Bolivia, Ecuador, Città del Messico. Ovunque ci fosse da sparare.

Quanti anni erano passati?

Il Tizio non se lo ricordava.

Voleva solo riposare.

Il traghetto entrò in porto, fece manovra.

La sacca in spalla e un’impermeabile sgualcito, quando la pancia del mostro di ferro si spalancò, il Tizio si trovò l’Isola sbattuta in faccia.

Questo era il posto: la corsa finiva qui.

Scrutò il porto attraverso le lenti rosse degli occhiali, sbuffò il fumo dalle narici: aveva visto di meglio ma poteva andare.

Una cosa sola rovinava il paesaggio: Il brutto muso di Lorenzo T.

Lorenzo T.

Maggio 2005

Lorenzo T. fece due passi e allargò le braccia. Il Tizio lo squadrava: “Quante possibilità ho di cavarmela con una stretta di mano?”

Lorenzo T.: “Nessuna, Comandante! Nessuna…”

Un abbraccio forte, da maschi.

Lorenzo T.: “Allora? Che ti va di fare?”

Il Tizio smosse appena il capo. Gli occhi puntavano l’insegna verde di un bar fronte porto. Tavolini all’aperto, una vecchia con un assurdo foulard in testa.

Lorenzo T.: “Sono le undici, Comandante. Non è un po’ presto per la bumba?”

Il Tizio: “Te lo sei scordata la regola? Mai troppo presto per bere o scopare.”

Lorenzo T.: “Né troppo tardi.”

Il Tizio sorrise.

Rye e birra, roba da film western.

Due uomini soli. Un posto fuori dal mondo.

Lorenzo T.: “Hai intenzione di fermarti molto?”

Il Tizio: “Per tutto il tempo che mi resta.”

Lorenzo T.: “Che vuoi dire?”

Il Tizio: “Voglio dire che ho un cancro.”

Lorenzo T.: “Un cancro?”

Il Tizio: “Esatto, ragazzo.”

Lorenzo T.: “Che tipo di cancro?”

Il Tizio: “Hai presente quelli che si operano? Quelli che poi c’è la chemio, che ti cadono i capelli che tanto me ne sono rimasti pochi? Quelli che se presi in tempo si vincono, hai presente?”

Lorenzo T.: “Sì.”

Il Tizio: “Bene, il mio è dell’altro tipo, di quelli che vincono loro.”

Silenzio.

“Allora, ti è morto il gatto?”, infierì Il Tizio.

Lorenzo T. incassò la durezza del Comandante. “Quanto ti resta?”, chiese.

“Un paio di mesi”, disse Il Tizio.

Lorenzo T.: “Due mesi?”

Il Tizio: “Sì, dopo la morfina comincia a non bastare più. E io la morte del topo non la faccio. Mi basta morire in pace, con la coscienza a posto, a me. Chiaro?”

Chiaro. Mai avuto dubbi, Il Tizio: sempre saputo come stare al mondo, sempre saputo come andarsene.

Ricordi pesanti

Maggio 2005

La bevuta andava avanti da ore, le parole venivano da sole. Vecchi tempi, ricordi soprattutto. I due uomini non si vedevano da anni ma sembrava non fosse passato un giorno.

Discorsi di fica.

Lorenzo T.: “Il culo di quella bionda?”

Il Tizio: “Dritto dritto su quest’uccello!”

Il Tizio dava le spalle al porto, gli arrivò solo il chiasso. Non aveva bisogno di guardare, gli occhi di Lorenzo T. vedevano per lui.

Cinque bori romani, magliette rosa attillate che parevano scoppiare. Grida, schiamazzi.

Il porto era un fermo immagine stupito. La gente non fiatava.

Un fischio sguaiato: “Anvedi! Amore, ‘sto qua, pronto all’uso!”

Si voltò anche il Tizio.

Il boro aveva capelli unti incollati alla faccia.

Totti taglia XXL.

La ragazza nemmeno se lo filò. Accelerò il passo, rumore di tacchi sul pavè.

Il gigante la strattonò.

“Aiuto!”

La parola magica.