Abbiamo intervistato Valerio Evangelisti, in occasione dell’uscita in libreria, oggi, del suo libro scritto con Emanuela Zucchini per Odoya Edizioni, “Storia del Partito Socialista rivoluzionario 1881-1893”.

Evangelisti non solo ripropone la storia del PSR, ma ne fa anche l’ambientazione per una nuova trilogia di romanzi. Sarà in libreria a Novembre il primo della trilogia "Il Sole dell’Avvenire" (Mondadori), che immagina le vicende di base ed esponenti del Partito socialista rivoluzionario nella Romagna che si apprestava a entrare in quel Novecento descritto dal film di Bertolucci.

Storia del Partito Socialista rivoluzionario 1881-1893

di Valerio Evangelisti e Emanuela Zucchini

Odoya Editore - ISBN: 978-88-6288-196-8 - Pagine: 320 - €  20,00

Il PSR nacque dalla necessità di creare una struttura locale che si riferisse non tanto agli operai, quanto ai braccianti agricoli spesso stagionali (precari, diremmo oggi), componente più rappresentativa della classe lavoratrice nella Romagna di quegli anni. Il primo passo fu quello di uscire dalla clandestinità e proporre una via libertaria alle riforme, anche in parlamento. Quella che veniva presentata come una mossa necessaria per la propaganda fu in realtà più una strategia che una tattica, nonostante lo statuto del partito parlasse un linguaggio simile a quello dei rivoluzionari internazionali. Andrea Costa fu la personalità che rappresentò il partito in parlamento, non senza critiche della componente più anarchica.

La real politik riformista che occhieggiava alla componente repubblicana e si batteva per il suffragio universale oltre che per un miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne.

Certi che, come scrisse Marx, il capitalismo sarebbe esploso nelle sue stesse contraddizioni, i fiduciosi “rivoluzionari” si apprestavano a costituire l’avanguardia della classe lavoratrice che avrebbe preso le redini della società alla caduta del capitalismo. Un’utopia che però rimase salda nel fare politico sempre più istituzionale e sempre meno rivoluzionario, se non a parole. Sullo sfondo delle vicende di congressi e mozioni, detrattori e fautori della linea di Costa, si staglia la situazione economica dell’Italia di quel periodo. “Il 24 novembre 1884, cinquecento braccianti, accompagnati da cinquanta donne addette ai servizidomestici, partirono cantando alla volta dell’Agro Romano.” Era il grande progetto della bonifica del litorale di Ostia che coinvolse le cooperative del ravennate, le prime d’Italia, che sollevarono la questione della produzione gestita dagli stessi lavoratori.

Uno spaccato di storia davvero poco frequentato per il progetto di un’operazione unica nel suo genere: lo stesso autore propone entrambi i côté della storia, i fatti e la fiction. 

“Storia del Partito Socialista rivoluzionario 1881-1893” è una rielaborazione di un libro uscito nel 1981?

Sì, di un libro che era l’ampliamento di due tesi di laurea (mi ero laureato su questo tema: il partito socialista rivoluzionario a quei tempi era sconosciuto). Dalle tesi uscì poi il libro presso l’editore Cappelli; questo libro ebbe un destino controverso che spiego nell’introduzione, nel senso che parte dell’accademia lo rifiutò perché in quel clima di allora volevano cose allineate e questo libro non lo era.

Perché?

Non rispondeva in campo storiografico né alle direttive del  PCI né a quelle del PSI e aveva interpretazioni non molto gradite. È una storia non lineare di un partito dimenticato, quindi non faceva come altre opere, vale a dire che non sosteneva che questo partito diventò il PSI in qualche modo. 

Quando nacque il Partito Socialista Rivoluzionario?

Fu fondato nel 1881 e morì nel 1893, un anno dopo aver tentato di resistere al socialismo turatiano. La biblioteca di Imola non volle il libro sebbene io avessi collaborato all’allestimento di una mostra sulla storia del socialismo; volevano che tutta la mostra finisse con il ritratto di Craxi; questo libro non gli andava bene perché Craxi non è presente neanche idealmente. 

Hai scoperto qualcosa sul partito socialista rivoluzionario che non avresti mai immaginato, durante la documentazione?

Erano noti i congressi di questo partito – il libro di Gastone Malacorda, “Il movimento operaio italiano attraverso i suoi congressi: dalle origini alla formazione del Partito socialista (1853-1892)”, non parlava dell’organizzazione e non parlava del seguito che il partito riusciva ad ottenere tra i braccianti agricoli, base vera del partito. Pensate che arrivò ad avere migliaia di aderenti, cosa che  non sedimentò nulla perché aveva un’ideologia tra l’anarchismo e il socialismo come è stato inteso poi.

Una differenza consistente tra questo partito e il partito di Turati è che mancava questa componente anarchica?

Si prefiggevano la rivoluzione parlandone, ma non sul piano pratico e quindi non l’evoluzione voluta da Turati. Anche la partecipazione alla lotta elettorale non era un fine in sé, per loro si trattava di conquistare i comuni per fare delle “comuni” come primo embrione di un sistema socialista libertario teso poi all’ideale finale dell’anarchia.

Venivano considerati traditori dagli anarchici più intransigenti, perché ammettevano la lotta elettorale, ma ai riformisti non andava giù il loro insistere sulla necessità di una rivoluzione in senso tradizionale.  

Il Partito Socialista Rivoluzionario è quindi durato 12 anni. Con alterne fortune?

Sì, i momenti in cui sembrava sparito del tutto si alternavano a momenti di splendore. Si trattava di una federazione di circoli tenuti assieme da organi labili come la commissione di corrispondenza (organo che teneva in contatto le varie realtà locali), per il resto erano del tutto autonomi. Questo partito, nato come Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna, si trasformò in Partito Socialista Rivoluzionario Italiano per adesioni ricevute da tutta Italia, ma in tale veste non resistette.Nel sud aveva presenze in Sicilia, a Napoli e in centro Italia anche a Roma.Quando il partito entrò nella sua fase finale, prese una posizione diversa da quella dei socialisti turatiani sui fasci siciliani, nel senso che li appoggiò sebbene i fasci aderissero al partito dei lavoratori, embrione del partito socialista. 

E lo scenario della Romagna?

In quegli anni la Romagna era ritenuta da politici illustri un territorio barbarico semi-selvaggio abitato da gente rissosa, armata di coltello -ed era vero- propensa al delitto - meno vero. La Romagna come era classificata allora, comprendeva parte del bolognese, il ravennate, il forlivese e il ferrarese. Quando cominciarono le prime lotte spontanee contadine, lo stato intervenne con pugno di ferro, ampliando i contingenti dell’esercito stanziati nella regione, mandando altri nuclei di gendarmi ed estendendo potere ai prefetti, fino a sciogliere le municipalità socialiste. Quella di Imola fu sciolta l’autorità e quella di Ravenna condannata a morte per infliggere una serie di restrizioni alla sua capacità di azione: il governo Crispi fu durissimo con la Romagna. 

Chi vi era in testa al partito?

Si trattava di un partito i cui quadri venivano dalla Prima Internazionale e dall’anarchismo. Erano in prevalenza artigiani, calzolai, panettieri, fabbri e non avevano grande preparazione politica né avevano una strategia ben definita. Il capo assoluto, dopo Costa, era Gaetano Zirardini, un pittore che giovanissimo aveva aderito alla Prima Internazionale. Tutti i fratelli Zirardini passarono anni in galera.La seconda figura più significativa si chiamava Nullo Baldini, fondatore della cooperativa Operai Braccianti di Ravenna, che ebbe uno sviluppo impetuoso e che mandò i propri uomini a Ostia  a bonificare le paludi locali.Tutto quello che Pennacchi attribuisce a Mussolini, in realtà, è accaduto 50 anni prima ed erano socialisti, non fascisti, quelli che fecero questa operazione. 

Nel partito socialista è rimasto qualcosa di questo socialismo rivoluzionario?

Non è rimasto assolutamente niente se non le realizzazioni che furono cominciate su suo impulso, tipo le costruzioni delle cooperative o anche l’idea - che si è riaffacciata abbastanza di recente - di un ruolo importante dei comuni per la costruzione di società alternative. Vorrei far notare che una delle realizzazioni di questo partito fu l’Associazione generale operai-braccianti del comune di Ravenna. A quei tempi successe che loro cercavano lavori pubblici per dare impiego ai disoccupati della provincia di Ravenna e accadde che a Ravenna ci fu la possibilità di bonificare un settore della pineta, che circondava la città, danneggiato dalle intemperie. Una parte dei socialisti rivoluzionari si opposero, perché non volevano alterare il tessuto naturale e la bellezza della pineta, mentre un’altra parte diceva: il nostro scopo è assumere opere pubbliche ed è occasione da non perdere! I braccianti vennero convocati in una assemblea di più di 2000, a Ravenna, nel 1884, e - a grande maggioranza - votarono per mantenere la bellezza del posto. Ora quelle stesse cooperative sono impegnate in alcune opere pubbliche e hanno un punto di vista completamente opposto… Be’, magari tornassero i socialisti rivoluzionari e quel tipo di impostazione di allora!