ELENA: Ciao Diego, eccoci qua per scambiarci qualche domanda sui nostri libri pubblicati da Delos Passport ed è un vero piacere. Io sono una maniaca dei titoli, se non ne ho uno credibile, non riesco a iniziare a scrivere ed è successo così anche con “Ragazza con cesto di pomodori”. Il tuo titolo è molto intrigante: “L’ustascia, le donne e Dio”. Come nasce?

DIEGO: Ciao Elena, il piacere è anche mio, visto che ho diverse curiosità sul tuo libro. Ma comincio io a rispondere, allora? Be’, il mio titolo a dire la verità, era semplicemente “L’ustascia”, poi con Fabio Novel è venuto fuori il titolo attuale. Ho assai pochi meriti su questo, come vedi.

ELENA: Allora diciamo bravo al nostro curatore di collana!

DIEGO: Certamente. Io invece vorrei chiederti un’altra cosa. A me interessa molto la genesi della tua idea del racconto. Sapevi già del movimento nazionalista croato? E come mai? Io, ad esempio, ancora nel periodo comunista, ne ero al corrente per una serie di incontri con gente cattolica, incontri procuratimi da uno scrittore italiano, a sua volta cattolico, Antonio Barolini, oggi scomparso, che però non credo sapesse dell’attivismo nazionalista di questi.

ELENA: Era da parecchio che avevo intenzione di scrivere qualcosa sull’Istria, la terra di mia madre e un’idea ha cominciato a germogliare; poi, in quel periodo, stavo leggendo un libro molto interessante, “Tito spiato dagli Inglesi”, edito dalla Mgs Press e che mi ha permesso di approfondire degli argomenti di cui sapevo poco, o comunque che conoscevo solo molto superficialmente. Terminata la lettura ho pensato che ci si poteva costruire qualcosa di interessante attorno, la spy story c’era, esisteva, non mi restava che aggiungerci il resto.

DIEGO: Tito da vicino è interessante. Alla fine del racconto spieghi come tua madre lo abbia conosciuto proprio in quella casa. Quella del pittore del racconto.

ELENA: Mia mamma viveva a San Bernardino, una frazione di Pirano. La casa di Viktor (il nome, naturalmente, è un altro) esiste ancora ed è molto simile a come l’ho descritta, anzi, piuttosto identica. Mia madre è stata per anni amica delle due figlie del pittore, con una si sente ancora e quindi passava molto tempo da loro. L’episodio dell’incontro con Tito me l’ha raccontato spesso, perché ai suoi occhi di ragazzina era un personaggio forse non proprio mitico, ma importante e vederselo davanti in un ambiente che per lei era familiare, è stata una botta. Lo ricorda vestito di bianco, abbronzato, con un sacco di medaglie sul petto, una cosa che l’ha fatta sorridere e c’erano due uomini con lui, probabilmente guardie del corpo. Ha posato quel giorno per il suo ritratto, poi se ne è andato, lasciando una fotografia per permettere al pittore di continuare il lavoro. Oggi, quando ci ripensa, riesce a ricordare anche la luce che c’era quel pomeriggio.

Adesso tocca a me, però.

Boris e Marko. Un’amicizia tragica e intensa. Parlane un po’, anche perché io sono affascinata dall’amicizia maschile, credo sia un terreno complesso e misterioso.

DIEGO: Per il personaggio di Boris mi sono ispirato a un amico d’infanzia, diventato, crescendo, un fervente nazionalista croato. Le nostre madri erano amiche intime, compagne di scuola ai tempi dell’Italia, la mia profuga, la sua è rimasta. Quando tornavamo a Fiume ci vedevamo e inevitabilmente giocavamo insieme. Da adolescente suonava il violino e io restavo a guardarlo mentre mi suonava qualcosa. Da grande è diventato un attore, ma lavorava poco per via delle sue idee politiche sempre più vicine al nazionalismo croato. Alcuni suoi viaggi in Germania e il contatto con elementi ustascia lo hanno fatto diventare un militante di quella organizzazione fino a essere arrestato al suo ritorno a Fiume. Durante la “guerra patriottica” è stato ufficiale delle guardie nazionali, l’esercito provvisorio agli ordini di Tudijman.

ELENA: Mi ha colpito la tua conoscenza dei Balcani e dell’atmosfera che vi si respira, hai una visione molto emozionale, ma lucida. Come mai?

DIEGO: Dall’età di sei anni, cioè dal 1954, sono tornato tutti gli anni a Fiume, penetrando una realtà che non era più quella della Fiume lasciata dai miei genitori nel 1947. I miei amici erano serbi, montenegrini, croati dell’interno arrivati a Fiume con i loro genitori per riempire il vuoto demografico lasciato dagli italiani. Questo aspetto mi ha fatto sempre più interessare al mondo balcanico, a leggere i libri dei loro autori, a partire da quelli tradotti in italiano, a quei tempi ovviamente per motivi politico-pedagogici, dall’Edit, la casa editrice della minoranza italiana. Poi cercavo di non perdermi un solo autore balcanico tradotto e pubblicato in Italia. Nasce così anche il mio ultimo libro “Balcanica – viaggio nel sudest europeo attraverso la letteratura contemporanea”.

Senti, però. Tu e ancora prima io, siamo figli di un’epoca che ha segnato le nostre vite. Ora che non c’è più la Jugoslavia è meglio o no? Io non saprei rispondere a questa domanda. Provo sempre un senso di smarrimento, non tanto a Fiume, quanto in Istria, a Rovigno, a Pirano, a Pola, quando parlano croato, come una distonia.

ELENA: Sai, l’esodo io l’ho vissuto nelle parole di mia mamma, con i suoi racconti, i ricordi, le sensazioni che si porta dietro dall’infanzia e per me l’Istria, quell’Istria lì, è sempre stata una terra fatata, una specie di Shangri-La. E devo dire che lei non mi ha trasmesso nessun astio. Fa male, questo sì e molto. Ecco. La conosci la canzone di Sergio Endrigo “1947”? Ci si sente così, provvisori tutta la vita. Meglio prima, meglio dopo. Non lo so, non so nemmeno se è un discorso che si possa fare. Troppi anni, troppo dolore che non è mai stato elaborato. E un confine che non c’è più, ma nelle teste sì e denso.

Bene, qui finisce la nostra intervista.

Abbiamo parlato di libri, ma rileggendola mi rendo conto che abbiamo parlato soprattutto di emozioni.

Elena Vesnaver

RAGAZZA CON CESTO DI POMODORI

Delos Passport n. 14

Prezzo € 1,99

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Una tappa sulla costa istriana, all’alba degli Anni ’70, in compagnia di una giovane spia alla sua prima missione, di un seducente artista e del presidente della Jugoslavia: il maresciallo Josip Tito.

LA TRAMA

Jugoslavia, 1971. Il nazionalismo croato fermenta nel ventre molle della giovane federazione e mira ad assassinare il Maresciallo Tito. Ciò preoccupa più di qualcuno, in Occidente: la non-allineata Jugoslavia infatti fa comodo a tutti, tant’è che vi agiscono tollerati i servizi segreti di entrambi i blocchi. La giovane Vesna, nativa di Capodistria ed esule a Trieste, viene reclutata e addestrata come talpa. A questo scopo, farà da modella al carismatico e adultero pittore Viktor Šavli, nella cui villa presso Portorose, sulla costa istriana, è spesso ospite Tito, di cui è amico. Nel corso della missione, Vesna avrà modo di confrontarsi con i congiurati, ma anche di approfondire la conoscenza di Viktor ed essere la sua “Ragazza con cesto di pomodori”.

L’AUTRICE

Nata a Trieste nel 1964, si diploma all’Istituto d’Arte Drammatica, Elena Vesnaver e lavora come attrice per più di vent’anni. Scrive adattamenti e testi originali per la sua e altre compagnie.

Dal 2004 si dedica esclusivamente alla scrittura, esplorando le varie sfumature della narrativa, passando dai libri per ragazzi al giallo, dal noir al rosa.

Con Il caso dell’Unicorno Nero vince, nel 2008 lo Sherlock Magazine Award. Il racconto compare anche nella raccolta Sherlock Holmes in Italia.

I suoi ultimi libri sono Cime Tempestose, con illustrazioni di Sandro Natalini (Edizioni Lineadaria), riscrittura per ragazzi del classico di Emily Brontë, e Le ragioni dell’inverno (A.Car Edizioni), un giallo psicologico in tre episodi. Nel 2011 è stata pubblicata la riedizione in formato ebook del suo romanzo breve Sixta pixta rixa xista (Edizioni di Karta). Nel 2013 pubblica il libro per ragazzi Il segreto della dire (Coccole Books), illustrato da Federico Maggioni.

Dal 2009 scrive racconti, romanzi brevi e a puntate per alcune delle più importanti riviste femminili.

Tiene corsi di scrittura creativa sia per ragazzi che per adulti.

Per Delos Digital ha pubblicato nelle collane Sherlockiana, Senza sfumature e History Crime.

Diego Zandel

L’USTASCIA, LE DONNE E DIO

Delos Passport 3

Prezzo: € 2,99

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Un drammatico noir. E una finestra su un tempo che crediamo già lontano, ma non lo è.

LA TRAMA 

Boris e Marko. Uniti da giovanile amicizia, divisi da ideali inconciliabili. Comunista jugoslavo il primo, nazionalista croato l’altro. E poi: l’italiana Silvia. Vittima di un fascino slavo che purtroppo cela letali segreti. Perché il “crociato” ustascia ha un’idea molto precisa di ciò che una donna dovrebbe essere, agli occhi di Dio. L’ustascia, le donne e Dio è un racconto nero, ambientato alla fine degli Anni ’80, lungo il Reno, tra Germania e Svizzera, ma che ci riporta soprattutto alla complessità che caratterizzò l’ex-Jugoslavia.

L'AUTORE

Diego Zandel nasce nel 1948, a Servigliano, in uno dei campi profughi destinati ad accogliere l’esodo degli istriani, fiumani e dalmati di etnia e lingua italiana. Cresce poi nel Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma, dove vive i con i genitori fiumani e la nonna paterna.

Nel suo futuro di scrittore, ad influenzarlo saranno soprattutto queste origini, oltre che l’aver sposato una donna, ora scomparsa, di madre greca, matrimonio che lo porterà a fare di Kos un luogo d’elezione.

Ampia la sua produzione giornalistica, saggistica e narrativa, tra cui i libri “Massacro per un presidente” (Mondadori, 1981), “Una storia istriana” (Rusconi, 1987), “Crociera di sangue” (Mondadori, 1993), “Operazione Venere” (Mondadori, 1996), “I confini dell’odio” (Aragno, 2002), “L’uomo di Kos” (Hobby&Work, 2004), “Il fratello greco” (Hacca, 2010), “I testimoni muti” (Mursia, 2011), “Essere Bob Lang” (Hacca, 2012) e “Manuale sentimentale dell’isola di Kos” (Oltre Edizioni, 2016).