Edito da Marsilio nella collana Farfalle, giovedì 12 febbraio "Solo il tempo di morire", di Paolo Roversi, un romanzo che copre dodici anni di storia criminale milanese, dal 1972 al 1984. Sequel di "Milano criminale" (riproposta nei tascabili Marsilio), questa nuova opera ha come scenario una città in cui troppe forze si contendono il potere, ragion per cui "nessuno comanda davvero". Tra mafie, bische, traffici di droga, l'autore ha intrecciato le vicende di personaggi che, dando una faccia e una svolta alla delinquenza, hanno segnato profondamente non solo la storia della metropoli lombarda ma, per estensione, dell'intero paese. Ne ho parlato con Paolo Roversi per avere qualche anticipazione e, dal momento che è reduce dal Nebbiagialla, ho esteso le domande anche a questo festival che, da qualche anno, è un appuntamento immancabile nel mantovano.

Bentornato su Thriller Magazine, Paolo. É appena terminato il Nebbiagialla Suzzara Noir Festival: tiriamo le somme. Soddisfatto?

Molto. Questa è stata un'edizione straordinaria. Più di mille persone hanno seguito i nostri eventi e ogni incontro è andato sold out. Meglio di così!

Mi sembra che una scelta ben precisa sia stata l'alternanza di nomi forti e nomi anche meno conosciuti, ma già validi sul territorio nazionale. C'è un filo conduttore che muove il programma del festival, oltre all'impronta gialla/noir?

Sì. L'idea è di proporre al pubblico un panorama completo degli autori che abbiamo in Italia e non solo. Alcuni sono più conosciuti, altri meno ma sono tutti di qualità. Alternandoli facciamo in modo che qualcuno che magari è venuto apposta per vedere ad esempio Wulf Dorn o Lars Kepler si fermi e scopra così anche autori italiani di cui magari non aveva mai sentito parlare prima.

Una differenza rispetto alle edizioni precedenti è la presenza abbastanza massiccia di autori stranieri, di cui il pubblico è stato entusiasta. Con quali criterio li hai scelti?

Ho cercato di puntare su nomi che tutti gli appassionati di giallo conoscessero. Nomi importanti che richiamassero gli appassionati da tutta Italia come in effetti è stato. Esperienza molto positiva e sicuramente da ripetere.

Quali sono stati i momenti più emozionanti?

Molti. Se devo sceglierne direi l'inaugurazione con i Lars Kepler e la presentazione di Alessia Gazzola dove davvero le sue lettrici erano entusiaste d'incontrarla.

Il momento dove hai più sudato freddo?

Sempre con Alessia Gazzola: il suo aereo è atterrato con due ore di ritardo e abbiamo dovuto spostare di un'ora anche il suo intervento. Tutto però alla fine è andato per il meglio

Raccontaci un retroscena.

Il sabato sera, per puro caso, siamo finiti con un gruppo di autori a una festa cubana in un locale di Suzzara. Si sono messi tutti a ballare. Sembrava preparato invece è successo per caso e Wulf Dorn ancora ne parla come uno dei momenti più divertenti del festival!

Una cosa che forse molti non sanno è che la macchina organizzativa del Nebbiagialla è a prevalenza rosa. Come già hai dimostrato con Milanonera, confidi molto nel lavoro delle donne. Vuoi dire qualcosa, nello specifico, a tutte le tue collaboratrici?

Che sono fantastiche! Senza di loro davvero non saprei come fare!

Ora parliamo delle novità del tuo lavoro di scrittore. Dal 12 febbraio esce per Marsilio "Solo il tempo di morire", di cui "Milano criminale" (già uscito nel 2011 per Rizzoli) è prequel: i due libri sono però ancora connessi anche dal punto di vista editoriale, giusto?

Sì. In Solo il tempo di morire, infatti, ci sono tre banditi ispirati a Turatello, Vallanzasca ed Epaminonda che lottano per spartirsi Milano ed è IL romanzo sulla mala milanese. Nel precedente c'era solo Vallanzasca da giovane, diciamo la sua formazione criminale.

I due romanzi, comunque, si possono leggere come un'unica grande storia. Se li comprerete entrambi e li metterete vicini, come in un puzzle, vi apparirà infatti un'unica immagine...

E voi leggerete un'unica grande storia criminale che va dal 1958 al 1984.

"Solo il tempo di morire" è ambientata in una Milano degli anni 1972-1984. Racconta la lotta di tre banditi per il controllo della città e di uno sbirro che cerca di arginare la malavita. Faccia D'Angelo, il bandito dagli occhi di ghiaccio e il Catanese si contendono la supremazia di una città criminale fatta di bische e di gioco d'azzardo, di cocaina ed eroina, di bordelli di lusso, di rapine e rapimenti, di bombe e morti ammazzati. Come ti sei documentato?

È stato un lavoro durato sei anni. Ho letto romanzi ma sopratutto saggi, giornali, riviste, documentari, film... Sono entrato nello spirito dell'epoca. Il romanzo che ne è venuto fuori è fiction ispirata a fatti reali. Diciamo che l'80% di quello che racconto è successo davvero e io ci ho ricamato sopra per romanzarlo. Una bellissima sfida che spero soddisfi i lettori.

C'è qualcosa di quegli anni che stiamo dimenticando e hai cercato di restituire al lettore?

Negli anni Settanta Milano era una città bellissima e pericolosa in cui si sparava, piena di di bische, dove arrivava l'eroina nelle strade e la cocaina nei salotti. Poi, negli anni Ottanta, Milano è diventata da bere, spensierata, sfarzosa e la vecchia malavita ha finito per essere sopraffatta: la gente non andava più nelle bische perché preferiva le discoteche o magari starsene a casa a gurdare i programmi trasmessi dalle prime TV commerciali...

In questi dodici anni di storia criminale, la posta in gioco era la supremazia della metropoli: ci sono degli strascichi, oggi? Quali?

Direi che quel mondo è finito per sempre. Ora la malavita è diversa. Ci sono le multinazionali del crimine che non sparano ma s'infiltrano negli appalti e riciclano soldi sempre senza colpo ferire.

Allora un grande in bocca al lupo e ci vediamo il 12 in libreria!