Difficile attribuire La variabile umana di Bruno Oliviero (documentarista al suo debutto con una storia di “finzione”) ad un genere ben definito. Da un lato si propone (è proposto…) come un noir (o più semplicemente una detection…), dall’altra sembra ammiccare a qualcosa d’altro, un ritratto generazionale declinato sul versante (solito…) genitori/figli (padre, Silvio Orlando/figlia, Alice Raffaelli).

Domanda delle cento pistole: a noi che ce ne viene? Poco, pochissimo, colpa di una trama sottile come carta velina (un bigliettino da visita incastrato nel filtro della lavatrice è il colpevole è bello che trovato…), direzione d’attori monocorde, ritmo lasco, sottotono, un poco scialbo.

Prevale di gran lunga l’immagine fotografica, segno che il passaggio dal “docu” alla storia non è poi così semplice…