Le cronache hanno portato spesso alla ribalta il nome di Mario Mori. Generale dei carabinieri, è noto soprattutto per essere stato il fondatore dei Ros, il Raggruppamento Operativo Speciale che si occupa di investigazioni sulla criminalità organizzata e il terrorismo. Ma può vantarsi di essere stato anche direttore del SISDE, il servizio di sicurezza e controspionaggio italiano, oltre ad aver avuto altri importanti incarichi nell’ambito delle istituzioni italiane. Nessuno meglio di lui, pertanto, è indicato per scrivere uno studio dell’intelligence e, quindi, di quegli apparati dello stato preposti allo spionaggio e al controspionaggio. Mario Mori lo ha fatto con “Servizi segreti – introduzione allo studio dell’intelligence”, edito da G-Risk, una società, come informa l’editore, “che fa della sicurezza e dell’intelligence privata la sua cifra professionale”, in collaborazione con la Lookout news.

E’ uno studio a tutto tondo dei servizi segreti, che comincia con la storia di questi fin dai tempi dell’epoca pre-romana, per arrivare ai nostri giorni. Un’analisi puntuale, ricca di informazioni, note, nomi che offrono la misura dell’importanza che i servizi segreti rivestono non solo in tempi di guerra, come è ovvio, ma anche in tempi di pace, in particolare per il controllo politico degli eventuali avversari. Oltre alle operazioni di carattere militare, tra cui contaminazioni di carattere psicologico, scrive Mori che “gli agenti di Cesare svolgevano anche forme d’intelligence politica, controllando l’attività di uomini influenti come Marco Tullio Cicerone, mostratosi sempre ostile nei suoi confronti”. Queste pratiche nell’ambito civile sarebbero in altre epoche diventate più diffuse. Facendo salti di qualche secolo – che comunque il libro di Mori percorre interamente – si pensi solo alla funzione che i servizi di informazione hanno avuto durante il fascismo. Allo scopo fu creato il DAGR, la Divisione Affari Generali e Riservati che fu suddiviso in due settori: “quello relativo alle problematiche di ordine pubblico , con competenze in materia di difesa della sicurezza dello Stato e controllo delle attività sovversive (leggasi opposizione politica: d’altra parte basta una ricerca all’Archivio Centrale dello Stato per vedere come ad essere messo sotto controllo fosse qualunque cittadino, non necessariamente, sovversivo, che mal tollerava le imposizioni della dittatura fascista, n.d.r.). Mori ricorda anche l’attentato al Teatro Diana, un’esplosione che avrebbe provocato 21 morti, parlandone in termini positivi per i servizi segreti, come un momento che l’autore giudica apprezzabile per la efficienza e le tecniche di cui le indagini si sarebbero giovate. Mentre, a mio avviso, resta aperta l’ambiguità di quell’attentato attribuito agli anarchici, mentre a tutt’oggi non è esclusa la mano dei fascisti della prima ora.

Altro senso avrebbero avuto più tardi, negli anni della Repubblica democratica, i servizi che operavano nella lotta al terrorismo, oltre che, naturalmente alla Mafia (e su questi due fronti Mario Mori può ben dire la sua, per essere cresciuto nei nuclei speciali antiterrorismo del Generale Dalla Chiesa e, con i Ros, essere stato protagonista nella lotta alla mafia).

In questo quadro, in particolare, avrebbe meritato un capitolo più ampio il ruolo, molto ambiguo, avuto dall’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, nell’epoca in cui a guidarlo era Federico Umberto D’Amato. Scrive Mori a riguardo: “Funzionario d’indubbio valore, con appoggi e legami a livello internazionale (leggasi CIA, n.d.r.), D’Amato sarà poi accusato d’interferenze e condizionamenti durante la stagione degli “anni di piombo”, ma nessuna inchiesta troverà nulla di concreto a suo carico” (sic!). Sono gli anni, per intenderci, in cui si parlava di “corpi separati dello Stato”, di attentati dalla matrice dubbia. Mori ricorda, subito dopo, la strage di Piazza Fontana, quella di Piazza della Loggia a Brescia, l’attentato al treno Italicus e così via. Ma da un uomo delle istituzioni come Mario Mori si può capire la riservatezza, anche se per il lettore, perlomeno chi quella tragica stagione ha vissuto, qualche indiscrezione in più sarebbe stata gradita, vista la natura – è il caso di dire onnisciente – del libro.

Il quale è utile non soltanto per la storia, la natura e le ragioni dei servizi segreti italiani, ma anche di quelli stranieri più importanti: quello del Regno Unito, innanzitutto, che fu il primo Stato in assoluto a dare vita a strutture di intelligence moderne che avrebbero indicato poi la strada ad altri Stati, quindi quelli importanti degli Stati Uniti, della Russia, Germania, Francia, Israele, Egitto e Cina. Notizie essenziali, ma complete che fanno di questo libro un autentico manuale. Al di là, c’è da dire, del linguaggio che a tratti risente di un certo stile burocratico.