Se c’è un autore di fantascienza per cui ho un debole - che non può non essere considerato un guilty pleasure - questo è Mike Resnick. Eclettico e prolifico, Resnick (nato a Chicago nel 1942), inizia a pubblicare nel primo periodo di boom della narrativa paperback, quella mitica metà degli anni Sessanta, attraversata sì dalle ventate moderniste della nuova fantascienza inglese e di quella che poi - con terminologia veramente azzeccata - sarà chiamata “narrativa di anticipazione”, ma anche e soprattutto da un recupero, spesso invero dozzinale e di modesta qualità, dei pulp anni Trenta.

Sono gli anni in cui il grande pubblico, grazie alle produzioni mass market, scopre (o in qualche caso riscopre) i vari Howard, Burroughs, Hamilton, Doc Smith, e tantissimi altri autori dell’età dell’oro del fantastico, sia esso fantascienza, che fantasy.

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