Era il 1958 quando la collana “Il Girasole” della Mondadori, all’interno della presentazione ordinata dei romanzi di Georges Simenon, nel numero 91 presentò I fratelli Rico (Les freres Rico, 1952) con la traduzione di Bruno Just Lazzari. Recentemente è stato ripubblicato da Adelphi con la traduzione di Marina Di Leo.

Simenon si cimentò in una storia ambientata in vari stati degli Usa, narrando le gesta di malavitosi italo americani. I capi dell' “organizzazione”, Simenon non usa mai la parola mafia, richiamano alla base Eddie, il maggiore dei fratelli Rico, quello più rispettoso delle regole ferree dell'associazione e che, forse per questo, è riuscito a costruire un suo impero economico e una famiglia normale, lontano dai pericoli della grande metropoli. Degli altri fratelli, Gino è un killer professionista, Tony l'autista per rapine o assassinii. Tony ha compiuto uno sgarro sposandosi senza autorizzazione del boss. In più, il matrimonio desta i sospetti della “famiglia” a causa di un cognato, presunto confidente della polizia.

Eddie Rico deve seguire le tracce del fratello minore e stanarlo, alla prevedibile conclusione della vicenda penseranno altri. Nessuna sorpresa né colpi di scena; la malavita trionferà.

I vari personaggi sono descritti con la solita maestria nell'indagine psicologica che connota il grande autore belga. Quello che non mi ha convinto è la scelta della storia di gangster che non mi pare essere nelle corde di Simenon. Mentre “Luci nella notte” è un grande noir di sentimenti e come tale universale, ne I fratelli Rico non vi si respira l'aria di Brooklyn degli anni 30-40 e la storia è intrisa di troppi stereotipi da cartolina stile Little Italy.

Da questo romanzo è stato tratto il film statunitense I fratelli Rico (The Brothers Rico, 1957) di Phil Karlson, con Richard Conte e Dianne Foster.