Sergio Fanucci, dismessi gli abiti dell'editore per la seconda volta, nel secondo capitolo di quella che è programmata come una trilogia, si è cimentato nella scrittura di un thriller internazionale.

Da professionista della lettura, per diletto o per valutare la proponibilità degli inediti, ha scelto il ritmo incalzante dei capitoli brevi agganciati l'uno all'altro da piccoli colpi di scena finali. Quel meccanismo che ben funziona fin dai tempi dei romanzi di appendice francesi e che si è modernizzato nell'anglofono “cliffhanger”, comune a letteratura di consumo e a serie televisive. Una scelta con la quale cerca di ovviare all'ostacolo delle prime cento pagine. Cioè del primo quarto del libro.

Infatti questo romanzo è decisamente il trancio corposo di una unica complicata storia. I personaggi ricorrenti, quelli che cioè non vengono ammazzati nel corso del capitolo in cui vengono introdotti, sono nella prima parte del libro come delle bolle di sapone sulle quale si riflette il trascorso del primo romanzo, con incongruenze ed esagerazioni varie che non si sono ancora sedimentate sottopelle al nuovo lettore. Ci vogliono quelle fatidiche circa 100 pagine per lasciarsi andare, fra le altre, all'idea di un poliziotto della omicidi newyorkese, figlio di un capomafia russo e sotto accusa a causa di un omicidio al quale aveva assistito a tredici anni e che, nei lustri di onorata carriera, aveva omesso di denunciare.

Dove siamo arrivati nella storia quando il libro comincia ? Elisabeth Scorsese, la protagonista, avvocato, giovane ma già affermata, figlia di spie e agenti governativi, scampata nell'episodio precedente a un complotto per ucciderla, viene incaricata della difesa di un nuovo cliente, detenuto in una cella di massima sicurezza, tramite l'inaspettato bonifico di un milione di dollari sul suo conto corrente. Questo nuovo cliente viene però ucciso da un'avvenente killer prezzolato, conosciuta dall'FBI per fama e volto con il nome di “Ghost”, che ha il vezzo di utilizzare in più formati il veleno del fegato del pesce palla, e che continuerà ad eliminare gente per tutto il resto del libro. Intanto Scorsese padre è in giro con un commando di agenti speciali per l'America Meridionale sulle orme di uno sfuggente supercriminale che tredici anni prima aveva rapito suo moglie. Del poliziotto con Famiglia ho già detto sopra. E le cento pagine sono appena cominciate.

In una intervista l'autore ha dichiarato di essersi imbarcato in questa avventura come reazione ad un momento difficile della sua vita privata. Non faccio fatica a credergli perché questo romanzo non è che un grande gioco a titillare la soglia di incredulità del lettore e credo io stesso nelle virtù terapeutiche del gioco. Purtroppo sono molti i punti in cui i dialoghi, la banalità per eccesso nel colpo di scena o nella caratterizzazione del personaggio, singolarmente o tutti insieme, mi hanno fatto rizzare le orecchie.

Quindi il problema e il pregio di questo libro sta nel gioco. Quanto e come il lettore sia disposto a stare al gioco dell'autore. Almeno fino al punto in cui diventa vitale sapere come andrà a finire. O meglio, essendo una seconda parte di tre, dove andrà a interrompersi. Dopo averlo accettato si può pure accedere ai livelli successivi. Tipo l'isolare i fatti reali che hanno ispirato e fatto da piattaforma per i balzi di fantasia o perdersi nel labirinto dei personaggi e chiedersi, che ne so, perché così tanti di essi sono riconducibili a scrittori di fantascienza.