Come nasce l’idea di Crimini al microscopio? Leggendolo si ha l’impressione che per te sia molto di più di un semplice manuale per smascherare le inesattezze di CSI e simili.

Crimini al microscopio ha una lunga gestazione. L’idea iniziale era quella di scrivere un diario che spiegasse un giorno ai miei figli le ragioni del mio tempo sottratto a loro. Nel corso degli anni a questo si è aggiunto il desiderio di scrivere per non dimenticare tante storie che ho vissuto e che mi hanno regalato a vario titolo forti emozioni. 

La chiave di lettura  che descrive le imprecisioni delle serie televisive, in realtà, è giunta solo alla fine. Di fatto è l’insieme delle risposte alle molte domande, spesso le stesse, che le persone mi pongono quando dico loro il lavoro che faccio.  

Il libro è un intreccio di divulgazione scientifica, vita personale e documentazione di casi. Non ti ha mai sfiorato l’idea di scrivere un romanzo vero e proprio?

Ho sempre pensato che scrivere un romanzo richieda, oltre che grandi doti di scrittura,  una fervida immaginazione e molta fantasia per sviluppare un intreccio narrativo che possa veramente interessare. Ho sempre avuto un approccio molto scientifico alle cose e questo, per certi versi, mi ha reso poco fantasiosa e molto ancorata alla realtà. E’ stato certamente più naturale, per me, scrivere su un reale vissuto. Non posso negare che mi piacerebbe pensare di poter scrivere un romanzo ma per il momento non mi sento pronta.

Sempre in questo ipotetico romanzo, di sicuro, non avresti avuto lo spazio per citare tutti i casi di cui scrivi in Crimini al microscopio. Con ogni probabilità saresti stata costretta a sceglierne due o tre. Quali avresti selezionato come più rappresentativi?

Questa è una domanda difficile. Le storie che ho raccontato sono molto diverse tra loro e tutte hanno un aspetto che, per me, le rende interessanti. Penso ad un ipotetico romanzo come ad un’opera di fantasia nella quale poter eventualmente inserire alcuni elementi dei casi citati nel libro senza renderli riconoscibili. La maggior parte di essi ha sempre un risvolto drammatico, lascia il dolore nella parte offesa e pensare di sfruttare tutto questo per un’opera di fantasia mi sembra poco rispettoso. La caccia a un latitante, la scomparsa di una persona, la sua identificazione, i misteri che stanno dietro fatti apparentemente inspiegabili potrebbero essere elementi di un mio ipotetico romanzo.

Sei nata in una delle capitali del Meridione e hai a che fare tutti i giorni con crimini di ogni tipo. Sei una specialista in genetica forense e ti occupi di DNA. La domanda — un po’ bizzarra e provocatoria — è: se esistesse un gene della violenza, della rassegnazione e della sottomissione potremmo risolvere una parte dei problemi del Sud o andremmo incontro a un futuro in cui avremmo delle caserme intitolate a Cesare Lombroso?

Non mi affiderei troppo alla genetica per la risoluzione dei problemi del Sud. Non è neanche escluso che possano esistere geni che predispongano verso questi atteggiamenti. Ma è sicuramente vero che il nostro essere persona è frutto di una interazione tra i nostri geni e l’ambiente.

Anche se la trattazione è in gran parte rigorosamente scientifica, in Crimini al microscopio è evidente un lato morale, fatto di pietas in senso lato, sia quella di antica tradizione romana — la dedizione alla patria, allo Stato nel tuo caso, e alla famiglia — sia nel senso comune di sentimento che porta all’empatia e al rispetto per il prossimo. Questo aspetto “umano” lo hai programmato come uno dei temi del libro o è venuto fuori da solo, mettendo per iscritto la tua esperienza?

Come ho già detto l’idea originale era quella di scrivere una sorta di diario per raccontare ai miei figli e non dimenticare e questo non poteva prescindere dalla descrizione delle mie sensazioni. Direi che sin dall’inizio quello “umano” è stato per me l’aspetto più importante, non avrei saputo trovare altro modo per scrivere il libro. 

Uno scrittore di fantascienza italiano, Giovanni De Matteo, sta scrivendo una serie di romanzi che ha per protagonista una nuova sezione di Polizia Scientifica, l’unità Psicografica, capace di visualizzare e indagare gli ultimi ricordi dei morti. Un’idea molto forte che rende giustizia alla fatica fisica e psichica che comporta il tuo lavoro: gli agenti di quell’unità infatti, dopo una sessione di lavoro, non sono mai tutti belli lindi e cool come quelli di CSI. Ti chiedo: a oggi, l’innovazione tecnologica fino a quale orizzonte porterà il tuo lavoro? 

Per prima cosa grazie per la “dritta”. Mi sembra molto originale e interessante. Il settore delle tecnologie applicate all’analisi del Dna in ambito forense è in continua evoluzione. Le ditte che producono apparecchiature e reagenti propongono soluzioni sempre più rapide, sensibili e performanti per ottenere profili genetici da qualunque substrato. Tuttavia non va sottovalutato il fatto che anche la qualità del materiale biologico presente sulla traccia è importante, quindi, a fronte di una maggiore sensibilità della chimica utilizzata nelle nostre analisi, va anche considerata la complessità che può scaturire nella risposta.

Inoltre, diversi gruppi di ricerca stanno sviluppando delle piattaforme analitiche in grado di dare con un certo grado di probabilità informazioni sul colore degli occhi, dei capelli, dell’altezza, dell’età. Una sorta di “identikit genetico”. Non so se tutto questo troverà applicazioni nelle indagini di polizia dal momento che non fornisce, ad oggi, informazioni certe. 

E nel tuo di futuro, c’è già un altro libro in cantiere?

In questo momento, no. 

Per concludere, riguardo allo sfruttamento dei diritti d’autore del libro c’è un’iniziativa che merita una segnalazione. Ce ne vuoi parlare?

Tutto quello che ho raccontato in Crimini al microscopio è il frutto del mio lavoro all’interno della Polizia di Stato. Ho ritenuto doveroso cedere tutti i proventi che ne sarebbero scaturiti al fondo “Piano Marco Valerio” che si occupa di aiutare i figli dei colleghi affetti da patologie croniche. Ho pensato che le finalità che persegue il fondo siano in linea con la mia formazione di biologa e specialista in genetica medica.