L’intero episodio della battaglia di Camerone si inserisce in un più ampio quadro geopolitico che, dopo la campagna d’Italia, l’imperatore Napoleone III visualizza spingendosi oltre i già turbolenti confini europei.

Non senza ragione, l’imperatore individua negli Stati Uniti una potenza nascente ed espansionistica che, in futuro, avrebbe potuto rappresentare un serio concorrente alle ambizioni egemoniche francesi già minacciate dai governi europei. Sono gli anni della Guerra Civile, della Secessione tra Nord e Sud, periodo cruento e di grande confusione nel Nuovo Mondo. Napoleone, facendo appello a Spagna e Gran Bretagna individua una possibilità nella dichiarazione del presidente messicano Benito Juarez, filoamericano, di non onorare i debiti contratti con le suddette potenze europee. Queste si apprestano a creare uno stato americano concorrente agli USA, creando il Secondo impero messicano alla cui testa viene messo Massimiliano d’Austria, arciduca ambizioso e forse non troppo accorto che si presta con entusiasmo al tentativo di rovesciare Juarez. Sfruttando la caotica situazione generata dalla guerra civile nel 1862 un primo contingente di truppe francesi sbarca nel porto di Vera Curz. Le operazioni belliche, però, in parte a causa della combattività dei nativi in parte per colpa di una natura ostile, si rivelano subito più difficili e lunghe del previsto. Alla fine del ’62 gli ufficiali dei reggimenti “stranieri” pur infrangendo il protocollo e rendendosi passibili di una punizione, per quanto simbolica, firmano una petizione per richiedere all’imperatore di inviare la Legione a combattere nel Nuovo Mondo. Nuove avventure e possibilità si aprono per il 2° Reggimento Straniero. Un’opportunità di tornare a rinverdire vecchie glorie dopo la dissoluzione del 1° reggimento avvenuta a causa delle gravissime perdite subite in Italia.

Come sempre le illusioni trovano nella realtà un severo ridimensionamento. Partiti con l’idea di un Nuovo Mondo traboccante di avventure e ricchezze, i legionari si vedono immediatamente classificati come truppe di seconda scelta dai loro colleghi dell’Armata. Il 2° viene destinato al servizio nelle “terre calde” di scorta ai convogli che garantiscono approvvigionamenti agli assedianti di vera Cruz. Una corvè durissima, in un territorio infido nel quale le truppe locali, più o meno irregolari, tendono continue imboscate. Eppure questo è il pane della legione, combattere in territori aspri e contro un nemico che usa strategie e tattiche non convenzionali. La regione loro assegnata va da Puebla a Veracruz, e si presenta gravata da regioni paludose, infestate da tifo e colera. Per giunta i legionari vengono subito classificati come invasori e alle truppe di Juarez si associa una tenace e fiaccante guerriglia, opera di bande di irregolari e indiani yaqui.

Poco incoraggiante contesto. Ma è proprio qui che il 29 aprile del 1863 la Legione conoscerà uno degli episodi più drammatici, ma anche esaltanti della sua storia, un vicenda di onore e coraggio che entrerà di diritto nella mitologia del corpo.

Una carovana parte da Veracruz a Puebla scortata dalla 3° compagnia del 1° battaglione. Il carico comprende munizioni e una forte somma di denaro, le spie juariste sono al lavoro e si profila una più che probabile imboscata. Il tragitto diventa quanto mai pericoloso tra il Passo Macho e la cittadina di Chichiquite. Il 30 novembre i legionari aprono la strada con ogni precauzione, ma ci sono 2000 regolari di Juarez ad attenderli lungo la via. La strategia dei messicani prevede prima di tutto l’eliminazione della scorta di legionari inviati in avanscoperta. Alle prime luci del giorno successivo, nella zona tra i confini dell’hacienda camerone. La carovana si forma per riposare e prendere fiato ma è sorpresa da un battaglione di cavalleria. 600 cavalleggeri perfettamente a loro agio sulle terre calde inseguono la carovana che, ripreso il cammino per Chichiquite, tenta la fuga a piedi. Avviene un primo sanguinosissimo scontro. I legionari riescono a respingere la carica, ma il capitano Danjou, personaggio leggendario, privo di una mano sostituita da una protesi di legno, decide di acquartierarsi a difesa nell’hacienda Camerone, per creare una barriera in grado di consentire la fuga della carovana. Una brutta sorpresa li attende. Nell’hacienda è già posizionato un contingente avversario. Nuovo scontro alla baionetta. I legionari conquistano una posizione ma sono rimasti solo in 65. Barricati aspettano l’assalto definitivo dei 2000 messicani accorsi in forze e convinti di dover conquistare il caposaldo per garantirsi anche una vittoria simbolica sugli invasori.

Ne segue un combattimento furioso e senza esclusione di colpi. I legionari finalmente hanno ritrovato il loro spirito originario. Piuttosto che cedere alla resa giurano di combattere sino all’ultima pallottola. Alle 17 di un giorno infernale sono ridotti a 12 uomini in grado di combattere e senza più munizioni. Feriti, esausti e disperati, si lanciano in una ultima disperata carica alla baionetta contro il nemico... lo scontro ha presto fine con l’esito che è prevedibile. I pochissimi sopravvissuti sono trascinati nelle carceri juariste dalle quali usciranno solo anni dopo. Uno solo, dato per morto e lasciato sul campo, sarà recuperato il giorno successivo dai rinforzi. La carovana, però, è riuscita a raggiungere la sua destinazione incolume. Tra i resti della battaglia viene anche recuperata la mano di legno del comandante Danjou, perito alla testa dei suoi uomini. In seguito a questo episodio il comandante del distaccamento dei legionari in Messico ottiene un trasferimento in una zona più salubre delle sue truppe. Queste presto si distinguono in una serie di vittorie, Oaxaca, Yerba Buena, Saltillo e infine la presa di Monterey. Siamo però nel 1965. La Guerra Civile americana volge al termine e il governo USA comincia a preoccuparsi della situazione. Decide così di effettuare una dimostrazione di forza inviando un contingente di 30.000 uomini oltre il Rio Bravo a sostegno di Juarez. Arriva poi l’annuncio della vittoria prussiana a Sadowa contro l’Austria. Il teatro di guerra torna a spostarsi in Europa e Napoleone III, non volendo trovarsi impegnato su due fronti che non potrebbe sostenere, decide l’evacuazione di Monterey. Nel 1967 il 1° Reggimento Straniero torna in Algeria lasciandosi alle spalle tra ufficiali e soldati quasi duemila uomini che resteranno per sempre sotto la rovente terra del Messico. Ma la leggenda di Camerone resta un caposaldo della mitologia della Legione Straniera.