Valoroso condottiero e astuto conquistatore, primo console e imperatore di Francia, stroncato, in esilio a Sant'Elena, da un cancro allo stomaco o da un'ulcera, secondo le versioni ufficiali.

Può, il destino, essere tanto infido verso un uomo così grande?

Non è questo il parere dello storico francese Max Gallo che in un articolo apparso su Il Giornale nell'edizione del 2 giugno 2001 avanza l'ipotesi del tradimento e dell'omicidio premeditato.

Nel 1995 l'FBI trasforma i sospetti in certezze confermati, in un secondo momento, da esperti francesi.

Le analisi svolte sulle ciocche di capelli appartenute all'Imperatore rivelano un'intossicazione da arsenico i cui valori variano dai 7 ai 38,5 nanogrammo per milligrammo di capelli.

Il dito è puntato contro il conte e braccio destro di Napoleone a Waterloo, nonché compagno negli anni dell'esilio, Charles- Tristan de Montholon.

Forse venduto agli Inglesi o ai Borbone, che consideravano Napoleone un usurpatore, per delle promesse mai mantenute, oppure per futili motivi di gelosia, quando, per sopprimere la monotonia, Albine, la bella moglie del conte, avrebbe ceduto al fascino del compagno di prigionia.

Non sarebbe stato quindi difficile somministrargli piccole e regolari dosi di arsenico in un luogo come Sant'Elena sorvegliati da uno dei peggiori uomini che gli Inglesi avrebbero potuto inviare. Il carceriere Hudson Lowe.

E il cancro? Per Max Gallo, ovviamente, una cosa non esclude l'altra, ma anzi può essere proprio questa una conseguenza dell'assunzione del veleno.

Un delitto quasi perfetto le cui prove rimasero nascoste per ben centottant'anni con lo scopo, forse fantastico, o forse assurdo, di far di Napoleone Bonaparte un protagonista anche nel futuro, come il ruggito di un leone, intrappolato nelle spire dei serpenti, riecheggia per tutta la savana.