La storica collana mondadoriana dedicata al grande giallo ha sempre seguito con attenzione le vicende del criminologo Alan Twist e dell’ispettore capo Hurst, raccontate dall’autore francese Paul Halter - maestro moderno del genere “camera chiusa” - a partire dal 1986 con La maledizione del Barbarossa (La malédiction de Barberousse). Alcuni romanzi però sono rimasti inediti, e in attesa di nuove avventure Il Giallo Mondadori ha deciso di colmare le proprie lacune.

Risale al 1991 La settima ipotesi (La septième hypothèse), settima avventura della coppia Twist-Hurst - che segue Testa di tigre (Giallo Mondadori 2413) - in edicola questo mese nel numero di collana 3088.

      

Dalla quarta di copertina:

Una figura avvolta in un mantello nero, con un cappello a larga tesa, scivola nell’oscurità per le vie di Londra. L’agente Watkins la segue, insospettito dall’ombra di un becco mostruoso proiettata dal suo viso. Proprio come la maschera di un antico medico della peste. Poi si imbatte in un’altra figura, questa volta in abiti ottocenteschi, un bizzarro individuo che sembra prendersi gioco di lui. Per poi sparire nel nulla, lasciando dietro di sé un cadavere ricoperto di orribili bubboni... La peste a Londra, in una sera dell’agosto 1938? Assurdo, assurdo, pensano tutti. E infatti si tratta di un trucco, perché la vittima è stata uccisa con due coltellate. Ma il delitto resta un enigma per l’ispettore Hurst, che insieme al criminologo Alan Twist dovrà rompersi la testa per trovare una soluzione plausibile. Un’altra ipotesi che possa spiegare l’impossibile.

      

Ecco l’incipit:

Alle dieci di sera del 31 agosto, l’agente di ronda Edward Watkins attraversava come ogni mezz’ora St James’s Place. Non aveva avuto incidenti per anni durante le sue ronde notturne.

A parte qualche sporadico ubriacone troppo esuberante, il quartiere era tranquillissimo, esattamente come il suo vigile guardiano notturno, che sognava solo di passare accanto a sua moglie gli anni della sospirata pensione.

Fino al 31 agosto 1938 le esistenze di Edward Watkins e del quartiere che gli era stato affidato erano state senza storia.

Col casco calato sul volto e le mani dietro la schiena, Watkins ascoltava il rumore dei suoi passi riecheggiare nella piazzetta addormentata, che era alquanto buia e circondata da alti palazzi anonimi. La notte era fresca e una leggera foschia oscurava le malinconiche facciate.

S’incamminò per qualche metro in King Street, poi si girò macchinalmente, sentendo un rumore di passi all’altra estremità della viuzza, all’incrocio con Bury Street.

Su un muro a dieci metri di distanza vide proiettarsi l’ombra di un passante grazie alla luce del lampione all’angolo della strada, e rimase a bocca aperta.

L’ombra cinese che aveva intravisto per una frazione di secondo aveva un naso incredibilmente, mostruosamente lungo, tanto da oltrepassare di due buone lunghezze le larghe falde del cappello del bizzarro individuo.

Chi poteva essere quell’uomo mascherato da uccello?

      

Alsaziano, Paul Halter ha sempre dichiarato la sua predilezione per John Dickson Carr, di cui si professa devoto ammiratore. Ha scritto il suo primo poliziesco, La quarta porta (Il Giallo Mondadori n. 2438), nel 1987 e si è subito imposto, vincendo il Prix du Festivalde Cognac, come uno dei maestri del “delitto di camerachiusa”.

      

All’interno, il racconto Mammarella di Maurizio de Giovanni.

      

La settima ipotesi di Paul Halter (Il Giallo Mondadori n. 3088), 182 pagine, euro 4,90 - Traduzione di Igor Longo