Alex Connor in realtà è una donna. Alexandra, scrittrice e pittrice inglese, autrice di numerosi romanzi storici scritti sotto questo nome. Per il thriller ha scelto il più pratico Alex, forse per non allontanare i lettori maschi, o magari per tenere un po’ di distanza dai romanzi storici che firma abitualmente.

L’ho acquistata quasi per caso in un american bookshop ad Amsterdam attirato dall’idea di un thriller a sfondo artistico ambientato a Venezia, città che, a mia volta, ho scelto in numerose occasioni come sfondo per i miei romanzi. Il titolo era Isle of the Dead (2013) e con pochi sapienti tocchi portava il lettore nel cuore di un mistero che univa passato e presente. Nulla di veramente nuovo, ma svolto con gradevole rapidità, evitando spiegoni inutili ma con un ritratto puntuale sia della Venezia rinascimentale che del moderno mondo dell’arte.

Trafficanti, artisti, sordidi individui... un mistero intorno a un quadro dipinto da Tiziano che si porta dietro una follia scaturita nei secoli bui. E la figura di un serial killer scuoiatore di donne le cui gesta vengono ripetute oggi. In breve, grazie a una storia complessa ma serrata e a personaggi convincenti, uno dei thriller che più mi hanno affascinato questa estate.

     

Subito, come mi capita quando faccio una nuova scoperta, mi sono messo in caccia e ho trovato Memory of Bones (2012). Altra grande sorpresa.

Sebbene l’idea sia simile, la vicenda mi ha portato in un mondo del tutto differente, quello della pittura di Goya, in particolare ai suoi dipinti neri e al supposto significato esoterico che avrebbero celato. E da lì anche a Legacy of Blood (2011) che ancora non ho letto ma dal quale mi aspetto molto.

Della Connor mi piace il piglio, gli intrecci, la capacità di ritrarre senza pedanterie un mondo, quello dell’arte, che è affascinante ma rischia di diventare noioso per chi, alla fine, vuol leggere un thriller.

    

Scopro poi del tutto casualmente che l’autrice è già stata pubblicata in Italia. Il segreto di Rembrandt (The Rembrandt Secret, 2011) è il suo primo romanzo edito nel 2012 da Omnibus Mondadori [con traduzione di Teresa Albanese], forse senza troppa enfasi perché a me, che sono un setacciatore di librerie, era sfuggito. Preso e incamerato.

Mi auguro davvero che anche gli altri romanzi della Connor trovino pubblicazione in Italia perché li ho trovati avvincenti, pieni di atmosfera, con personaggi ben caratterizzati. E, soprattutto, mi paiono avulsi dalla cupa moda editoriale della “protagonista femminile con problemi di cuore” dei thriller più strombazzati. Torniamo a leggere buoni intrecci, scritti da uomini e da donne, non importa. Ma che siano libri di qualità e non solo “di moda”.