Per l'iniziativa "Estate 2018: Leggiamo italiano" ho incontrato l'autore del più incredibile e paradossale hard-boiled di questa stagione!

Per chi non ti conoscesse, chi è Stefano Santarsiere e quale cocente passione muove uno scrittore come te?

Sono un appassionato di storie, da ascoltare, leggere, da vedere in un film, e ovviamente da raccontare. Se mi chiedi di andare all’origine di tutto questo mi ritrovo all’istante ragazzino, un pomeriggio d’estate, davanti alla televisione a guardare La notte del demonio di Jacques Tourneur. Mi ricordo del protagonista che si aggira nella biblioteca del BritishMuseum, completamente deserta, alla ricerca di un libro sul paranormale. Ricordo il brivido che provai al pensiero di inventare da me storie come quella, con un bel po’ di mistero e tanta azione. Se emozionano me, pensai, deve essere lo stesso per tanti altri.

E così produssi i miei primi esperimenti di narrativa, scritti a penna sui quaderni delle medie, che ancora conservo.

Sono passati più di trent’anni, ma non è diverso. Non ho ancora cessato di sperimentare e per scrivere devo avvertire per primo l’entusiasmo da trasmettere al lettore.

Questo giugno la Newton Compton porta in libreria il tuo "Il mistero della reliquia dimenticata", in cui già solo la trama merita un applauso. Cosa puoi raccontarci di quest'incredibile romanzo?

È un hard-boiled in salsa lucana, raccontato attraverso gli occhi di Lucio Lobello, un trentacinquenne dedito al Glenlivet e allo shabu, una droga anfetaminica. Ciò che rende particolare questo personaggio è che dice di essere il Diavolo, Satana in persona, che preferisce ciondolare sulla terra a godersela insieme agli uomini piuttosto che annoiarsi all’Inferno.

Ritiene di aver vagato sul pianeta negli tre ultimi millenni, sempre più depresso per l’inutilità del suo ruolo di Tentatore e per l’esito scontato (poiché già deciso nelle Sacre Scritture) del confronto con Dio: ma è il lettore che deve decidere se credergli o no. Quattro arcangeli furiosi sono da tempo sulle sue tracce (o si tratta di malviventi a cui Lobello deve dei soldi?) e inoltre un oscuro avversario sta per fare la sua comparsa: un serial killer, che semina la campagna di cadaveri secondo un preciso rituale religioso. Per una serie di circostanze Lobello finisce in cima alla lista dei sospettati e sarà l’alleanza con un prete (guarda caso) ad aiutarlo.

Insomma, si tratta di un poliziesco in piena regola – fra omicidi rituali, opere d'arte e documenti segreti, sullo sfondo di un paesino lucano – ma con tendenze, diciamo così, visionarie.

Non dimentichiamo i tuoi precedenti romanzi per Newton, "La mappa della città morta" (2016) e "I guardiani dell'isola perduta" (2017), entrambe indagini di Charles Fort: possiamo definire quest'ultimo un "indagatore del mistero"?

Certo. Un indagatore del mistero un po’ per convenienza, perché il suo portale internet (La voce dei dannati) è un successone, un po’ per necessità, perché talvolta indagare è l’unico sistema che gli resta per salvarsi la pelle.

Questi romanzi in un modo o nell'altro ruotano su "misteri misteriosi". A parte l'innegabile fascino fra i lettori, sei più appassionato dei misteri o della loro eventuale soluzione?

Entrambi. Mi affascina l’intrigo, mi sorprende la soluzione. Talvolta il mix fra i due raggiunge vette notevoli. L’ esempio che mi salta in mente adesso è Il mastino dei Baskerville, di Sir Arthur Conan Doyle.

Immagina che domani ti chiami un produttore cinematografico e proponga di trasformare il tuo ultimo romanzo in film, ma solo se sei tu stesso a scriverne la sceneggiatura: accetteresti? E se sì, quali attori farebbero parte del cast? (Stiamo fantasticando, quindi puoi usare anche attori internazionali!)

Lo farei senz’altro. Proprio in questo periodo mi sto interessando alle tecniche di sceneggiatura. Non mi dispiacerebbe in futuro scriverne una, magari su una storia originale.

Per il protagonista del Il mistero della reliquia dimenticata vedrei bene (hai detto che posso sparare alto, no?) Jude Law.

Da molti anni sei un autore pubblicato anche in eBook: cosa ne pensi della tanto vituperata editoria digitale?

Posto che mi chiedi di "editoria digitale", che vuol dire sostanzialmente un tipo di attività in cui la produzione editoriale si determina attraverso le tecnologie informatiche, non ci vedo nulla di spaventoso. La differenza a mio avviso non la fa il supporto o la modalità con cui lo distribuisci, ma la qualità delle opere.

Ovviamente, l’accessibilità e il minor costo (anche di produzione) dell’editoria digitale attira anche una certa percentuale di avventurismo, e di approssimazione, ma è una fase destinata ad esaurirsi.

Poi, se parliamo di abitudini a "consumare" letteratura, è sempre interessante godersi lo spettacolo di questi due insiemi diversi di lettori, talvolta quasi in contrapposizione: da un lato i lettori tradizionali, abituati alla concretezza delle pagine di carta, che faticano a rassegnarsi all’e-book, che possono al massimo alternare ma preferiranno sempre il libro tradizionale. Dall’alto quelli che il salto l’hanno fatto e preferirebbero farsi spellare piuttosto che separarsi dal Kindle. Devo dire che io sono tra questi ultimi, anche per ragioni di spazio. Fra i giocattoli di mia figlia e i miei libri, a casa mia non entra più nemmeno uno spillo.

Tornerà ancora il tuo Charles Fort in futuro?

Assolutamente sì. Sto scrivendo la terza avventura della saga. Se tutto va bene, e se tu vorrai, potremo riparlarne nel 2019…

Questa estate ti ritaglierai una vacanza di stacco totale dalla scrittura o comunque terrai sempre la penna (o la tastiera) a portata di mano anche in ferie?

Non mi stacco mai del tutto dai miei progetti di scrittura. Magari non scrivo tutti i giorni (come solitamente faccio) ma leggo, prendo appunti, rifletto sulle trame, i personaggi, i temi, i dialoghi… e il PC è sempre con me.

Per finire, ti chiedo un consiglio triplo per i lettori: un luogo da visitare questa estate, un film da vedere (di qualsiasi periodo) e un libro da leggere in vacanza (oltre ovviamente al tuo romanzo).

Se non l’avete visto, La forma dell’acqua (The Shape of Water, 2017) di Guillermo Del Toro, e come libro Salvare le ossa (Salvage the Bones, 2011) di Jesmyn Ward.

Per il luogo, nessun dubbio: la Basilicata.

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Chiudo ricordando i libri di Stefano Santarsiere disponibili su Amazon e su Newton Compton. Ecco il suo sito ufficiale.