Simone Sarasso scrive, scrive, scrive. Inventa storie, mondi, trame, intrecci, uomini bastardi e donne lascive, fottuti criminali e viscidi speculatori, freddi assassini e nuovi mafiosi. Una realtà parallela che getta una luce tremolante e cattiva sui nostri segreti, sui segreti di un Italia povera e ricca, viziosa e virtuosa, una vergine puttana che affiora pagina dopo pagina, con uno stile forte e dinamico, di grande impatto emotivo, che lega alla pagina, disturba, convince, affascina.

Sarasso (classe 78) si è imposto all’attenzione dell’editoria italiana con lo splendido Confine di Stato (Marsilio, 2007 – finalista al premio Scerbanenco), il primo volume della sua personale rivisitazione della storia italica, a cui ha fatto seguito Settanta (Marsilio, 2009) e il recentissimo Il Paese che amo (Marsilio). Scrive per vari media, dal fumetto alla tv, al web, si è cimentato nel romanzo storico per Rizzoli (Invictus e Colosseum, entrambi 2012) e ci sta preparando per il futuro crudelissime novità.

Per l’uscita del suo ultimo lavoro Il Paese che amo, abbiamo deciso di dargli un po’ fastidio e di rivolgergli alcune domande a brutto muso. Speriamo abbia apprezzato…

Il Paese che amo… di cosa si tratta?

Il Paese che amo è il terzo volume della mia Trilogia Sporca dell’Italia, un romanzo sul lato oscuro degli Ottanta e (in parte) dei Novanta. C’è dentro di tutto, dalle bombe di mafia alle mazzette di Stato, dal sesso in cambio di potere all’ineluttabile viceversa. Basta elencare i protagonisti per raccontare un bel pezzo di questa storia maledetta: Ljuba Marekovna, pornostar e parlamentare; Domenico Incatenato, giudice titolare dell'inchiesta "Mani Pulite"; Salvo Riccadonna detto Dracula, mafioso dal cuore di ghiaccio e dal tritolo facile; Tito Cobra, segretario del Partito Socialista Italiano; e naturalmente, last but not least, Andrea Sterling, l'Uomo Nero, il cane da guardia dello Stato.

 

Il tuo è un romanzo corale e senza eroi, quanto ti leghi ai tuoi personaggi? Che rapporto hai con loro? Li odi o li ami?

Io odio i miei personaggi. Perché di solito sono degli spregevoli figli di puttana senza scrupoli. Questa volta, però, ce n’è un paio che mi son rimasti nel cuore: Ljuba Marekovna, la pornostar che vi farà perdere la testa e Domenico Incatenato, l’unico “buono” nel raggio di circa milleottocento pagine, sono characters da cui mi separo a fatica.

Da dove nascono le tue storie?

Le mie storie nascono dai libri, dalle parole che scivolano di bocca in bocca, da quelle che rimangono avvitate sul cuore, che tagliano la carne. Quando inizio, non so nulla della storia che voglio raccontare, so solo che non posso farne a meno. Poi inizio a studiare, e il libro prende forma, scena dopo scena.

 

Per chi scrivi? Per te stesso, per gli altri… per una persona sconosciuta e lontana?

Scrivo per legittima difesa. Perché se non lo faccio soffro come un cane. E perché non so fare altro.

Hai una scrittura potente e di grande impatto. Come lavori?

In maniera ossessiva e ordinata: prima studio grandi quantità di documentazione, schedando libri e giornali con precise indicazioni di utilizzo (AMBIENTAZIONE, DIALOGHI, SCENE, etc.). Poi compongo una scaletta dettagliata, in cui ogni scena è descritta nei minimi particolari (le mie “scalette” possono arrivare a misurare anche 70 pagine). Infine, inizio a scrivere, senza dovermi preoccupare di ricordare chi sta facendo cosa e quando. Scrivo in media una scena al giorno. E spesso, quando ne parlo, mi confondo, dicendo “Oggi devo girare la scena tal dei tali”. La mia scrittura è un processo lento e visuale.

 

La tua scrittura è per molti versi cinematografica. Quali sono i tuoi punti di riferimento stilistici e letterari?

De Cataldo, Genna, Wu Ming, Ellroy, Winslow, Duncan, Evangelisti, Altieri, Carlotto e Biondillo in campo letterario. Scorsese, De Palma, Tarantino e Rodriguez in quello cinematografico.

 

Recentemente ti sei cimentato anche nel romanzo storico. Come ti sei trovato di fronte a un salto temporale così forte, dall’Italia del XX secolo alla Roma antica? Come ne ha risentito il tuo stile di scrittura?

Andare in dietro nel tempo è stato stimolante: ogni nuova sfida narrativa è una gioia. Adoro fare qualcosa che non ho mai fatto prima, adoro imparare. Ma il salto non è stato così sconvolgente dal momento che, che si tratti di antica Roma o del Paese che amo, la mia narrativa rovista nelle viscere putrescenti del potere. 

Il mio stile è uscito rinvigorito dall’esperienza “classica”. Si è rafforzata la prosa, si sono moltiplicati i punti di vista, ho smussato gli angoli del dialogo, la narrazione ha imparato a respirare.

A cosa stai lavorando adesso? Puoi darci qualche anticipazione?

Una nuova trilogia per Marsilio (s’intitolerà Cent’anni e parlerà di un secolo di mafia americana: dal 1912 al 2012) e un dittico storico antico per Rizzoli (per il momento ancora top secret) 

e da ultimo… marca di birra e di whisky preferiti? (per un futuro brindisi insieme)

Menabrea e Lagavulin 16 tutta la vita.