Con Maud Silver, Lynn MacDonald e Hildegarde Withers…

La collezione di Patricia Wentworth

Partenza col botto. Voglio dire con una scrittrice di classe. E una protagonista di classe: l’investigatrice Maud Silver che sferruzza, sferruzza, tossisce, tossisce (piccoli  colpi di tosse prima di parlare con varie gradazioni e intenti verso l’interlocutore). Sembra uscita da un album di famiglia: cappellino piatto sgualcito con la velata, vestito lungo in finta seta grigia, calze e scarpe nere, filo di perle di quercia fossile, occhiali e spilla a forma di rosa. Eppure, eppure questa antiquata istitutrice saltata fuori dal suddetto album di famiglia emana, per chi ne viene a contatto, “una intelligenza che esigeva rispetto”, “un’integrità, una gentilezza, una sorta di benigna autorevolezza”.  Praticamente all’inizio rifiuta il “lavoro” di detective per un tizio, collezionista di gioielli legati a storie di sangue e morte, che sarà lui stesso, inevitabilmente, ucciso. Poi ecco la pittrice Stacy che deve fare un ritratto ad una signora. Qui incontra di nuovo il marito con il quale ha divorziato e qui succede l’episodio dell’omicidio. Qualche spunto: un testamento bruciato, una spilla sparita, passioni contrastate, una lunga litania di sospetti che mettono in apprensione il capo della polizia. Ma l’attesa del lettore è tutta per l’entrata in scena, tra un diversivo e l’altro fino al tragico finale (ottimi gli incastri delle storie con i vari personaggi vivi, concreti, reali), della nostra cara, antiquata signorina che sferruzza, sferruzza e tossisce, tossisce. Da sola vale il romanzo volutamente appena accennato.

La Fattoria del Deserto di Kay Strahan

L’investigatrice Lynn MacDonald arriva suppergiù a due terzi della storia scendendo da un treno tutta vestita a puntino come se “l’avessero colta da poco in qualche ridente giardino californiano e trasportata fin qui sotto giaccio”, Piuttosto alta “di forme piene e arrotondate”, occhi di un grigio schietto, capelli di un “rosso tizianesco e dorato che faceva pensare a un tramonto di sole”. Splendida, fresca, disinvolta. Così la vede chi narra la vicenda in prima persona, ambientata nella Fattoria del Deserto del Nevada, ovvero Mary Magin, cuoca e governante della suddetta. Deve risolvere due casi di omicidio e di un suicidio che hanno sconvolto la quiete di tutto l’ambiente con i suoi ospiti. Già in fermento, ad essere sinceri, e Mary ce lo aveva preannunciato, dopo l’arrivo di due gemelle in contrasto fra loro per un bel giovanotto della Fattoria. Gemelle sempre in giro alla ricerca di qualcosa che la nostra voce narrante non riesce a capire. Un bell’intrigo di passioni, anche non corrisposte, di gelosie, di morti ammazzati, di sorprese, enigmi (vedi una lettera cifrata), dubbi e contorcimenti vari che impegnano a fondo la nostra cuoca e l’inossidabile Lynn, abile nelle indagini e in cucina tra pentole e fornelli.

Architettura complessa, sviscerata nei minimi particolari con un’idea che ritroviamo spesso quando ci sono di mezzo i gemelli. Scrittura fresca, veloce, piacevole, infiorettata di spunti filosofici, a tratti divertente, seppure dentro un’atmosfera tesa. Questa Mary Magin, cuoca e governante è davvero brava…

Il mistero della villetta da luna di miele di Stuart Palmer

Miss Hildegarde Withers (non c’è bisogno di presentazione) si ritrova a San Diego per una visita alla nipote Joan, fresca di matrimonio. Solo che gli sposini sembrano svaniti nel nulla. Unico indizio il fatto che Joanie “ascoltava sempre le trasmissioni radio del dottor Doan” (esperto in problemi familiari), odiate mortalmente da suo marito. Via, dunque, da questo dottore che sarà trovato ucciso con un colpo di pistola. L’assassino si nasconde fra alcuni personaggi da lui licenziati o, addirittura, è il marito stesso della nipote che non ne poteva più delle sue trasmissioni?…

Lettura gradevole, piacevolissima, con Hildegarde che rimane una figura amata e popolare anche oggi per le sue indubbie caratteristiche e qualità di tetragona zitella investigatrice. “Ma forse è anche la spia che la Depressione (una Depressione non meno drammatica di quasi un secolo fa) è tornata in mezzo a noi e ci spinge a consolarci, in mancanza di ricette economiche efficaci, con le nostre inossidabili signorine omicidi” (Mauro Boncompagni).