GRADINI DI CASA

Chiudere gli occhi e riaprirli solo fra centomila anni.

Solo tre gradini alla porta di casa.

Staccarsi dal muro e salire il primo - c'è una radio che suona.

Solo trenta gradini alla porta di casa.

Appoggiarsi alla ringhiera e cercare il secondo, da solo, nel buio.

Solo trecento gradini alla porta di casa.

Stringere gli occhi e la bocca sul freddo del muro - c'è una radio che suona.

Troppo stanco per vivere un altro gradino.

Aspettare la morte con le labbra schiacciate sul mento.

Ad occhi chiusi, nel buio delle scale.

Fra quanto?

Centomila anni?

LA MIA RAGAZZA E’ BELLA

La mia ragazza è bella, con le labbra quasi bianche e le mani lunghe e azzurre, azzurre e chiuse, su di un seno che non c'è. La mia ragazza è bella, coi suoi occhi sempre chiusi e le labbra sempre aperte, su un sorriso che non c'è. La mia ragazza è bella, Dio che bella, col suo sesso che non c'è.

Mi segue come un'ombra, quando fuori c'è la nebbia, quando scende lungo il vetro il riflesso della pioggia, che mi brilla sulle guance, come lacrime, in silenzio, quando scivolo per terra, contro l'angolo del muro, sciolto, spento, evaporato, quando scivolo in ginocchio, lentamente, addormentato.

La mia ragazza è bella e mi tiene fra le braccia, dolcemente e mi bacia sulle labbra, leggermente, fino all'ultimo sospiro.

QUANDO PENSO

Quando penso alle tue gambe, alle tue caviglie snelle che ho intravisto nello spacco lungo della gonna, quando penso ai tuoi occhi e ai tuoi denti, bianchi, che stringono l'angolo di un labbro, quando penso alla tua fronte, al mento, al seno, ai fianchi, allora, allora, allora sento, sento male, sento un dito che si pianta, freddo, in mezzo al cuore, sento un pugno che mi spinge, forte, sullo stomaco e il dolore che mi stringe, dentro.

QUESTO CUORE NERO

Se mi infilassi una siringa vuota nel cuore il sangue che ne pomperei fuori sarebbe nero come l’inchiostro di china. Mi pare quasi di vederlo gorgogliare dietro lo stantuffo che si alza, così denso e scuro da tingere il vetro come uno strato spesso di vernice, increspato appena da qualche bolla opaca e livida. Se mi infilassi una siringa nel cuore il vetro esploderebbe in uno schizzo nero come un getto di petrolio, fino al soffitto, perché me lo sento gonfio, il cuore e tanto grande da riempirmi il petto e premere forte contro la cassa toracica e anche più su, a chiudermi la gola. Se aprissi di più la bocca forse mi uscirebbe anche da lì, tra i denti e le labbra socchiuse, questo cuore nero che mi sento dentro.

Una volta ce lo avevo anch’io un cuore piccolo e rosso come tutti. Una volta. Sembra un’eternità a pensarci, a contare le ore e i secondi e tutto quello che è successo in quei secondi e quelle ore, sembra un’eternità a pensarci e invece quell’eternità era ieri.

SE IO FOSSI UN ESSE ESSE

Se io fossi un esse esse, dai lunghi, lucidissimi stivali e bianchi teschi di metallo sulla mia rigida uniforme nera, allora sì, sarebbe facile, che un languido riflesso di bontà filtrasse tra le mie palpebre d'acciaio e sarebbe forse più dolce, più morbida, una carezza col mio guanto nero.

Allora sì, sarei gentile e le terrei la mano mentre si inginocchia e delicatamente, come il vento con le nubi a primavera, o come l'acqua con la sabbia alla mattina, le scosterei i capelli, bella, per spararle un colpo nella nuca.