Nell’era dei telefonini e dei remake, le facce degli attori sono affidate ai bellocci televisivi del momento: la parte di Tom Atkins è di Tom Welling, il giovane Superman di Smallville, l’autostoppista Jamie Lee Curtis oggi è Maggie Grace la biondina capricciosa di Lost e la speaker radiofonica è Selma Blair l’incendiaria di Hellboy, in luogo di Adrienne Barbeau. Giovani virgulti pronti a finir presto docciati mostrando il meglio di se stessi.

Produce furbescamente John Carpenter, padre della pellicola originale che avvolgeva spettatore e trama in una vendicativa nebbia verdolina (rivista oggi non ha perso un grammo di fascino e coesione nonostante certe lentezze) mentre riproduce sciagurato l’inquietante The Fog, il regista Rupert WainWright (Stigmate) riadattando l’ordito mai dimenticato in salsa moderna e, manco a dirlo, abbruttendolo. Occhi nuovi per primitive nebbie: i padri fondatori della baia dove il vascello carico di vendetta e fantasmi si ripresenta a riprendersi il maltolto, hanno commesso un orribile delitto/inganno e a pagarne le spese saranno i discendenti dei traditori. Un diario segreto dipana il mistero ma nessuno sarà al riparo.

I dialoghi sono semplici e inutili riempitivi tra una scena madre e l’altra – sono le uniche cose che funzionano, forse perché copiate pari pari? – mentre quel che resta, rimane impigliato in fumose e noiose atmosfere impacchettate. Il corrispettivo in celluloide del cibo sugerlato: pronto al consumo. La nebbia che fu ha assunto una sfumatura azzurrina, le musiche trasmesse alla radio sono il peggio del pop-finto-rock odierno e la novità? E’ la presenza di un antico amore che si reincarna etero e dunque, servito anche il romanticismo quando la Bella e il Morto si ritrovano. Nebuloso remake col pathos di una puntata di linea verde.