Un’autentica enciclopedia dei delitti in Italia: non c’è modo migliore per definire il volume, edito da Newton Compton, Italia Giallo e nera nel quale Emanuele Boccianti e Sabrina Ramacci hanno raccolto, sfogliando le cronache dei giornali, i delitti avvenuti nel nostro paese dall’unità, nel 1861, a oggi. E’ stata un’impresa notevole che interesserà gli appassionati della cronaca nera, e che fornisce agli operatori dell’informazione una sintesi dei fatti di sangue, non solo quelli maggiori, di facile reperibilità anche altrove, ma pure quelli minori e dimenticati.

Se del 1800 qualcuno ricorda, ad esempio, il delitto Sonzogno (tredici coltellate inferte nel 1871 al giornalista Raffaele Sonzogno, erede della omonima famiglia di editori, nella redazione del quotidiano “La Capitale”), è meno probabile che si ricordi dell’omicidio di William Jones, avvelenato dalla moglie Penelope Menghini, per fuggire con l’amante Mario Carnevali negli stessi anni; allo stesso modo, se la Storia maggiore ricorda le cannonate del generale Bava Beccaris contro i lavoratori in piazza, con la morte di forse trecento di essi (anno 1898), o il caso della scrittrice conosciuta col nome di Contessa Lara (nom de plume di Evelina Cattermole), il cui amante sarebbe stato ucciso in duello dal marito (anno 1896), nessuno o quasi ricorda l’omicidio del commendatore Emanuele Notarbartolo, direttore del Banco di Sicilia, ucciso da due figuri in uno scompartimento del treno sulla tratta Messina-Palermo.

Il Ventesimo secolo poi è l’apoteosi dei delitti. I due autori, giustamente, hanno diviso i vari episodi criminali per le diverse epoche: Il primo Novecento, Il Ventennio e l’Italia in guerra, L’Italia del dopoguerra, La contestazione e gli anni di piombo, gli anni ruggenti, ovvero in sostanza gli anni Ottanta in cui i delitti personali – rispetto a quelli della penuria prima e della violenza politica poi – riflettono il mutamento di una società sempre più preda del benessere, del denaro, dell’edonismo, fino poi agli Anni della Seconda Repubblica, dagli anni Novanta a oggi, contrassegnati da delitti che molti noi hanno ancora nella memoria come l’assassinio di Elisa Claps, o l’efferatezza di quello di Novi Ligure o del serial killer Donato Bilancia, per arrivare a quello di Sarah Scazzi, pretesto di alcune trasmissioni televisive rese deliberatamente morbose solo allo scopo di aumentarne l’audience.

Mi soffermerei un attimo sui delitti del periodo fascista, perché, com’è noto, così come fu interdetto ai Gialli Mondadori di ambientare storie di delitti in Italia, per non sporcare l’immagine del Paese, allo stesso modo fu bandita la cronaca nera dalle colonne dei giornali. Doveva infatti apparire che l’Italia di Mussolini era diventata, grazie al fascismo, un giardino fiorito in cui l’ordine regnava, il delitto era stato definitivamente soppresso, i ristoranti erano pieni e i treni arrivavano in orario (ancora non erano molto diffusi i voli aerei, altrimenti gli aerei sarebbero stati pieni). Ebbene, a sfogliare le pagine di “Italia giallo e nera”, scopriamo invece una serie di delitti e di assassini da far inorridire per la loro efferatezza. A parte i delitti di regime, sui quali spicca quello di Matteotti, e quelli degli oppositori del regime (nel tentativo di liberarsi del dittatore), ce ne sono alcuni che sono il frutto di menti malate che uccidono per il gusto di farlo come il cosiddetto Landru del Tevere (un serial killer che riduce in piccoli pezzi i corpi delle donne che uccide); come Rosa Regazzi che affitta casa a una coppia di signori, dei quali a un certo momento non sopporta più la presenza, trovando ogni pretesto per lamentarsi fino a ucciderli (in questo delitto c’è una somiglianza con quello più recente e noto commesso da Olindo Romano e la moglie Rosa (il nome che ritorna): un’altra Rosa del lontano passato, infatti, è Rosa Vercesi che nel 1930 venne accusata del delitto di Vittoria Nicolotti, passato come dramma economico in realtà frutto della passione segreta tra le due donne. Più noti la storia di Girolimoni, il pedofilo assassino, i misteri di Alleghe – anche qui storie di serial killer – e, infine, della saponificatrice di Correggio. Sicuramente, per quanto riguarda il periodo fascista, mancano all’appello, altri delitti dei quali non resta traccia sui giornali. E se sono avvenuti sono rimasti solo nella memoria di quanti li hanno vissuti da vicino, parenti e amici delle vittime, testimoni e forse poliziotti, memoria che poi è andata inevitabilmente perduta con il loro inevitabile scomparire fisico.

Al di là dei vari periodi storici, c’è comunque da sottolineare una cosa che Massimo Lugli, scrittore noir e cronista di nera, ben sottolinea nella sua prefazione al libro, e cioè che “le grandi organizzazioni criminali sono soltanto uno dei fattori criminogeni, la stragrande maggioranza degli omicidi avvengono tra le mura domestiche”. E’ vero: mariti, mogli, amanti, padri, madri, figli - più ancora che la mafia, la camorra e le altre organizzazioni criminali - sono i veri autori della storia del nostro paese scritta con il sangue.