Quando si pensa a Fëdor M. Dostoevskij l’ultima immagine che viene in mente è l’autopubblicazione, eppure anche il Maestro di Pietroburgo arrivò a percorrere questa strada, in un momento particolare della sua vita.

Siamo agli inizi del 1873 e finalmente Dostoevskij ha completato quello che sarà (a giudizio personale di chi scrive) uno dei suoi più grandi capolavori: I demoni. È sfibrato dall’impresa ma soprattutto pieno di debiti, così accetta un po’ a malincuore di lavorare alla rivista “Il cittadino”, estranea al suo gusto e che gli porta via un sacco di tempo, ma gli fornisce almeno uno stipendio e la famiglia ne ha davvero bisogno. Intanto il libraio Glazunov offre 500 rubli per il romanzo I demoni, che è una bella cifra (L’eterno marito l’aveva pagato 150 rubli) ma a questo punto il buon Fëdor e la moglie Anna decidono di mettere in pratica un loro vecchio sogno: diventare editori di se stessi.

Autopubblicarsi nella Russia dell’epoca significa andare dal tipografo e pagare di tasca propria sia la stampa che la carta. Facile no? Anna Grigor’evna (la celebre seconda moglie di Dostoevksij nonché biografa, sua dattilografa, sua correttrice di bozze ed in seguito agente letteraria) si fa fare il calcolo dal tipografo: 3.500 copie de I demoni costano 4.000 rubli, tondi tondi. Questi però le consiglia di stampare il romanzo in tre volumi, a grandi caratteri e su carta di seta bianca, perché così a parità di copie c’è un maggior incasso: a 3,50 rubli a volume, si costringe comunque il cliente a comprarne tre per volta. Da questa operazione il ricavo finale dovrebbe essere di 12.250 rubli che, tolte le spese del tipografo, è una gran bella cifra. (Soprattutto rispetto ai 500 rubli offerti da Glazunov.)

I coniugi Dostoevskij titubano: all’epoca quasi nessuno si azzarda ad autopubblicarsi, e chi ci ha provato ci ha rimesso un sacco di soldi. Il mercato editoriale russo è monopolizzato da pochi grandi editori - Glazunov, Wolf, Isakov - e le piccole case editrici indipendenti sono indebitate perché esporre i libri in vetrina e pubblicizzarli costa parecchio. (Quant’è lontana da noi quella Russia, eh?...)

Contro tutti i consigli di amici e conoscenti, Dostoevskij tira dritto per la sua strada, ingaggia un tipografo e il 20 gennaio 1873 gli arrivano a casa le prime copie de I demoni, stampate su carta Vargunin (la migliore dell’epoca). Prende una copia e vola dal libraio più noto in città proponendogli di acquistare il suo nuovo romanzo, ma questi rimane freddo: si limita ad ordinare 200 esemplari e vuole per sé il 50% di percentuale sulle vendite. L’entusiasmo del povero Fëdor cala velocemente.

Mentre i coniugi decidono quale strategia adottare per piazzare i libri ed evitare che i librai li truffino, il 22 gennaio esce sul giornale “La Voce” la notizia che Dostoevskij - che all’epoca è già un grande autore riconosciuto in tutta la Russia - ha scritto un nuovo romanzo, I demoni. Alle 9 di mattina bussa alla porta un impiegato della libreria Popov: vuole dieci copie del romanzo. Anna parte grintosa e chiede i 35 rubli contanti e non vuole concedere più del 20% di commissione: con suo sommo stupore, l’impiegato accetta. (Talmente la contentezza, che Anna gli paga i 30 kopeki per la carrozza!) Subito dopo arriva un altro impiegato, e un altro, e un altro... Quando verso le due del pomeriggio Fëdor si siede nello studio, dopo un sonno agitato dai suoi soliti incubi atroci, chiede alla moglie se abbiano venduto almeno un libro. «Un libro, no» risponde lei, «ma 115!»

Va sottolineato che all’epoca Dostoevskij è massacrato dalla critica ma amato dal pubblico, perché parla di argomenti vicini al popolo e non moralizza: anche i librai più blasonati, quelli con la puzza sotto il naso, sanno che un suo libro in vetrina è una vendita sicura e quindi fanno la fila per comprare I demoni dalle mani di Anna, che da quel momento e per tutta la vita sarà l’agente del marito. Entro l’anno saranno vendute 3.000 copie del libro, e le restanti 500 nei tre anni successivi, assicurando alla famiglia una boccata d’aria dai debiti.

L’unica a rimetterci da questa autopubblicazione è stata la vecchia bambinaia di casa Dostoevskij, che quel 22 gennaio assiste allibita a un fiume di estranei che entrano in casa chiedendo «Sono qui i Demoni?» «Dove sono i Diavoli?» «Prendo una decina di diavoli» e via dicendo. Ecco perché, si lamenta la donna con Anna, il povero figlioletto di Fëdor dorme male: ha la casa piena di demoni!